T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 13-01-2011, n. 21

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Ditta E.M., a cui è poi succeduta l’attuale ricorrente, ha avviato una DIA per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di 999,60 Kpw nel comune di Vernole.

L’Unione dei Comuni Terre di Acaya e di Roca, con provvedimento del 25 agosto 2009, ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica e ha inviato la stessa alla Soprintendenza per il controllo previsto dalla legge.

Quest’ultima, con provvedimento del 27 ottobre 2009, inviata sia al Comune sia alla Ditta E.M., ha richiesto l’invio di ulteriore documentazione.

La Ditta E.M., in data 11 febbraio 2010, ha ceduto la titolarità del contratto di opzione del terreno, del progetto e della relativa pratica edilizia alla S.P., attuale ricorrente.

Con nota del 9 aprile 2010, la Soprintendenza ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata dal Comune, ravvisando un vizio di carenza di motivazione.

Avverso questo provvedimento è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi: 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 159, comma 1, d.lgs. 42/2004. 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis l. 241/1990. Violazione del principio di leale collaborazione. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 comma 3, d.lgs. 42/2004. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Difetto assoluto di istruttoria. Violazione dell’art. 97 Cost. 4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 1397/1939 e dell’art. 83 DPR 616/1977. Perplessità dell’azione amministrativa.

Deduce la ricorrente: che non è stato comunicato l’avvio del procedimento; che non sono state comunicate le ragioni ostative; che la Soprintendenza non ha valutato tutta la documentazione con la quale la pratica è stata istruita; che il dispositivo del provvedimento impugnato riporta un altro impianto e un altro soggetto proponente; che il provvedimento non indica le disposizioni violate e gli interessi non considerati; che la Soprintendenza ha effettuato una valutazione di merito a lei preclusa.

Le Amministrazioni si sono costituite con atto del 14 luglio 2010 e, con memoria del 22 ottobre 2010, hanno rilevato: che la Soprintendenza ha inviato anche alla E.M. la nota del 27 ottobre 2009 di richiesta di integrazione documentale; che i procedimenti di controllo del nulla osta paesaggistico sono sottratti al preavviso di rigetto; che nell’autorizzazione comunale non sono indicati i motivi di compatibilità del progetto con il vincolo paesaggistico esistente.

Con memoria del 28 ottobre 2010 la ricorrente, nel ribadire le proprie argomentazioni, ha insistito sul fatto che il decreto impugnato, nella parte dispositiva, riporta un altro soggetto e un altro intervento.

Con ordinanza n. 179/2010 è stato ordinato il deposito della scheda di controllo paesaggistico del comune di Vernole, regolarmente depositata il 16 novembre 2010.

Nella pubblica udienza del 15 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1. Con il primo motivo si lamenta il mancato rispetto, da parte della Soprintendenza, dell’art. 7 l. 241/1990.

E’ da rilevare, che, anche a voler ammettere una violazione delle garanzie procedimentali, nel caso in esame deve trovare applicazione l’art. 21 octies, comma 2, nella parte in cui esclude l’annullabilità del provvedimento "per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", stante l’irrilevanza delle osservazioni (quale risulterà nel prosieguo della sentenza) che la parte interessata ha fornito, con la conseguenza che l’atto non avrebbe potuto essere comunque diverso.

2. Parimenti infondato è il secondo motivo, con cui si lamenta la mancata applicazione dell’art. 10 bis l. 241/1990.

È giurisprudenza costante quella per cui "l’ annullamento da parte della Soprintendenza del nulla osta paesaggistico non può essere considerato come la conclusione negativa di un complesso iter procedimentale nel quale dovrebbero trovare applicazione le disposizioni procedurali di cui all’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, quanto piuttosto come una fase ulteriore (ovvero di secondo grado), la quale, determinando la caducazione del precedente nulla osta comunale, non potrebbe in alcun modo essere assimilata alla reiezione di un’istanza di parte, la quale costituisce, invece, l’oggetto della disciplina di cui all’art. 10 bis citato" (Tar Napoli, sez. VII, 13 ottobre 2009, n. 5407; Tar Genova, sez. I, 27 luglio 2009, n. 1904; Tar Lecce, sez. I, 24 settembre 2008, n. 2667).

