T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 13-01-2011, n. 20

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti sono dipendenti della Polizia di Stato, assunti in attività di servizio nel ruolo degli ispettori previsto dall’art. 36 della L. 121/1981, prima della sua riformulazione avvenuta con decreto legislativo n. 197/1995, attualmente inquadrati nello stesso ruolo con la qualifica di Ispettore Superiore Sostituto Ufficiale di Pubblica Sicurezza e con la denominazione di Sostituto Commissario.

Con il ricorso all’esame gli stessi lamentano la violazione della disciplina suepigrafata deducendo i seguenti motivi di gravame:

Violazione di legge per eccesso di potere, arbitrarietà, irrazionalità, illogicità e sviamento in relazione all’immotivata ed eccessiva discrezionalità dell’Amministrazione di appartenenza e del Governo in palese contraddizione con le disposizioni normative che disciplinano la qualificazione funzionale dei ricorrenti.

Chiedono, per l’effetto:

– la loro ricollocazione ope legis nello status delle funzioni esercitate ab origine dal provvedimento della assunzione, come disciplinato dall’art. 25 del decreto legislativo 5 ottobre 2000 n. 334 (disposizioni transitorie per l’accesso al ruolo direttivo speciale), con decorrenza dalla data ultima entro la quale avrebbero dovuto essere effettuate le selezioni previste dalla norma transitoria di cui all’art. 25 citato;

– la condanna del Ministero dell’Interno al risarcimento del danno subito derivante dalla perdita della progressione economica, di quello conseguente sul trattamento di fine servizio, sul trattamento pensionistico e dell’immagine professionale per patita delegittimazione;

– accogliersi i rilievi di costituzionalità dell’art. 261 della L. 23 dicembre 2005 n. 266 in relazione all’art. 3 della Costituzione, nonché degli artt. 16 e 17 del d.lgs. 334/2000 in relazione all’art. 76 della Costituzione e per l’effetto rimettere gli atti alla Corte Costituzionale per il conseguente giudizio di legittimità.

Con atto depositato in giudizio in data 15 ottobre 2009 si è costituito in giudizio il Ministro dell’Interno per il tramite dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato.

Nella pubblica udienza dell’11 dicembre 2010 la causa è stata riservata per la decisione.

2. Il ricorso è infondato ed immeritevole di accoglimento.

2.1.Osserva preliminarmente il Collegio che, nei confronti del provvedimento di inquadramento del pubblico dipendente e degli atti che ne definiscono la posizione funzionale all’interno dell’assetto organizzativo della P.A., il pubblico dipendente stesso (e ciò fino all’intervento della normativa che ha teso a "privatizzare" il rapporto di pubblico impiego) non è titolare di una posizione di diritto soggettivo, trattandosi di attività che, sebbene vincolata dalla norma giuridica, è pur sempre estrinsecazione di un potere autoritativo dell’Amministrazione, in quanto costitutivo di uno status per l’interessato.

Ne consegue l’inammissibilità di azioni volte all’accertamento del diritto all’inquadramento in una superiore qualifica, con riconoscimento di ogni conseguenza sia sul piano giuridico che economico (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 173 del 12.1.2000; Cons. di Stato sez. V, n° 810 del 16.2.2001; T.A.R. CalabriaCatanzaro n° 1318 del 14.11.2000; T.A.R. LazioLatina n° 391 del 7.6.2000; T.A.R. PugliaBari n° 1250 dell’8.10.1999).

Difatti, l’inquadramento di un dipendente nei ruoli della P.A. di appartenenza, costituisce atto autoritativo e non paritetico dell’Amministrazione, il cui contenuto può essere contestato, anche solo in parte in relazione alla decorrenza giuridica ed economica, esclusivamente con un’azione impugnatoria volta al suo annullamento: azione da esercitare peraltro nel termine decadenziale di sessanta giorni stabilito dall’art. 21, l. n. 1034 del 1971.

Pertanto, a fronte della mancata impugnazione dell’atto amministrativo di inquadramento, non può trovare ingresso la domanda di accertamento del diritto all’inquadramento in un dato livello, che presuppone la sussistenza di un vero e proprio diritto soggettivo non riscontrabile nel caso di specie, né del resto può trovare ingresso la domanda volta all’accertamento del diritto alla progressione della carriera per l’accesso al ruolo direttivo speciale nella Polizia di Stato, disciplinato dal d.lgs. 334/220 ma sospeso dall’art. 1 comma 261 della L. 266/2005(finanziaria per il 2006), non vantando i ricorrenti alcun diritto soggettivo in tal senso, potendo, al più, essere esperibile, in presenza dei presupposti e condizioni legislativamente previsti (non ravvisabili nella fattispecie), un’azione volta a sollecitare l’azione della P.A. con impugnazione del silenzio eventualmente intercorso.

Nella specie, peraltro, i ricorrenti non lamentano l’inerzia della Amministrazione di appartenenza a fronte di un’istanza (non sussistente) dagli stessi proposta tendente ad ottenere la progressione di carriera auspicata, quanto piuttosto una presunta illegittimità dell’intervento legislativo (art. 1 comma 261 della L. 266/2005) il quale ha previsto che "fino a quando non saranno approvate le norme per il trasferimento dei ruoli del personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e delle Forze Armate è sospesa l’applicazione dell’art. 24 del decreto legislativo 5 ottobre 2000 n. 334 e successive modificazioni".

Quest’ultima disposizione aveva invece stabilito che: "fermo restando il disposto dell’art. 7 della L. 28 marzo 1997 n. 85, a partire dal 2001 e fino al raggiungimento della nuova dotazione organica del ruolo direttivo speciale, i concorsi per l’accesso al ruolo dei commissari e al ruolo direttivo speciale sono indetti annualmente per un numero di posti pari, rispettivamente, al quaranta ed al sessanta per cento delle vacanze complessive esistenti al 31 dicembre dell’anno precedente nei due ruoli, fatto slavo quanto stabilito dal comma 2.

Per i concorsi di accesso al ruolo direttivo speciale sono utilizzate, entro l’anno 2003, trecento unità della relativa dotazione organica, in aggiunta a quelle determinate dal comma 1.

I posti non coperti per l’accesso ai ruoli dei commissari e al ruolo direttivo speciale sono utilizzati per i rispettivi concorsi dell’anno successivo"

2.2. Non può neppure accogliersi l’eccezione di illegittimità costituzionale della citata norma prevista nell’art. 1 comma 265 della L. 266/2005, non sussistendo i dedotti profili di manifesta fondatezza della domanda tale da demandare all’organo costituzionale a ciò preposto la relativa questione.

Invero, come ha già affermato la Corte Costituzionale (sent.17 marzo 1998, n. 63), l’art. 97 della Costituzione resta estraneo alla tutela di posizioni acquisite dai pubblici dipendenti, per cui non può essere rivolta a tali disposizioni alcuna censura nella parte in cui determinano un nuovo sistema organizzatorio della Polizia di Stato. tenuto anche conto che l’assetto pregresso, risalente alla legge 1 aprile 1981 n. 121, costituiva solo un inizio di omogeneizzazione ed un modello non ottimale, e considerato che le variazioni all’assetto organizzatorio della Pubblica amministrazione, che non sono di per sé indice di un peggioramento dell’andamento dell’Amministrazione, rientrano nelle scelte di merito del legislatore nell’ambito di un dichiarato disegno di politica normativa (palesemente non arbitraria o manifestamente irragionevole) tendente alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di situazioni strutturali, quale quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate (cfr., altresì, Corte Cost. 30 aprile 1999, n.151).

Peraltro, la dedotta disparità di trattamento non può ritenersi manifestamente incompatibile con il principio di omogeneità delle disciplina legislativa imposto dalla legge delega né con i principi di cui agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.

Del resto, la disposizione in esame è finalizzata, oltre che ad evidenti ragioni di contenimento della spesa pubblica, anche e soprattutto a evitare incongruenze esistenti, possibili fonti di ulteriori distorsioni, nelle more della disciplina per il riordinamento dei ruoli del personale delle Forze di Polizia.

3. Le considerazioni che precedono conducono alla reiezione del ricorso.

3.1 Sussistono giustificati motivi, in considerazione delle peculiarità della questione, per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente

Ettore Manca, Consigliere

Patrizia Moro, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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