Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 14-12-2011, n. 46328 ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 5 marzo del 2010, in parziale riforma di quella pronunciata il 9 gennaio del 2009 dal tribunale della medesima città, dichiarava non doversi procedere nei confronti di M.A.M., in ordine alla contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) ascrittale, perchè la stessa si era estinta per prescrizione e, concesse le circostanze attenuanti generiche, determinava in mesi otto di reclusione la pena infintale per il residuo reato continuato di cui all’art. 483 c.p..

La prevenuta è stata ritenuta responsabile del delitto anzidetto per avere dichiarato il falso a pubblico ufficiale e più precisamente per avere, nella domande di definizione di illeciti edilizi, presentate il 19 aprile ed il 9 dicembre del 2004, falsamente affermato che le opere erano state ultimate entro il 31 marzo del 2003.

Fatto commesso il (OMISSIS).

Ricorre per cassazione l’imputata per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) la violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza di cui all’art. 521 c.p.p., in quanto, mentre nella contestazione si era affermato che la falsità era contenuta in un una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi della L. n. 15 del 1968, art. 4 ed allegata alla domanda di definizione dell’illecito edilizio, nella sentenza si era ritenuto invece che la falsità fosse contenuta nella stessa domanda di condono;

2) violazione dell’art. 483 c.p. per la non configurabilità del reato, in quanto la concessione edilizia in sanatoria costituisce un’autorizzazione amministrativa; di conseguenza, non essendo previsto dalla legge il reato di falsità ideologica del privato in autorizzazione amministrativa, non può porsi il problema della riconduzione in tale fattispecie delle false dichiarazioni contenute nella domanda di condono;

3) Omessa o illogicità della motivazione in ordine al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena nonostante lo stato d’incesuratezza della prevenuta: assume che il beneficio sarebbe stato negato con motivazione illogica per avere la corte fatto riferimento alla gravità e pluralità delle violazioni edilizie, mentre trattasi di una sola violazione peraltro non accertata a seguito della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

Con memoria aggiuntiva ha eccepito la prescrizione del delitto di cui all’art. 483 c.p. relativamente alla falsa dichiarazione presentata il 19 aprile del 2004.

All’odierna udienza il Procuratore generale ed il difensore hanno concluso chiedendo rispettivamente l’inammissibilità del ricorso e l’accoglimento dello stesso.
Motivi della decisione

Il ricorso è in parte fondato e va accolto per quanto di ragione.

Il reato commesso il (OMISSIS) risulta allo stato prescritto In proposito,premesso che in base alla novella L. n. 251 del 2005 il termine di prescrizione decorre anche per il reato continuato dal giorno della consumazione di ciascun reato e che tale disposizione più favorevole si applica alla fattispecie in base alla L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, ed alla sentenza della Corte Costituzionale n 323 del 2006, trattandosi di procedimento pendente in primo grado all’epoca dell’entrata in vigore della novella anzidetta, si rileva che, per il falso commesso il (OMISSIS), il termine prorogato di anni sette e mesi sei è spirato il 19 ottobre del 2011., non risultando cause di sospensione del corso della prescrizione.

Il ricorso, con riferimento al terzo motivo, non appare manifestamente infondato. Anzi tale motivo è fondato. Invero il Tribunale,nonostante lo stato d’incensuratezza della prevenuta, ha negato il beneficio della sospensione condizionale della pena perchè con le opere abusive persistevano gli effetti del reato. In realtà gli effetti del reato non persistevano perchè era stata disposta la demolizione del manufatto. L’omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena è stata specificamente censurata dalla ricorrente,la quale, tra l’altro, ha sottolineato l’incoerenza dell’affermazione del Tribunale. La Corte ha eluso la censura sostenendo che il beneficio veniva negato per la pluralità delle violazioni urbanistiche. In realtà trattasi di una sola violazione urbanistica dichiarata peraltro estinta per prescrizione dalla stessa Corte e, quindi, non accertata con sentenza passata in giudicato, Infondati sono invece gli altri due motivi.

Con riferimento al primo si rileva che non esiste alcuna sostanziale immutazione del fatto perchè alla prevenuta si era contestato di avere falsamente dichiarato in un atto destinato al pubblico ufficiale che i lavori edili erano stati ultimati entro il 31 marzo del 2003. Questo è il fatto storico contestato e per tale fatto è stata condannata. L’unica divergenza tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza consiste nella circostanza che nell’imputazione si era lasciato intendere che la dichiarazione falsa era allegata alla domanda di condono mentre nella sentenza si è precisato che essa era incorporata nella stessa domanda. Tale differenza non ha inciso però sul fatto storico e non ha in alcun modo leso il diritto di difesa non essendo stato modificato il fatto tipico della falsità in una dichiarazione diretta a pubblico ufficiale e destinata ad avere rilevanza probatoria. Secondo l’orientamento di questa Corte, per verificare la sussistenza della violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto e ritenuto in sentenza, non è sufficiente un mero confronto letterale ma occorre tenere conto della possibilità che l’imputato ha avuto in concreto di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto (per tutte Cass 14 giugno del 2004, Di Bartolo rv 229756). All’imputata non è stato impedito di difendersi dimostrando che quella dichiarazione in ordine alla data di ultimazione dei lavori non era falsa.

Infondato è anche il secondo motivo. Il reato di cui all’art. 483 c.p. è configurabile allorchè un soggetto attesti falsamente a pubblico ufficiale in un atto pubblico fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. In questo reato vengono in rilievo due dichiarazioni: quella del privato che attesta un fatto e quella del pubblico ufficiale che attesta di avere ricevuto la dichiarazione del privato. Ai fini della consumazione, trattandosi di reato di pericolo, non è richiesta la realizzazione di un danno. Il reato si consuma quindi al momento del rilascio della dichiarazione al pubblico ufficiale anche se l’iter procedimentale non sfoci in provvedimenti amministrativi. Secondo l’orientamento di questa corte è ipotizzabile il delitto in questione allorchè il richiedente una concessione edilizia o un’autorizzazione abbia prodotto a corredo della domanda planimetrie false,attestazioni non veridiche, ecc anche qualora il procedimento amministrativo non abbia avuto seguito (Cass 9 febbraio del 2006; n. 9527 del 2003; n. 34815 del 2001; n. 5122; n. 3762 del 2000).

Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al delitto di cui all’art. 483 c.p. commesso il (OMISSIS), perchè tale reato è ormai estinto per prescrizione, e con rinvio per la determinazione della pena relativa al residuo reato e per il riesame dell’istanza di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Nel resto il ricorso va respinto.
P.Q.M.

La Corte, letto l’art. 620 c.p.p..

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al delitto di cui all’art. 483 c.p. commesso il (OMISSIS), perchè estinto per prescrizione e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Roma per la rideterminazione della pena per il residuo reato. Annulla inoltre la sentenza impugnata limitatamente al diniego della sospensione condizionale della pena e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Roma per una nuova delibazione sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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