Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 14-12-2011, n. 46351 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 9.04.2010 il Tribunale di Latina in Terracina dichiarava estinti per prescrizione i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), e D.Lgs. n. 42720045, art. 181, ascritti a P.C.A. e lo condannava alla pena di Euro 500 d’ammenda per il reato di cui agli artt. 54 e 1161 c.n., così qualificato il fatto enunciato al capo c) (artt. 55 e 1161 c.n.).

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando:

– violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., per difetto di correlazione tra accusa e sentenza (era stato contestata la violazione degli artt. 55 e 1161 c.n., reato istantaneo per il quale conseguirebbe la pacifica estinzione del reato stesso per prescrizione), mentre era stato condannato per il reato di cui agli artt. 5 e 1161 c.n., che è permanente fino alla pronuncia della sentenza di primo grado;

– violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione sulla ritenuta sussistenza dell’occupazione di demanio marittimo mediante la costruzione di un muro. La demanialità non poteva essere desunta dai dati catastali nè dalla morfologia dei luoghi essendo l’opera collocata oltre l’arenile.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è infondato.

Non sussiste l’eccepita mancanza di correlazione tra accusa e sentenza perchè al capo c) dell’imputazione è stato contestato al P. di avere "occupato abusivamente circa mq, 300 di pubblico demanio in assenza della prescritta autorizzazione" e per tale fatto egli è stato condannato con la specificazione della norma violata che era l’art. 54, e non l’art. 55 c.n..

Come è noto, l’erronea indicazione del numero della legge violata nei decreti di citazione e nelle sentenze è del tutto irrilevante quando sia specificato in modo chiaro e insuscettibile di equivoci il comportamento vietato dalla norma erroneamente menzionata (Sezione 4^, n. 9666 del 19/02/1991 RV. 191203).

Le censure sulla ritenuta demanialità dell’area occupata dal ricorrente sono manifestamente infondate perchè collidono con la pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui la demanialità deriva dalle caratteristiche intrinseche del bene, e cioè da una situazione di fatto, sicchè, se esso è compreso nelle categorie previste dall’art. 28 c.n., e sia adibito a usi attinenti alla navigazione, rientra nel demanio marittimo, anche in mancanza di un esplicito atto di destinazione, come nel caso in esame in cui il manufatto, con l’area circostante, è stato posto direttamente su una scogliera che insiste sull’arenile con accesso diretto al mare.

Ai fini della configurabilità del reato di occupazione abusiva di spazio demaniale, l’appartenenza al demanio marittimo non deve necessariamente essere stabilita sulla base delle risultanze catastali ben potendo ricavarsi dall’esistenza di caratteristiche naturali di demanialità, atteso che la tassativa elencazione dei beni facenti parte del demanio marittimo, ex art. 822 c.c., comma 1, è una tassatività per tipi che consente l’applicazione della normativa dei beni pubblici anche a beni che presentino tutte le caratteristiche di quelli menzionati, e ciò in quanto l’essenza del demanio marittimo è la destinazione necessaria e funzionale del bene a servire ai pubblici usi del mare.

Nella specie, tale criterio è stato razionalmente seguito dal tribunale emergendo nettamente l’esistenza di caratteristiche naturali della demanialità dai riscontri documentali e dall’esame testimoniale da cui risulta il dato obiettivo costituito dall’accertamento della persistenza abusiva di manufatti su un’area demaniale marittima, sicchè non rilevano le contrarie considerazioni difensive sulla pretesa mancanza del requisito obiettivo dell’effettiva destinazione del bene alla pubblica funzione, di natura meramente fattuale e prive di uno specifico e puntuale riferimento alle caratteristiche della zona come descritte in sentenza, tese a ottenere l’inammissibile rivalutazione in sede di legittimità delle acquisizioni processuali.

Altri rilievi giurìdici sollevati in ricorso sono palesemente errati perchè:

– per l’art. 1161 c.n., è occupazione abusiva l’acquisizione o il mantenimento senza titolo del possesso dello spazio demaniale in modo corrispondente all’esercizio di un diritto reale di godimento (cfr.

Sezione 3^ n. 10960/1992, Baldini, Rv. 192198; n. 6314/1992, Papolini, RV.190.453);

– in tema di arbitraria occupazione del demanio marittimo, sono irrilevanti le ligure giuridiche dell’acquiescenza degli organi preposti alla sua tutela e del conseguente preteso consenso dell’avente diritto (Sezione 3^ n. 23214/2004 RV. 228806; n. 3747/1995, Coppola, RV. 204203);

– l’eventuale immemorabile possesso del suolo, da parte di privati in buona fede, in epoca anteriore all’entrata in vigore del codice della navigazione del 1942 (comunque non dimostrato nel caso in esame) non comporta implicitamente la perdita delle caratteristiche della demanialità;

– l’utilizzazione in area del demanio marittimo, senza specifico titolo di un’opera abusiva realizzata da terzi integra il reato di occupazione abusiva di spazio demaniale, quando il fruitore, pur non avendo realizzato l’opera stessa, ne abbia tuttavia l’autonoma disponibilità e l’abbia finalizzata al miglior godimento di una sua proprietà (Sezione 3^ n. 6313/1992, Guidobaldi, RV. 190452;

n.23777/2007 RV. 236884), sicchè è irrilevante la circostanza che le opere non sarebbero state realizzate dall’imputata o sarebbero esistenti da numerosi anni o sarebbero già state oggetto di precedenti giudizi penali;

– è irrilevante l’epoca in cui siano state eseguite le opere sulla zona appartenente al demanio marittimo, sicchè del reato deve essere chiamato a rispondere chi al momento dello accertamento ha la materiale disponibilità delle stesse, e ciò perchè il reato consiste non solo nella esecuzione delle opere ma anche nel mantenere la zona del demanio marittimo indisponibile, per effetto della detta esecuzione, agli usi cui è deputata, per cui la permanenza cessa solo con la rimozione delle opere ovvero con il conseguimento dell’autorizzazione (Sezione 3^ n. 4401/2000, Parisi, RV. 215.883).

Poichè il termine iniziale della prescrizione decorre dalla data della sentenza, il reato non è estinto.

Grava sul ricorrente l’onere delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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