Cass. civ. Sez. I, Sent., 06-07-2012, n. 11422 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sull’opposizione alla stima dell’indennità d’espropriazione di aree destinate a edilizia residenziale, proposta da N.E., N. G. e N.O., con sei distinti atti di citazione notificati il 29 settembre 2000 e il 18 giugno 2001, che impugnavano la indennità provvisoria e quella definitiva di cui al decreto di espropriazione dell’8 marzo 2001, nei confronti del Comune di Roma e del Consorzio di cooperative Cerqueta 1^ costituito per realizzare opere di urbanizzazione, la Corte d’appello di Roma, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Consorzio e affermata la natura inedificabile dei terreni acquisiti in zona agricola sottozona H2, ha accolto parzialmente la domanda e liquidato le indennità in complessivi Euro 21.108,59, con interessi legali dalla domanda del 18 giugno 2001, condannando gli opponenti alle spese nei confronti del consorzio e compensandole con il comune.

Considerato che il Consorzio non aveva mai agito quale mandatario senza rappresentanza del Comune, in favore del quale invece si erano espropriate le aree per concederle in superficie alle cooperative al fine di realizzare opere di edilizia residenziale agevolata, la Corte di merito ha affermato che il Consorzio, quale mero coordinatore della esecuzione delle opere di urbanizzazione, era estraneo all’attività espropriativa e quindi privo di legittimazione passiva nella causa.

Ritenuto applicabile la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, la Corte d’appello di Roma ha rilevato che il c.t.u. aveva ritenuto irrilevante la edificabilità di fatto data alle aree oggetto di ablazione, affermando che le stesse erano ancora urbanisticamente inedificabili, dovendosi negare la natura edificatoria per il Piano di zona B24 Cerquetta che le aveva destinate ad edilizia economica e residenziale, per essere stato il piano stesso annullato con sentenza del Tar del Lazio del 23 ottobre 1992 confermata da decisione del Consiglio di Stato del 15 marzo 1995. Escluso che il vincolo di inedificabilità di cui al piano regolatore del 1965 fosse venuto meno per il decorso del quinquennio dalla sua approvazione, la Corte di merito ne ha affermato la natura agricola, liquidando le indennità di espropriazione per N.E. in Euro 7.783,96, per N.G., in Euro 8974,4 e per N.O. in 832,00 e quelle di occupazione legittima rispettivamente in Euro 906,35, in Euro 951,77 e in 96,87 e pervenendo alla indennità complessiva già richiamata, con la rivalutazione dalla data del loro accertamento nel 1997 all’8 marzo 2001, data del decreto di espropriazione, fissata nella misura dell’8%.

Per la cassazione della sentenza che precede, notificata il 12 dicembre 2005 dal Comune di Roma ad N.E., O. e G., questi ultimi hanno proposto ricorso di due motivi, notificato il 31 gennaio 2006 e illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resistono il Comune Roma e il Consorzio Cerquetta 1^, con distinti controricorsi, notificati rispettivamente il 9 e il 13 marzo 2006.
Motivi della decisione

1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 91, 112 e 113 c.p.c., per difetto di motivazione, comunque perplessa e contraddittoria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.ri 3, 4 e 5.

La sentenza esclude la legittimazione passiva del Consorzio, quale coordinatore delle attività di costruzione delle opere di urbanizzazione del piano di edilizia residenziale, per essere lo stesso estraneo all’attività ablatoria del Comune, che ha acquisito le aree per darle in concessione alle cooperative per realizzare gli edifici destinati ad abitazioni.

L’esame dei documenti in atti, ad avviso dei ricorrenti, prova che il Consorzio non è stato estraneo alla procedura espropriativa, diversamente da quanto si afferma nella sentenza, come può desumersi: a) dalla Delib. G.M. Comune Roma n. 353 del 1996, che statuiva: "Le indennità di esproprio e di occupazione relative al presente provvedimento… sono a carico delle cooperative edilizie concessionarie delle aree"; b) dalla Delib. n. 3454 del 1997 del Comune di Roma, che prevedeva espressamente che "l’indennità di esproprio calcolata per complessivi mq. 108.874 al costo di L. 26392 a mq… resta a carico degli operatori concessionari delle aree"; c) dal fatto che, nel verbale d’immissione in possesso del 10.4.1996 per l’occupazione ai fini dell’esproprio, si dichiara presente l’ing. C.F. "per conto del Consorzio Cerquetta 1".

