Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 14-12-2011, n. 46333 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 20 ottobre del 2010, in riforma di quella resa del tribunale della medesima città il 3 giugno del 2009, appellata dal pubblico ministero,ha condannato G.G. alla pena di mesi due e gg 15 di reclusione,quale responsabile dei reati di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. d) ed f), art. 2, perchè, utilizzando un fucile semiautomatico marca Berretta esercitava la caccia nel (OMISSIS), senza avere preventivamente accertato l’esatta delimitazione dello stesso.

In primo grado l’imputato era stato assolto per carenza dell’elemento psicologico ossia per la consapevolezza di esercitare la caccia all’interno di un Parco.

A fondamento della decisione la corte osservava che i parchi nazionali non necessitano della tabulazione perimetrale perchè è onere di chi esercita la caccia individuarne i confini, tanto più che essi sono delimitati con appositi provvedimenti completi di tutte le indicazioni topografiche.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo la violazione della norma incriminatrice ed illogicità della motivazione. Assume che la Corte non aveva tenuto conto della normativa regionale e precisamente della L. 13 agosto del 1998, n. 27, la quale all’art. 43, comma 1, ribadisce il divieto di caccia anche nei parchi nazionali, purchè tabellati. Tale normativa ha determinato nel prevenuto un’obiettiva incertezza sulla consapevolezza di trovarsi in un parco. D’altra parte, in casi analoghi, i giudici di merito del luogo hanno ritenuto la mancanza di tabulazione idonea a scriminare la condotta sotto il profilo dell’elemento psicologico.

All’odierna udienza il Procuratore generale ed il difensore hanno concluso rispettivamente per l’inammissibilità del ricorso e per l’accoglimento dello stesso.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato Secondo l’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 32021 del 2007;

conf. N. 4756 del 1998; n. 24786 del 2003; n. 5489 del 2005; n. 25825 del 2005; n. 616 del 2006) in tema di tutela delle aree protette, i parchi nazionali sono sottratti alla necessità di perimetrazione tabellare in quanto istituiti e delimitati con appositi provvedimenti, completi di tutte le indicazioni tecniche e topografiche necessarie per l’individuazione, la cui conoscenza è assicurata dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Ne consegue che non può considerarsi scusabile, a norma dell’art. 5 c.p., l’ignoranza colpevole circa l’esatta perimetrazione dell’area protetta, stante l’irrilevanza del difetto di perimetrazione tabellare.

D’altra parte l’assunto del ricorrente non è avallato dalla normativa regionale richiamata. Invero la L.R. Puglia 13 agosto del 1998, n. 27, art. 43, comma 1, dispone che: "E’ vietato a chiunque:

l’esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive nonchè sparare nelle zone comprese nel raggio di cento metri purchè opportunamente tabellate" Orbene appare palese che la tabellazione non riguarda i parchi pubblici o privati, i giardini, ecc ma le zone limitrofe le quali devono essere individuate mediante tabellazione. Il prevenuto non è stato sorpreso in una zona limitrofa ma in un parco nazionale.

L’inammissibilità del ricorso per la manifesta infondatezza del motivo, impedendo la regolare costituzione del rapporto processuale, preclude al giudice la possibilità di dichiarare la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata secondo l’orientamento delle Sezioni unite di questa Corte espresso con la sentenza n. 22 del 2000,De Luca Dall’inammissibilità del ricorso discende l’obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della cassa delle ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.186 del 2000.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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