T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 35

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente è titolare della concessione edilizia rilasciata dal Comune di Potenza in data 22 ottobre 1993, n. 15683 per la costruzione di un fabbricato rurale in Contrada "XXXXX" sull’immobile distinto in catasto al foglio XX part. XXX
Con ordinanza 14 novembre 1995, n. 20004, il Sindaco del Comune di Potenza disponeva la sospensione dei lavori e successivamente con ordinanza 9 gennaio 1995, n. 549 ordinava la demolizione delle opere costruite in totale difformità dal permesso di costruire, per aver realizzato al piano terra un manufatto avente una superficie, un volume ed un altezza maggiore rispetto al progetto approvato e per aver realizzato un piano non previsto di superficie pari a 85, 87 mq di m 3, 20 di altezza.
Con riferimento a tali opere in data 6 marzo 1995 era depositata presso il Comune di Potenza, da parte del figlio del ricorrente sig. A.D., istanza di condono ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Alla domanda di condono era allegato il bollettino di versamento della somma di lire 7.000.000 e una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, con la quale il sig. A.D., tra l’altro, descriveva le opere realizzate abusivamente nell’abitazione sita in Potenza alla Via C.da XXXs.1. consistenti in un "piano terra seminterrato" di 136 mq calpestabili.
In relazione al medesimo immobile e ai medesimi abusi edilizi in data 20 marzo 1995, perveniva presso il Comune di Potenza un’altra istanza (recante la data del 18 marzo 1995), questa volta, però, a firma del sig. F.D., odierno ricorrente, il quale chiedeva di beneficiare del condono edilizio di cui alla legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché della sanatoria prevista dall’art. 13 della legge n. 47 del 1985, specificando che l’oblazione, gli oneri di concessione e di urbanizzazione erano già stati pagati da suo figlio A.D..
Con provvedimento 17 luglio 1995, n. 13142, il Sindaco del Comune di Potenza respingeva la domanda di condono edilizio presentata dal Sig. A.D. in data 6 marzo 1995 e ciò in applicazione dell’art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che consentiva il rilascio del condono per le opere ultimate entro il 31 dicembre 1993; l’ente locale aveva accertato, infatti, che gli abusi in questione erano stati realizzati in data successiva, avendo riscontrato, in particolare, che le opere per le quali era stato richiesto il condono non risultavano ultimate, essendo l’edificio privo di copertura e di tompagnatura.
Respinta la domanda di condono, il Sindaco del Comune di Potenza con provvedimento 7 agosto 1995, n. 14597, a seguito di sopralluogo della polizia municipale, accertava l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione del 9 gennaio 1995, n. 549, disponendo che siffatto accertamento avrebbe costituito titolo per l’immissione in possesso dell’immobile.
Avverso il provvedimento di rigetto della domanda di condono edilizio, nonché avverso l’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione il sig. F.A.D. ha proposto ricorso notificato in data 13 ottobre 1995 e depositato in data 31 ottobre 1995, deducendo le seguenti censure:
1) violazione dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, poiché l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione non sarebbe stato preceduto dall’esame dell’istanza di condono del 18 marzo 1995 presentata dal ricorrente;
2) violazione dell’art. 31, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (come richiamato dall’art. 39 della legge 724/1994) poiché l’atto di rigetto della domanda di condono sarebbe destinata illegittimamente al figlio A.D., non legittimato ad attivare il procedimento di condono, non vantando alcun titolo sull’immobile e non avente conseguentemente alcun titolo nemmeno al rilascio della concessione edilizia a norma dell’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; il rigetto della domanda di condono si fonderebbe sul falso presupposto che l’immobile oggetto di condono non potrebbe essere considerato ultimato per mancanza delle tompagnature e sull’erroneo presupposto che le opere non sarebbero state ultimate entro il 31 dicembre 1993; invece, ad avviso del ricorrente, il primo piano sarebbe stato realizzato in conformità alla concessione edilizia del 22 ottobre 1993, n. 203, mentre il piano terra sarebbe stato interamente realizzato nel corso del 1993 e quindi avrebbe dovuto esser ritenuto sanabile;
4) violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, poiché l’amministrazione avrebbe potuto imporre, in luogo della sanzione della demolizione, la chiusura, mediante pareti in cemento armato, del piano terra, oggetto dell’istanza di condono che, in quanto costruito contro un terrapieno, costituiva in realtà un piano seminterrato.
Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Potenza, il quale con memoria depositata in data 21 novembre 1995 ha eccepito l’infondatezza dei primi tre motivi di ricorso e l’inammissibilità delle censure formulate con il quarto motivo di ricorso, in quanto rivolte contro l’ordinanza di demolizione, non oggetto di impugnativa e non più impugnabile per decorrenza del termine decadenziale.
Con ordinanza collegiale 22 novembre 1995, n. 441, la domanda cautelare è stata respinta.
Con atto depositato in data 16 luglio 2006 il sig. F.A.D. ha conferito mandato all’Avv. Luigi Petrone, costituitosi in sostituzione dell’Avv. Pietro Basile.
Il Comune ha peraltro eccepito, con memoria conclusiva del 15 novembre 2010, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva del sig. F.A.D. ad impugnare il rigetto dell’istanza di condono, non essendo egli il destinatario del provvedimento.
Con memoria conclusiva depositata in data 24 novembre 2010 il ricorrente afferma che l’amministrazione non avrebbe potuto adottare l’atto di accertamento di inottemperanza, assumendo a presupposto la pregressa ordinanza di demolizione n. 549/95, poiché questa era divenuta inefficace a seguito della presentazione della domanda di condono, né avrebbe potuto porre alla base dell’accertamento un sopralluogo effettuato in data 13 maggio 1995, prima del rigetto della domanda di condono.

Motivi della decisione

1.Il primo ed il secondo motivo di ricorso, attesa la loro stretta connessione logica possono essere trattati congiuntamente.
Il ricorrente lamenta che l’amministrazione non avrebbe esaminato la sua istanza di condono del 20 marzo 1995, mentre avrebbe illegittimamente emanato un provvedimento di rigetto dell’istanza di condono presentata da suo figlio A.D., il quale non era il soggetto legittimato a presentare l’istanza di sanatoria né tanto meno a ricevere il provvedimento di definizione del procedimento di sanatoria per le opere abusivamente realizzate su un immobile sul quale non vantava alcun titolo.
1.1.- Osserva al riguardo il Collegio che a norma dell’art. 31, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sono soggetti legittimati a richiedere la sanatoria e ad effettuare gli adempimenti relativi, non solo coloro che hanno titolo a richiedere il titolo abilitativo, ma anche, "salvo rivalsa nei confronti del proprietario, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima".
Nella fattispecie, in disparte quanto affermato dal ricorrente in ordine alla assenza in capo al sig. A.D. di alcun diritto sull’immobile in questione, il che è peraltro contrastante con la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dal sig. A.D. innanzi all’ufficiale dell’anagrafe del Comune di Potenza, nella quale, di contro, lo stesso attesta di essere proprietario dell’immobile di cui si discute ed in disparte l’ulteriore considerazione che il sig. A.D. avrebbe potuto essere considerato comunque legittimato alla presentazione della istanza di sanatoria quale soggetto interessato, ritiene il Collegio che il figlio del ricorrente ha operato nei confronti dell’amministrazione quale "falsus procurator", il cui operato è stato successivamente ratificato dall’odierno ricorrente con l’istanza del 20 marzo 1995.
In altre parole, l’atto con cui il sig. F.A.D. ha chiesto la sanatoria non è qualificabile come una nuova ed autonoma domanda di condono, ma quale ratifica implicita della domanda di condono precedentemente presentata a firma di suo figlio. E ciò è desumibile in modo inequivoco dalla manifestazione della volontà del ricorrente contenuta nell’istanza del 20 marzo 1995 di voler condonare le medesime opere oggetto della precedente domanda di condono presentata a firma del sig. A.D. e di voler beneficiare del pagamento dell’oblazione, degli oneri di concessione e di urbanizzazione, già effettuato da suo figlio A.D. unitamente alla istanza di sanatoria da lui presentata in data 6 marzo 1995.
Qualificata l’istanza del figlio del ricorrente quale atto giuridico compiuto da un "falsus procurator", poi ratificato dal soggetto legittimato, i primi due motivi di ricorso si appalesano infondati, in quanto l’odierno ricorrente, appropriandosi degli effetti dell’istanza di condono presentata da suo figlio, diveniva automaticamente, per effetto della ratifica, destinatario anche degli effetti del provvedimento di rigetto dell’istanza di condono emanato dal Comune. Non può quindi ravvisarsi, come sostenuto dal ricorrente, l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione per aver adottato il provvedimento di rigetto dell’istanza di condono nei confronti di un soggetto non legittimato a riceverla, poiché il Comune, al momento dell’adozione di tale provvedimento avvenuta in data 17 luglio 1995 era già a conoscenza della ratifica implicita dell’istanza di condono depositata presso il Comune in data 20 marzo 1995 da parte del sig. F.A.D. ovvero da parte del soggetto legittimato alla presentazione della domanda.
2.- Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente afferma che la realizzazione del piano terra oggetto della domanda di condono sarebbe stato ultimato entro la data del 31 dicembre 1993 e pertanto il provvedimento impugnato si fonderebbe sull’erroneo presupposto che le opere a quella data non fossero ultimate.
