Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 14-12-2011, n. 46337

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 5 novembre del 2010, confermava quella resa il 28 aprile del 2008 dal tribunale di Nola, con cui R.N.C. era stata condannata alla pena ritenuta di giustiziatale responsabile di abuso paesaggistico ed edilizio per avere in (OMISSIS), in zona vincolata, costruito un manufatto in sopraelevazione senza il nulla osta paesaggistico, senza il permesso di costruire e senza depositare prima dell’inizio dei lavori, gli atti progettuali presso lo sportello unico dell’edilizia, trattandosi di costruzione realizzata in zona sismica.

Fatti accertati il (OMISSIS).

Ricorre per cassazione l’imputata deducendo:

omessa motivazione sulla censure mosse con l’atto d’appello;

illegittimità della condizione della demolizione apposta al beneficio della sospensione condizionale della pena:

la prescrizione dei reati.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per la genericità dei motivi e comunque per la manifesta infondatezza degli stessi.

Il primo motivo è assolutamente generico perchè non si indicano le censure che la Corte avrebbe omesso di esaminare In ogni caso è manifestamente infondato perchè nell’atto d’appello la prevenuta si era limitata a sottolineare che mancava la prova della sua qualità di committente. Sul punto la sentenza impugnata ha indicato gli elementi in base ai quali alla R. era stata attribuita tale qualità. Tra l’altro si è sottolineato che la predetta era proprietaria dell’immobile oggetto della sopraelevazione, abitava al piano sottostante la sopraelevazione abusiva ed era presente sul posto al momento del sopralluogo.

Il secondo motivo è manifestamente infondato perchè i giudici del merito potevano legittimamente subordinare la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo, in quanto il relativo ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (Cass. Sez. unite n 714 del 1997; n. 4086 del 2000, n. 18304 del 2003; n. 38071 del 207).

La prescrizione eccepita con il ricorso è maturata dopo la sentenza impugnata, ma non può essere rilevata da questa corte perchè la manifesta infondatezza dei motivi, impedendo la regolare costituzione del rapporto processuale, preclude al giudice la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata, secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa corte con la sentenza n 22 del 2000, De Luca.

Dall’inammissibilità del ricorso discende l’obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.186 del 2000.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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