Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-11-2011) 14-12-2011, n. 46264

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ha personalmente proposto ricorso per cassazione, M. S., avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 14.12.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Lamezia Terme il 5.5.2008, per i reati di rapina aggravata in concorso in danno di S.R., commesso il 14.2.2001 (capo A) della rubrica accusatoria); tentata rapina aggravata in danno dello stesso S. commessa alle ore 17 del 17.2.2001 (capo B); rapina aggravata in concorso in danno di K.F. commessa alle ore 15 del 17.2.2011 (capo C); rapina aggravata in concorso in danno di K.F. e H. K. commessa il 24.2.2011 (capo D).

2. Le persone offese erano donne o transessuali esercenti la prostituzione, raggiunti nelle varie occasioni descritte nei capi di imputazione, dall’imputato e da un suo complice sul luogo di lavoro e costretti a consegnare ai due rapinatori i loro incassi, ad eccezione dell’episodio di cui al capo B), che aveva visto l’energica e fruttuosa reazione della persona offesa all’aggressione subita.

3. La Corte territoriale, risolta in senso affermativo la questione dell’utilizzabilità dell’attività istruttoria compiuta prima dell’udienza del 10.2.2006, che si era posta per la mutata composizione del collegio giudicante, valorizzava ai fini probatori le dichiarazioni rese dalle persone offese sia in dibattimento che in sede di incidente probatorio, ricordando, con riferimento ai reati di cui ai capi C) e D), i riconoscimenti fotografici effettuati con certezza dalla K. e dalla H., accompagnati da una ricostruzione dei fatti particolarmente precisa e puntuale anche in ordine ai singoli ruoli dei due complici; e con riferimento ai reati di cui ai capi A) e B), le indicazioni fornite dallo S. sul modello di autovettura impiegata dai malviventi per raggiungerlo sul luogo di lavoro, e l’esito della perquisizione effettuata all’interno dell’autovettura del M., che aveva consentito il rinvenimento della refurtiva.

3.1 La Corte di merito riteneva poi positivamente verificata l’attendibilità delle persone offese, che avevano mostrato un atteggiamento tutt’altro che persecutorio nei confronti dell’imputato, ispirando anzi le proprie dichiarazioni ad una certa prudenza, anche per il timore di ritorsioni; menzionava i risultati dell’attività di indagine compiuta dai verbalizzanti D.S. e Ma.; contestava, infine, la concreta rilevanza della prova d’alibi dedotta dal M..

4. Il ricorrente deduce, con due motivi sostanzialmente collegati, il vizio di violazione di legge della sentenza con riferimento alla ritenuta utilizzabilità dei riconoscimenti fotografici effettuati dalla H. e dalla K. in sede di incidente probatorio, e comune l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione rispetto alla valutazione delle risultanze istruttorie.

In merito ai riconoscimenti fotografici effettuati in sede di incidente probatorio dalle due prostitute vittime delle rapine di cui ai capi C) e D), il ricorrente deduce che si tratterebbe di attività e distinta e diversa dall’assunzione della prova orale, che avrebbe dovuto quindi essere prevista nella richiesta dell’incidente, priva invece di qualunque accenno al riguardo. Inoltre, nel caso della K., sarebbe stata mostrata alla teste soltanto un’immagine in fotocopia, e non sarebbe comunque chiaro nemmeno se le foto esibite alle due persone offese fossero o meno comprese in un album fotografico, che non risulta depositato agli atti. Nel ricorso sono citate alcune sentenze di legittimità ed un arresto della giurisprudenza di merito, quest’ultimo nel senso della generale inammissibilità della ricognizione fotografica in sede di incidente probatorio.

4.1 Sotto il profilo delle illogicità quando non e delle vere e proprie carenze argomentative riscontrabili nella motivazione della sentenza, il ricorrente lamenta anzitutto la mancata valutazione da parte dei giudici di appello, di tutte le incertezze e contraddizioni contestate alla H. e alla K. in sede di incidente probatorio, anche nel confronto con il contenuto della deposizione dei due verbalizzanti; l’indebita svalutazione della non corrispondenza del colore dell’autovettura indicata dalle due donne con quello dell’auto posseduta dallo stesso ricorrente; l’omessa indagine sulla provenienza delle foto esibite ai testimoni, che sarebbe rimasta assolutamente incerta, tanto più che, essendo egli incensurato all’epoca dei fatti, la sua foto non poteva trovarsi negli archivi di polizia; infine, il riferimento ad un verbale di fermo inesistente in atti.

4.2. Per quel che riguarda i fatti in danno dello S., il ricorrente deduce che non vi sarebbe prova alcuna in atti che il telefonino ritrovato nella sua autovettura appartenesse proprio alla persona offesa.

