Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-11-2011) 14-12-2011, n. 46262

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Hanno proposto ricorso per cassazione T.C.F. e T. A., per mezzo del loro difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 15.2.2011, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di entrambi dal locale Tribunale il 29.9.2010, per il reato di truffa aggravata in concorso in danno di G.S., legale rappresentante della soc. G.E.S. s.r.l..

Secondo l’accusa, i due imputati, agendo quali amministratori della Gaenesy s.r.l., si erano fatti corrispondere dalla soc. GES, il prezzo della fornitura di un’apparecchiatura sanitaria di rilevante importo, nonostante avessero in precedenza già ceduto il credito al banco S. Giorgio s.p.a..

La Corte territoriale, condividendo al riguardo le valutazioni del tribunale, premetteva che i due T. dovevano ritenersi i veri domini della soc. venditrice, e a sostegno dell’affermazione rilevava che a dispetto dell’apparente fuoriuscita dalla soc. Gaenesy prima dei fatti, i due imputati avevano continuato a proporsi come interlocutori del G..

Ritenevano inoltre, i giudici di appello, che il costrutto accusatorio non fosse stato smentito dai testi addotti dalla difesa, la A. e la D., ma anzi, in qualche misura ne risultasse confermato, a dispetto dell’evidente falsità della deposizione D..

Nell’interesse di T.C. la difesa deduce anzitutto il vizio di violazione dell’art. 495 c.p.p., comma 2, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. D) per non avere la Corte territoriale disposto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di accertare la titolarità e la movimentazione dei conti correnti sui quali era stato effettuato da parte della GES il pagamento della somma di Euro 36.900,00 corrispondente al prezzo della fornitura. Ne sarebbe emerso il dato decisivo dell’assoluto difetto di interesse dell’imputato nella vicenda de qua, in quanto beneficiari del pagamento sarebbero risultati altri soggetti, in coerenza con l’estraneità dell’imputato alla soc Gaenesy al momento dei fatti.

Con il secondo motivo, lamenta il difetto di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), rispetto alla si difensiva del disguido accidentale come causa della duplicazione del pagamento, essendo peraltro non significativa la mancata restituzione alla soc. debitrice delle somme pagate in eccesso, considerando che il T.C. non avrebbe avuto il potere di influenzare le determinazioni della soc. creditrice, non rivestendo più la carica di amministratore e considerando, ancora, che la soc. GES. s.r.l. aveva continuato ad avere rapporti con i frateli T. dopo che quest’ultimo avevano costituito una nuova società, la Genex s.r.l..

Il terzo motivo fa riferimento al trattamento sanzionatorio.

I giudici di appello sarebbero incorsi in vizio di motivazione anche riguardo ai criteri seguiti dalla sentenza di primo grado per al determinazione della pena e ingiustificatamente avrebbero ribadito il diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, giustificate dall’incensuratezza dell’imputato e dall’assenza di un suo profitto proprio nella vicenda. Con l’ultimo motivo, infine, la difesa denuncia il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza in ordine alle valutazione della legittimità della subordinazione da parte del giudice di primo grado, della sospensione condizionale della pena, al pagamento della provvisionale disposta a favore della costituita parte civile entro un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza di condanna; e sempre con riferimento al rapporto tra sospensione della pena e pagamento della provvisionale, lamenta la mancata risposta della Corte di merito all’istanza di sospensione dell’esecutività del relativo capo della sentenza di primo grado.

La Corte territoriale aveva infatti "soprasseduto" sull’istanza, rilevando di non essere in grado di provvedere prima della celebrazione del dibattimento di appello.

Nell’interesse di T.A. la difesa lamenta con il primo motivo l’acritico appiattimento delle motivazioni della sentenza di appello su quelle della sentenza di primo grado; la Corte di merito non avrebbe nemmeno dato risposta a tutta una serie di incongruenze delle argomentazioni del tribunale segnalate con l’atto di appello, specie con riferimento all’effettivo ruolo di T.A. nella soc. Gaenesy, della quale egli era stato in precedenza solo un dipendente addetto al settore commerciale, e che non avrebbe mai assunto alcuna parte nelle vicende processuali, come sarebbe dimostrato anche dalla testimonianza della persona offesa G..

Gli altri motivi ricalcano sostanzialmente quelli formulati nell’interesse di T.C. con riferimento tanto all’impossibilità di individuare il profitto ricavato dalla vicenda dai due ricorrenti, che alle questioni sul trattamento sanzionatorio, sulla provvisionale e sulla pregiudizialità del pagamento del relativo importo rispetto all’operatività del beneficio della sospensione condizionale.
Motivi della decisione

1. Va anzitutto rilevato che il presunto appiattimento dei giudici di appello sulle motivazioni della sentenza di primo grado, è in un certa misura inevitabile in qualunque giudizio di conferma di una precedente decisione, salvo il caso che l’impugnazione imponga al giudice che ne sia investito, autonome valutazioni su questioni specifiche (cfr. Cass. Sez. 4^ Pen., n. 6980/1997, secondo cui deve ritenersi legittimo, nella piena coincidenza di due giudizi di merito, anche un rinvio del giudice sovraordinato agli argomenti esposti dalla pronuncia di prime cure, a meno che con i motivi di appello non siano state poste specifiche questioni per le quali l’apparato argomentativo della sentenza del giudice dell’impugnazione deve essere autonomo ed autosufficiente). In ogni caso, la motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua se il giudice abbia confutato gli argomenti che costituiscono l’"ossatura" dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (Corte di Cassazione Nr. 01307 del 26/09/2002 RIC. Delvai).

L’istanza fondamentale della sintesi, peraltro oggetto della specifica prescrizione dell’art. 544 c.p.p., comma 1, corrisponde poi all’ovvia esigenza di escludere che l’adeguatezza del costrutto motivazionale di un provvedimento giudiziario si misuri su un mero confronto "aritmetico" tra deduzioni difensive e risposte del giudice, favorendo incontrollabili e strumentali proliferazioni argomentative di parte.

Va ulteriormente sottolineato, sul punto, che l’incompletezza della motivazione delle sentenza di appello, deve essere apprezzata in relazione a quelle specifiche doglianze che siano dotate del requisito della decisività (Corte di Cassazione nr 35918 17/06/2009 SEZ. 6^, RIC. Greco), e che non può tenersi conto di tutti i motivi di appello non espressamente riproposti dai ricorrenti in questa sede di legittimità, ma evocati con un improprio rinvio per relationem ai precedenti motivi di gravame, in violazione della regola dell’autosufficienza del ricorso, ma anche in contrasto con il requisito della specificità dei motivi di impugnazione, nella misura in cui con il rinvio si intendano riproporre le doglianze avanzate contro la sentenza di primo grado, senza contestare puntualmente le argomentazioni del giudice dell’impugnazione sui singoli motivi di gravame (cfr. Corte di Cassazione 19/12/2006, Tagliente e altro, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice d’appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne specificamente, sia pure in modo sommario, il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di ricorso essere autosufficiente, e cioè contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica).

2. Ebbene, deve ritenersi che il percorso argomentativo dei giudici di appello, tanto più in quanto integrato dalle motivazioni della sentenza di primo grado (nel senso che quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo, cfr. cass Sez. 1^, n. 8868 del 26/06/2000 Sangiorgi), non si presti a censure sotto il profilo logico-giuridico, contenendo tutti i passaggi fondamentali per la ricostruzione del fatto e la valutazione della responsabilità degli imputati, alla stregua di una valutazione complessiva che da conto, anche implicitamente, di tutte le obiezioni difensive.

2.1 In sostanza, le deduzioni difensive non solo esprimono alternativi apprezzamenti di merito della valenza probatoria del materiale istruttorio, ma continuano in definitiva a puntare sull’inesistenza di alcun formale ruolo societario dei ricorrenti all’epoca dei fatti, che è però senz’altro ammesso dalla sentenza impugnata, che definisce in termini diversi il protagonismo dei due T. nella vicenda.

I giudici di merito sottolineano, infatti, non il ruolo formale, ormai pacificamente cessato, dei due imputati nella soc. Gaenesy s.r.l., al momento della duplicazione del pagamento della fornitura, ma la loro ingerenza di fatto nella vicenda (e nell’amministrazione della soc. fornitrice), anche dopo la dismissione dei rispettivi incarichi societari, tanto rilevando correttamente dalle prove dell’intervento degli imputati attentamente analizzate in motivazione, e dalla puntale confutazione anche di quelle apparentemente di segno contrario addotte dalla difesa.

D’altra parte, il confronto tra la sentenza di appello e quello di primo grado evidenzia che i ricorrenti hanno sostanzialmente riproposto le stesse questioni già dedotte davanti al Tribunale, e che comunque la Corte di Appello si è incaricata di rivederle criticamente nella loro essenzialità (pagg. 3 e ss.) per verificare la congruità logico-giuridica delle conclusioni del giudice di prime cure alla luce dei motivi di gravame. Le interlocuzioni difensive, poi, sono spesso fondate sull’estrapolazione di singoli incisi di dichiarazioni dibattimentali, ricordati "riassuntivamente" o, in un caso, risultanti dalla riproduzione, anch’essa parziale, della trascrizione di un verbale di udienza allegato al ricorso, che oltretutto nemmeno sembra propriamente conferente, secondo le intenzioni, alla tesi difensiva del "disguido", se è vero che il teste G., riferendosi ad entrambi i ricorrenti, ricorda che "loro mi hanno mandato un fax", cioè gli avevano spedito un fax per rassicurarlo, di fronte alle insistenze dell’istituto bancario cessionario del credito per ottenere il pagamento, "che tutto era stato saldato", affermando quindi clamorosamente il falso.

Il successivo sviluppo dei rapporti tra i ricorrenti e il G., a parte la consueta irritualità della tecnica di evocazione del dato processuale, non potrebbe poi incidere, retrospettivamente, sulla valutazione dei fatti, non potendosi escludere una riconciliazione, a qualunque motivo dovuta, anche a dispetto di precedenti scorrettezze, tanto più in assenza di qualunque indicazione difensiva sulla esplicita manifestazione, da parte del G., della maturata consapevolezza della buona fede dei ricorrenti.

3. Infondato è anche il motivo sul rigetto delle istanze difensive di carattere probatorio dirette alla ricostruzione della movimentazione bancaria delle somme versate dalla soc. debitrice alla Gaenesy s.r.l., dopo che il debito era stato già oggetto di cessione a terzi.

La valutazione della ininfluenza dell’accertamento ai fini della decisione da parte dei giudici di appello deve infatti ritenersi ovvia, considerando che il pagamento, per avere efficacia liberatoria, non poteva che essere indirizzato alla soc. creditrice, non certo ai due T. in nome proprio.

In altre parole, è evidente che anche il concreto approfittamento, da parte dei due ricorrenti, della duplicazione del pagamento, non poteva che conseguire alla loro ingerenza di fatto nell’amministrazione della società, essendo del tutto implausibile che essi potessero risultare formalmente i destinatari del pagamento all’epoca del fatto.

4, I motivi sul trattamento sanzionatorio sottolineano in sostanza l’aspetto non decisivo dell’incensuratezza dei ricorrenti o ripropongono la questione dell’inesistenza del profitto, che però attiene più propriamente al tema della responsabilità penale e non a quello del trattamento sanzionatorio, e in ordine alla quale si è comunque già rilevata l’infondatezza delle deduzioni difensive.

La Corte territoriale, peraltro, definisce in modo sintetico ma sufficientemente argomentato le ragioni delle proprie valutazioni, sottolineando la particolare callidità della condotta degli imputati e la riprovevole strumentalizzazione del loro precedente rapporto di amicizia con il G..

5. Quanto alle questioni sulla provvisionale e sul rapporto pregiudiziale tra il pagamento del relativo importo e l’operatività della sospensione condizionale della pena, va rilevato che secondo un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità venutosi affermando di recente a revisione di precedenti, contrastanti indirizzi, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato dal giudice, ove la condizione attenga al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile costituita, al versamento della somma dovuta entro un termine anteriore al passaggio in giudicato d’ella sentenza, essendo la condanna, nella parte concernente la provvisionale, immediatamente esecutiva per legge (cfr. Cass. Sez. 3^, Sentenza n. 126 del 19/11/2008 Imputato: D’Angelo; vedi, anche, Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 36769 del 09/06/2004, imputato: Cricchi ed altri, dove la precisazione che si tratta dell’adempimento di un obbligo immediatamente esecutivo ex art. 540 c.p.p., comma 2 fondato nell’art. 165 c.p., che prevede le attività che l’imputato può porre in essere per eliminare o limitare le conseguenze dannose o pericolose del reato al fine di pervenire, anche con questo mezzo, ad un rapido soddisfacimento dei diritti della persona danneggiata dal reato).

Sembra opportuno aggiungere che tale indirizzo non presenta alcun punto di criticità logica rispetto alla necessità del contemperamento della anticipata eseguibilità dell’obbligo condizionante con il sistema delle impugnazioni, essendo ovvio che le conseguenze dell’inadempimento saranno comunque differite al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, mentre l’eventuale assoluzione definitiva darà titolo all’imputato di ottenere la restituzione di quanto versato.

6. Quanto all’omesso esame della richiesta di sospensione dell’esecutività della provvisionale formulata dal ricorrente con i motivi di appello ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, nella sostanza la Corte territoriale rinviò la deliberazione sul punto alla data in cui sarebbe stato celebrato il giudizio di secondo grado. La questione è rimasta poi assorbita nella integrale conferma della sentenza di primo grado, dovendosi peraltro osservare che i provvedimenti con i quali la Corte di appello si pronuncia sulla richiesta di sospensione della condanna al pagamento di una provvisionale non sono impugnabili (Cass 13.7.1993 Vescio).

Alla stregua delle precedenti considerazioni, i ritorsi vanno pertanto rigettati, con le conseguenti statuizioni sulle spese.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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