Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 14-12-2011, n. 46327

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza in data 26.1.2006 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Cassino del 18.10.2004, con la quale G.M. era stato condannato alla pena (sospesa) di mesi 4 di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il reato di cui agli artt. 56 e 624 bis c.p..

Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per cassazione il G. denunciando, con il primo motivo, là violazione di legge per la mancata vantazione, ai fini della imputabilità, della sentenza dichiarativa di inabilità n. 559/03. Con il secondo motivo denunciava la apoditticità della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità. La condotta del ricorrente, giustificata dalla patologia schizofrenica di cui è affetto, non configura l’ipotesi di reato contestato. Come riferito dalla persona offesa lauto non era chiusa a chiave ed all’interno era "tutto rovistato". L’imputato non intendeva in alcun modo sottrarre l’auto, come è attestato anche dal fatto che la proprietà in cui era custodito il veicolo era delimitata da recinzione e chiusa da un cancello. La condotta posta in essere non era quindi idonea a far conseguire la sottrazione del bene, essendo l’unica via d’uscita chiusa da un cancello che non era stato preventivamente forzato.

Con sentenza n. 2113 del 25.11.2008 la quarta sezione di questa Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto dell’imputato.

Il difensore del G. proponeva "ricorso in opposizione all’esecuzione" davanti al Tribunale di Cassino, denunciando la nullità, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c), della sentenza della Suprema Corte, stante l’omesso avviso di fissazione della pubblica udienza del 25.11.2008 al difensore di fiducia avv. Riccardo Di Vizio.

Il G.E, del Tribunale di Cassino, rilevato che i profili di invalidità segnalati non erano riconducibili nell’ambito del disposto di cui all’art. 670 c.p.p. (essendo il titolo esecutivo esistente e legittimamente emesso), ma apparivano piuttosto passibili emenda attraverso lo strumento di cui all’art. 625 bis c.p.p., qualificato il ricorso in opposizione quale ricorso straordinario per errore di fatto, ordinava trasmettersi gli atti a questa Corte.

Con sentenza del 29.10.2010 veniva revocata la sentenza, pronunciata dalla quarta sezione penale in data 25.11.2008, con rinvio per la trattazione in pubblica udienza del ricorso originario del G. avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 26.1.2006. 2) Il primo motivo è inammissibile, venendo il problema della capacità di intendere o di volere del prevenuto posto per la prima volta nel giudizio di legittimità. Con i motivi di appello, infatti, non era stata svolta alcuna deduzione in proposito. Nella sola premessa dell’atto di appello medesimo si faceva riferimento all’esistenza di un curatore dell’imputato e ad uno stato di inabilitazione del G.M., senza neppure allegare la sentenza di inabilitazione (ai sensi dell’art. 415 c.c. la dichiarazione di inabilitazione non necessariamente è collegata allo stato di salute mentale). Lo stato di inabilitazione, inoltre, veniva richiamato non ai fini di una insussistente o limitata capacità di intendere o di volere, ma solo a dimostrazione di una dedotta insufficienza di prova della penale responsabilità o per un più favorevole trattamento sanzionatorio. Per di più nel corso del dibattimento, sia di primo che di secondo grado, non erano emersi elementi rivelatori di condizioni di salute mentale tali da ingenerare il sospetto di una alterazione della capacità di intendere o di volere e, quindi, da richiedere i necessari approfondimenti.

In relazione al secondo motivo, rileva il Collegio che la Corte territoriale, a fronte dell’assoluta genericità dell’appello in terna di responsabilità (si lamentava che essa fosse stata affermata sulla base delle dichiarazioni di un solo teste), correttamente ha richiamato per relationem la sentenza di primo grado, nella quale si evidenziava che il teste medesimo aveva riferito di aver assistito al tentativo di furto posto in essere dall’imputato, che, vistosi scoperto, si era dato alla fuga, venendo però arrestato dai Carabinieri intervenuti immediatamente sul posto. Solo con il ricorso per cassazione vengono proposte specifiche deduzioni, che si risolvono peraltro nella prospettazione, non consentita nel giudizio di legittimità, di una diversa lettura delle risultanze processuali.

2.1) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

L’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare la prescrizione maturata successivamente alla data di emissione della sentenza impugnata.

Questa Corte, si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005-Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perchè contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art. 591 c.p.p., comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art. 606 c.p.p., comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante de precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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