2.1.- Al riguardo, l’art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come integrato dall’art. 39 della legge. 23 dicembre 1994, n. 724, ammette al beneficio della sanatoria le opere realizzate in assenza o in difformità di titolo abilitativo, che risultino essere state ultimate entro la data del 31 dicembre 1993 (e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi.
Per quel che ci occupa, la nozione di "ultimazione" dell’immobile ai fini dell’applicazione della sanatoria edilizia deve essere in ogni caso tratta dalla formulazione dell’art. 31 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, che considera ultimati gli edifici per i quali sia completato il rustico ed eseguita la copertura.
L’esecuzione del cosiddetto "rustico" è riferita al completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali vanno annoverate le tompagnature esterne, che determinano l’isolamento dell’immobile dalle intemperie e configurano l’opera nella sua fondamentale volumetria. Ciò premesso, ai fini della sanatoria di abusi edilizi ai sensi dell’art. 31, l. 28 febbraio 1985 n. 47, per immobile completato (" rustico ") deve intendersi quello mancante solo delle finiture, ma necessariamente comprensivo delle tampognature esterne. Ne consegue, nella fattispecie, la corretta applicazione della norma sul condono da parte dell’amministrazione, la quale ha posto a fondamento del diniego dell’istanza di sanatoria il fatto che l’immobile non fosse stato ultimato entro la data del 31 dicembre 1993, poichè alla data del 31 dicembre 1993, non risultando realizzate a tale data né le tompagnature né la copertura dell’edificio. Tale circostanza, nonostante il contrario assunto del ricorrente, è provata dal verbale di polizia municipale 8 febbraio 1995, n. 206, avente valore di fede privilegiata, salvo querela di falso, nel quale è accertato che i lavori sull’immobile in questione erano stati realizzati nel 1994 e che negli anni precedenti erano stati realizzati "solo alcuni pilastri a piano terra".
Un" ulteriore conferma della circostanza della non avvenuta ultimazione dell’immobile entro la data del 31 dicembre 1993 è fornita dalle foto, versate in atti dal Comune resistente, relative al sopralluogo dell’8 novembre 1994, dalla quali emerge in modo chiaro ed inequivocabile che l’immobile era ancora privo delle tompagnature esterne.
In sintesi, l’assunto del ricorrente in ordine all’avvenuta ultimazione dell’immobile alla data del 31 dicembre 1993 è smentito dalla documentazione agli atti di causa.
3.- E’ infine da accogliere la eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune con riferimento al quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta che l’amministrazione avrebbe potuto imporre, in luogo della sanzione della demolizione, la chiusura completa del terrapieno contro il quale era stato costruito il piano terra, che, in realtà era da considerarsi come un piano seminterrato.
3.1.- Invero, rileva il Collegio, che tale doglianza è inammissibile, in quanto diretta a contestare la legittimità dell’ordinanza di demolizione, la quale non costituisce oggetto di impugnativa né, ad ogni modo, risulta essere stata impugnata entro il termine decadenziale di cui all’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
4.- Parimenti inammissibile è da ritenersi la censura proposta dal ricorrente, contenuta nella memoria conclusiva del 24 novembre 2010, ove si afferma che l’ordinanza di demolizione n. 549/95, a seguito della presentazione della domanda di condono, avrebbe dovuto essere ritenuta inefficace e pertanto l’amministrazione non avrebbe potuto adottare l’atto di accertamento di inottemperanza, ma avrebbe dovuto emettere una nuova ingiunzione di demolizione sulla base di nuovi accertamenti.
4.1.Ricorda, al riguardo, il Collegio che nel giudizio amministrativo sono inammissibili le censure dedotte in memoria, non notificata alla controparte, sia quando siano completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo, ma anche quando, pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto, introducano elementi nuovi, ovvero in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio, essendo affidato alla memoria difensiva il compito di mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame e non anche di ampliamento del "thema decidendum" (Consiglio Stato a. plen., 20 maggio 1980, n. 18; Consiglio Stato, sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5513; Consiglio Stato, sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5385).
Orbene, nella specie, la censura proposta dal ricorrente con memoria del 24 novembre 2010 introduce un motivo di illegittimità avverso il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, che si rivela del tutto nuovo, atteso che la deduzione dell’inefficacia dell’ordinanza di demolizione n. 549/95 che sarebbe scaturita dalla presentazione della domanda di sanatoria, è affermata per la prima volta, né risulta ricollegabile ad argomentazioni e censure espresse nel ricorso introduttivo.
5.- Alla luce di tutte le considerazioni svolte il ricorso in parte è rigettato ed in parte è dichiarato inammissibile.
6.- Le spese, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento di Euro 1000, 00 (mille/00) a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Ferone, Presidente FF
Giancarlo Pennetti, Consigliere
Paola Anna Gemma Di Cesare, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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