Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-07-2012, n. 11249 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il lavoratore indicato in epigrafe conveniva in giudizio l’istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di cui era dipendente e chiedeva, sul presupposto dell’effettuazione di prestazioni di lavoro straordinario reso in modo costante, la declaratoria del diritto al computo dei relativi compensi nella base di calcolo dell’indennità di anzianità e nel TFR. L’adito giudice accoglieva la domanda.

La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale.

Avverso questa sentenza l’Istituto in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di due censura.

La parte intimata resiste con controricorso.

Vengono depositate memorie illustrative.
Motivi della decisione

Preliminarmente va rilevata la nullità della procura apposta a margine della memoria ex art. 378 c.p.c., depositata per l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato con la quale risulta conferito mandato "nel presente grado del giudizio pendente innanzi la Suprema Corte di Cassazione" all’avv.to Tiziana Sborchia in sostituzione del precedente procuratore.

Infatti è giurisprudenza di questa Corte che nel giudizio di cassazione il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c. – secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso – si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data -quale è il presente- se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, comma 2 (vecchio testo), (V. Cass. 26 marzo 2010 n. 7241, Cass. 28 luglio 2010 n..17604 e Cass. 2 febbraio 2012 n. 4476).

Con il primo motivo di censura l’Istituto ricorrente, deducendo violazione delle norme del contratto collettivo e dell’art. 2120cc, assume che la Corte del merito ha erroneamente interpretato il CCNL del 1992 ritenendo, relativamente al TFR, prevista una nozione di retribuzione omnicomprensiva.

La censura, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio in ossequio anche al principio di nomofilachia reputa di aderire, è fondata.

Questo giudice di legittimità infatti ha sancito, nell’interpretare direttamente ex art. 360 c.p.c., n. 3, così come novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, la denunciata norma collettiva che in tema di determinazione del trattamento di fine rapporto, il principio secondo il quale la base di calcolo va di regola determinata in relazione al principio della onnicomprensività della retribuzione di cui all’art. 2120 cod. civ., nel testo novellato dalla L. n. 297 del 1982, è derogabile dalla contrattazione collettiva, che può limitare la base di calcolo anche con modalità indirette purchè la volontà risulti chiara pur senza l’utilizzazione di formule speciale od espressamente derogatorie. Ne consegue che, con riferimento al personale dipendente delle aziende grafiche e affini e delle aziende editoriali (nella specie, dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), a partire dal c.c.n.l. del 1 novembre 1992, la quota annuale di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 1, per il calcolo del trattamento di fine rapporto concerne la retribuzione indicata, con definizione non onnicomprensiva, nell’art. 21 del c.c.n.l. medesimo sulla nomenclatura, ossia quella "complessivamente percepita dal quadro, dall’impiegato e dall’operaio per la sua prestazione lavorativa, nell’orario normale", con esclusione delle prestazioni di lavoro straordinario (Cass. 13 gennaio 2010 n. 365 e Cass. 27 maggio 2010 n. 13048 e più di recente Cass. 10 aprile 2012 n. 5680 nonchè Cass. 11 aprile 2012 n. 5716 e molte altre).

Nè vi è contrasto con la sentenza n. 6086 del 2010 di questa Corte in quanto trattandosi di ricorso per cassazione avverso sentenza pubblicata in data anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, questa Corte non poteva procedere ad una interpretazione diretta, come invece avvenuto nella citata sentenza n. 365 del 2010, del contratto collettivo nazionale di cui il ricorrente aveva dedotto l’erronea interpretazione.

Del resto, l’orientamento espresso nel 2010 da questa Corte, in sede d’interpretazione diretta dell’art. 21 del c.c.n.l. del 1 novembre 1992, risultando confermato dalle richiamate sentenze del 2012 della sezione lavoro di questa stessa Corte esclude la sussistenza di una difformità di decisioni tale da comportare la rimessione della causa, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

La questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento alla assunta difformità di decisioni di questa Corte non essendo supportata da idonea motivazione va ritenuta manifestamente infondata.

Il secondo motivo del ricorso con il quale si denuncia che la Corte ai fini dell’ interpretazione del richiamato ccnl non ha tenuto conto del verbale d’interpretazione autentica, rimane assorbito.

La sentenza impugnata conseguentemente va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma che farà applicazione del principio sopra enunciato.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso,dichiara assorbito il secondo, cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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