4.3 Sono stati proposti motivi aggiunti, che illustrano la figura del travisamento della prova alla stregua di alcuni arresti giurisprudenziali e contestano la correttezza delle valutazioni della Corte di merito sull’utilizzabilità degli atti di istruzione dibattimentale compiuti da collegi giudicanti diversi da quello definitivo.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1. Quanto alla questione processuale sull’utilizzabilità del riconoscimento fotografico del ricorrente effettuato da due delle persone offese, va rilevato che l’individuazione di un soggetto – sia personale che fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione (Corte di Cassazione SEZ. 6^, 05/12/2007, Major e altri, che ne fa discendere la conseguenza che la forza probatoria dell’individuazione non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale).

Se così è, l’atto di riconoscimento "atipico" non è soggetto ad una preventiva indicazione nella richiesta di incidente probatorio per l’assunzione di una prova dichiarativa, tanto essendo necessario, piuttosto, quando si tratti della ricognizione formale prevista dall’art. 392 c.p.p., lett. g) (che tra l’altro può comportare, ai sensi dell’art. 399 c.p.p., l’accompagnamento coattivo della persona sottoposta ad indagini, la cui presenza è ovviamente necessaria per lo specifico esperimento probatorio); ma l’atto ricognitivo informale potrà inserirsi "liberamente" tra i contenuti narrativi della fonte, secondo i possibili sviluppi dell’esame Non si comprende poi l’affermazione difensiva secondo cui l’individuazione sarebbe avvenuta con modalità lesive dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.

1.1 Della questione sulla provenienza delle foto non v’è menzione nella rassegna dei motivi di appello contenuta nella sentenza impugnata, nè la difesa deduce di averla sollevata con l’impugnazione di merito. In ogni caso, la Corte territoriale sottolinea i controlli di polizia ai quali fu sottoposto il M., adeguatamente evocati dalle testimonianze dei verbalizzanti, anche in assenza dei relativi verbali o annotazioni, controlli dai quali potrebbe essere nata l’acquisizione di immagini fotografiche; di più, dalla trascrizione del verbale di udienza dibattimentale dell’11.7.2005, prodotto dalla stessa difesa con i motivi aggiunti, sembra emergere appunto che le foto mostrate alle persone offese K. e H. furono acquisite proprio a seguito di uno dei ricordati controlli di polizia (vedi pag. 17, in fine, del citato verbale dove uno dei verbalizzanti accenna alla circostanza che erano state fatte visionare alle persone offese le fotografie degli indagati "in riferimento al controllo che avevo detto prima" ) Che si trattasse di fotocopie, in assenza di indicazioni processuali sulla eventuale "oscurità" delle immagini, non rileva poi in alcun modo.

1.2 Tutti gli approfondimenti istruttori del caso avrebbero dovuto peraltro essere sollecitati dalla difesa nel corso del giudizio di merito, mentre non risulta, nè lo deduce la difesa, che alcuna sollecitazione in tal senso sia stata rivolta ai giudici territoriali.

2. Per il resto, la difesa propone alternative letture di merito delle risultanze istruttorie, o isolando singoli incisi delle varie dichiarazioni delle persone offese, che nella complessiva valutazione dei contributi dalle stesse offerte prima in sede di incidente probatorio e poi in sede dibattimentale, non illogicamente la Corte territoriale ha valutato attendibili e convergenti con certezza nell’identificazione del M., o segnalando divergenze giustamente trascurate dalla Corte di merito per la loro assoluta marginalità, come, tra le altre, quella relativa al colore dell’autovettura del ricorrente, dal momento che le pur differenti tonalità del grigio e del verde non corrispondono certo a clamorose "opposizioni" cromatiche, e possono essere oggetto di variabili percezioni visive; o come quella, ancora meno significativa, della direzione presa dall’autovettura dopo i fatti.

2.1. la deduzione difensiva relativa alla mancanza di prova dell’appartenenza allo S. del telefonino sequestrato al M., implica, in punto di diritto, l’erronea valutazione della necessità di una prova "esterna" alle dichiarazioni della persona offesa; saggiata positivamente l’attendibilità dello S., non insidiata dalle censure difensive, la Corte territoriale ne ha logicamente tratto le ovvie conseguenze anche sulla questione "proprietaria". 3. In ordine ai motivi nuovi, non meritano particolare approfondimento le poco più che astratte enunciazioni di principio della difesa sul vizio di travisamento della prova, in alcun modo rilevabile, comunque, nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, nei necessari termini di una falsa rappresentazione dei contenuti letterali delle fonti di prova (nel senso che l’errore denunciabile come traviamento della prova debba cadere sul significante e non sul significato della prova traducendosi nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio cfr., ad es., Cass. Sez. 5^, Sentenza n. 18542 del 21/01/2011, imputato Carone).

3.1 La questione dell’utilizzabilità delle prove raccolte nel giudizio di fronte a collegi giudicanti in variabile composizione, è posta dalla difesa senza alcuna indicazione della natura e della rilevanza delle prove che sarebbero rimaste fuori dagli accordi processuali, e tanto basterebbe per disattendere la censura, anche se non va trascurato che la Corte di merito, occupandosi della stessa questione, ha correttamente rilevato che all’udienza del 5.5.2008 la difesa del M. aveva finito con il prestare il proprio incondizionato consenso alla lettura di tutti atti espletati nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso deve essere rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *