Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-11-2011) 14-12-2011, n. 46266

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per cassazione A.R., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 23.2.2011, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 19.6.2009, per il reato di ricettazione di un assegno bancario proveniente da furto e per il connesso reato di truffa.

Con il primo motivo, la difesa deduce il vizio di mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico "del" reato contestato.

La condotta tenuta dall’imputato nel corso delle trattative per l’acquisto di un telefono cellulare poi pagato con l’assegno in questione, dimostrerebbe infatti la sua buona fede, ingiustificatamente esclusa dalla Corte di merito.

Con il secondo motivo, lamenta l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione delle attenuanti generiche.

La Corte territoriale si sarebbe infatti arrestata alla considerazione de precedenti "giudiziari" dell’imputato, senza valutare "con la dovuta attenzione" tutte le altre circostanze indicate nell’art. 133 c.p..

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto al primo motivo, la sussistenza dell’elemento psicologico dei reati ascritti all’imputato è di intuitiva evidenza nel caso di specie, e bene è stata affermata dalla Corte territoriale, tanto in riferimento al delitto di ricettazione, considerate la natura della res e le regole di circolazione dei titoli bancari (cfr. Cassazione sez. 2^ pen. 09/06/2006 Rinaldi, secondo cui deve affermarsi la consapevolezza della illecita provenienza in capo al soggetto che riceva o acquisti assegni bancari al di fuori delle regole che ne disciplinano la circolazione, e, quindi, senza alcuna legittimazione cartolare), che in riferimento al reato di truffa, in ragione del consapevole impiego di un mezzo di pagamento "fasullo".

Nessun rilievo ha poi che l’imputato abbia fornito le sue generalità e il suo recapito al venditore, tanto più che ciò è del tutto normale e corrispondente ad una prassi pressochè obbligata nel caso di transazioni concluse con il rilascio di assegni bancari.

I motivi sulle circostanze attenuanti innominate sono del tutto generici, bastando rinviare alla loro pressochè letterale trascrizione, mentre non si presta a censura alcuna la peraltro ovvia valorizzazione, da parte dei giudici di appello, dei precedenti penali dell’imputato.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *