T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 13-01-2011, n. 3

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza n. 37 del 4 marzo 2002, il dirigente dell’Area Vigilanza del Comune di Oristano ha ordinato al sig. Salis Stefano, titolare di esercizio pubblico di tipologia B, la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti, sul presupposto che – a seguito di visita ispettiva effettuata dalla polizia municipale in data 25 febbraio 2002 – nell’esercizio si svolgesse attività di ristorazione non conforme all’autorizzazione di tipo B rilasciata per l’esercizio.

2. – Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente nella qualità di titolare dell’azienda di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ubicata nel locale denominato "L.&.M."; e il sig. S.M.S., nella sua qualità di affittuario di detta azienda, impugnano l’ordinanza sopra richiamata, chiedendone l’annullamento per il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza assoluta dei presupposti, con riferimento alla disciplina delle autorizzazioni per gli esercizi pubblici prevista dalla legge 25 agosto 1991, n. 287, nonchè per la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 in relazione al difetto di motivazione e al difetto di istruttoria.

3. – Si è costituito in giudizio il Comune di Oristano, chiedendo che il ricorso sia respinto.

4. – Con ordinanza n. 248 del 21 maggio 2002, è stata accolta la domanda cautelare incidentalmente proposta dai ricorrenti ed è stata sospesa l’efficacia dell’ordinanza impugnata.

5. – All’udienza pubblica del 10 novembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione..

6. – Con il primo motivo i ricorrenti osservano come la distinzione prevista dall’art. 5 della legge n. 287/1991 cit., tra le autorizzazioni di cui alla tipologia A, relative agli esercizi di ristorazione; e quelle di cui alla tipologia B, che consentono la somministrazione (oltre che delle bevande) anche di prodotti di gastronomia, sia da individuare nella circostanza che solo nell’attività di ristorazione si procede alla cottura del cibo, con conseguente trasformazione delle materie prime utilizzate, nei locali dell’esercizio. Mentre per gli esercizi dell’altra tipologia, come nel caso di specie, sarebbero consentite attività di riscaldamento o comunque la preparazione di cibi precotti in vista della somministrazione. Nel caso di specie, dai verbali non emergerebbe la presenza di apparati necessari ai fini della cottura.

7. – Il motivo è fondato.

7.1. – Secondo la prevalente giurisprudenza, condivisa dal Collegio, (sia della Cassazione: cfr. Cass. civ., sez. I, 5 maggio 2006, n. 10393; che amministrativa: si vedano TAR Lazio, sez. II, 26 novembre 2004, n. 14141) la distinzione tra attività di ristorazione e attività di somministrazione di prodotti di gastronomia, posta dall’art. 5 cit, pur non sicura e quindi fonte di continue incertezze sul piano applicativo, viene ricondotta all’accertamento che la preparazione o, più precisamente, la cottura o la manipolazione dei cibi sia effettuata, o non, all’interno dei locali dedicati all’attività dell’esercizio pubblico, attraverso la predisposizione di idonea attrezzatura. Solo ove ricorra la prima alternativa si può parlare di attività di ristorazione, che ricade nell’ambito dell’autorizzazione per la tipologia A del citato art. 5 della legge n. 287/1991. Mentre nel caso in cui le pietanze siano predisposte in locali diversi o la manipolazione in loco sia costituita da operazioni di composizione dei piatti con materie prime che non debbono subire trasformazioni (cottura) o per le quali sia sufficiente il semplice riscaldamento prima del servizio al cliente, deve ritenersi integrata l’ipotesi della somministrazione di prodotti di gastronomia, consentita ai titolari di autorizzazione di tipo B (fatta salva la particolare ipotesi della predisposizione e somministrazione di piatti che richiedono complesse manipolazioni per le quali si impongono particolari requisiti di igiene dei locali e delle attrezzature utilizzate, circostanze che fanno optare per l’inquadramento di tali attività nell’ambito della ristorazione: si pensi alle portate di pesce crudo servite nei ristoranti che si ispirano alla cucina giapponese).

7.2. – Applicando tali principi al caso di specie, dal verbale di accertamento del 21 febbraio 2002, redatto dalla polizia municipale, risulta che al momento della visita ispettiva nella sala attigua al bar "erano seduti ai tavolini circa dieci clienti intenti a consumare… "bruschette" (fette di pane tipico abbrustolito), farcite di verdure cotte, pomodori, formaggio fuso servite in piatti in ceramica, insalata… pomodoro… mozzarella….".

Si deve rilevare come, in linea di fatto, nessuna delle pietanze somministrate in quell’occasione evidenzi di per sé un procedimento di trasformazione delle materie prime utilizzate per il quale fosse necessaria la cottura in loco, sembrando (dalla lettura della descrizione contenuta nel verbale) che a tal fine fosse sufficiente il semplice riscaldamento (anche, per esempio, con forno a microonde: in tal senso, condivisibilmente, si veda TAR Lazio, sez. II, 26 novembre 2004, n. 14141). Ne deriva che, secondo i principi enunciati, l’attività rilevata dagli agenti della P.M. era consentita sulla base dell’autorizzazione in possesso del ricorrente.

8. – Considerato che il motivo a base dell’accoglimento e del conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata realizza la piena tutela della situazione giuridica dei ricorrenti, si possono ritenere assorbite le ulteriori censure dedotte con il ricorso in esame.

9. – La disciplina delle spese giudiziali segue la soccombenza, nei termini indicati in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 37 del 4 marzo 2002, del dirigente dell’Area Vigilanza del Comune di Oristano.

Condanna il Comune di Oristano al pagamento delle spese giudiziali a favore dei ricorrenti, liquidate in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Aldo Ravalli, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Giorgio Manca, Primo Referendario, Estensore

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