3. Infondati sono anche gli ulteriori motivi di diritto.

Il sistema dei rapporti tra Autorità delegata e Soprintendenza in materia di gestione del vincolo paesaggistico è stato oggetto di valutazione da parte dell’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 9/01 che ha posto due principi.

Anzitutto è stato chiarito che in sede di esame dell’istanza di autorizzazione, la Regione (o l’autorità designata dalla legge regionale) deve rispettare il principiocardine della leale collaborazione con gli organi del Ministero; pertanto, dalla motivazione dell’autorizzazione si deve poter evincere che essa è immune da profili di eccesso di potere, anche per quanto riguarda l’idoneità dell’istruttoria, l’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto, diverso da quello tutelato in via primaria.

Inoltre, in sede di esame del contenuto dell’autorizzazione paesaggistica e prima della conclusione del procedimento, il Ministero può motivatamente valutare se la gestione del vincolo avviene con un atto legittimo, rispettoso di tutti tali principi, e annullare l’autorizzazione che risulti illegittima sotto qualsiasi profilo di eccesso di potere, ma non può sovrapporre le proprie eventuali difformi valutazioni sulla modifica dell’area, se l’autorizzazione non risulta viziata.

L’applicazione di questi principi conduce quindi a ritenere che la Soprintendenza deve effettuare il controllo del nullaosta rilasciato, avendo riguardo alla completezza dell’istruttoria ed alla ragionevolezza della valutazione svolte dall’Amministrazione "basandosi sull’esistenza di circostanze di fatto o su elementi specifici – da esporre nella motivazione – che non siano stati esaminati dall’autorità che ha emanato l’autorizzazione ovvero che siano stati da essa irrazionalmente valutati" (cfr. TAR puglia Lecce, Sez. I, 19 gennaio 2004, n. 636).

Ciò considerato, ritiene il Collegio che il potere di annullamento sia stato correttamente esercitato dalla amministrazione statale, nel rispetto dei canoni espressi dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. n. 9 del 2001).

La Soprintendenza ha indicato le ragioni di illegittimità dell’autorizzazione annullata e ha verificato l’inconsistenza della motivazione addotta dal Comune a sostegno del provvedimento di autorizzazione.

Infatti, il Comune si è limitato a rilasciare l’autorizzazione senza dare alcuna motivazione e senza indicare le ragioni che hanno indotto a ritenere l’intervento compatibile con i valori paesaggistici; indicazioni che d’altronde non risultano espresse neanche nella scheda paesaggistica, richiamata dall’autorizzazione comunale.

Pertanto, nel caso in esame, la Soprintendenza non ha effettuato un riesame complessivo delle valutazioni discrezionali compiute dal Comune, sostituendo una propria valutazione di merito a lei preclusa, ma ha rilevato come nell’autorizzazione annullata non sono manifestate le ragioni giustificatrici in base alle quali l’intervento poteva essere ritenuto compatibile, mancando del tutto ciò nell’autorizzazione comunale.

Tale specifico vizio dell’autorizzazione comunale è stato congruamente individuato, dalla stessa Soprintendenza, laddove nel provvedimento fa espressamente riferimento al difetto di motivazione.

Nessun rilievo poi può avere la circostanza che nella parte dispositiva del provvedimento si fa riferimento ad un altro intervento, in quanto nella parte motivazionale dello stesso viene indicato il progetto della ricorrente, e quindi è evidente, che il richiamo sbagliato sia dovuto a un refuso, mentre in realtà la Soprintendenza ha valutato il progetto in questione.

Il provvedimento negativo impugnato deve, in conclusione, considerarsi legittimo ed il ricorso deve quindi essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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