Su tali dati, risultanti dalla documentazione prodotta, è omessa ogni motivazione dalla Corte d’appello, che non ha considerato che i concessionari, prima singolarmente e poi nel Consorzio da loro costituito, erano i soggetti tenuti a pagare le indennità, tanto che lo stesso soggetto era stato interessato a contestarne la misura troppo elevata, non risultando che l’ente locale avesse in bilancio le somme necessarie a far fronte a nuove liquidazioni delle indennità di espropriazione per le opposizioni alla stima dei proprietari.

Non risulta che il Consorzio abbia dato notizia agli espropriati della sua estraneità alla procedura ablatoria e, nonostante tale inerzia idonea a indurre in errore, i ricorrenti sono stati condannati nel merito a corrispondere le spese di causa sostenute dal Consorzio, in un contesto nel quale, per la natura della controversia, si sono invece compensate le spese tra gli attori e il comune, nonostante la soccombenza di quest’ultimo.

Si chiede, quindi, in riforma della sentenza di dichiarare legittimato anche il Consorzio e di condannare questo con il Comune di Roma a versare le dovute indennità e le spese di causa per la regola della soccombenza.

1.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, convertito nella L. 8 agosto 1992, n. 359, degli artt. 3, 24 e 97 Cost. e degli artt. 112, 113 e 116 c.p.c., oltre che della L. 22 ottobre 1972, n. 865, art. 20, anche per carenze e difetti motivazionali e per errores in procedendo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

La sentenza determina l’indennità con il criterio della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e rileva che il c.t.u. ha valutato le aree, considerando la loro edificabilità di fatto come chiesto dagli attori, e riferendo la valutazione all’anno dell’occupazione cioè al 1997 invece che al marzo del 2001, epoca dell’espropriazione.

Il c.t.u., le cui conclusioni sono citate in sentenza, afferma che le aree in questione non sono "in fatto" edificabili e da ciò la Corte di merito desume che la valutazione di esse in diritto dovesse operarsi in base ai valori agricoli medi delle aree occupate e ai sensi della L. n. 865 del 1971.

Pur avendo il consulente escluso la edificabilità delle aree, egli le ha poi valutate anche come edificabili per essere inserite nel Piano di zona B24 "Cerquetta", rilevando l’approvazione del piano stesso come variante al P.R.G. del 1965, da ritenere adottata con Delib. G.M. n. 3832 del 1989.

La classificazione dell’aree in zona H, sottozona H2, non si è invece accertata, non risultando in atti il relativo certificato di destinazione urbanistica, tanto che il c.t.u., con il valore agricolo, ne ha determinato anche quello come area edificabile, essendosi accertato, nella consulenza, il dato che le aree erano state oggetto del Piano B24 Cerquetta, risultando dalla relazione che "in data 1.12.1987, con delibera di giunta della Regione Lazio n. 7387, venne approvato il P.E.E.P. con valore di variante al P.R.G.", per cui una parte dei terreni occupati rientrava nel piano esecutivo di zona B24 Cerquetta, adottato con Delib. G.M. n. 3832 del 1989, rientrando quindi nel perimetro di detto piano di zona.

L’ autocertificazione del consulente tecnico di parte invece attestava che la maggior parte delle superfici degli S. ricadeva nel perimetro della quinta variante integrativa al II Piano per l’edilizia economica e popolare (del n. 7387 del 1987 della G.R.) relativa al Piano di zona B24, nuovamente adottato con delibera del consiglio comunale n. 176 del 3 agosto 1995 non ancora approvata, e ricadeva quindi solo in minima parte, in zona H2.

L’attestazione che precede smentisce la destinazione agricola delle aree, essendosi la stessa mutata nel 1995, cioè prima della vicenda ablatoria.

I ricorrenti chiedono che, riconosciuta la natura edificabile del suolo espropriato a decorrere dal 20 dicembre 1995, si liquidi l’indennità in base ad essa e ai valori delle aree alla data del decreto di espropriazione del 2 marzo 2001.

Lo stesso ufficio espropri del Comune di Roma ha del resto comunicato, a dicembre 2004 e gennaio 2005, l’indennità definitiva di espropriazione ai ricorrenti, come liquidata dalla Commissione provinciale espropri, sulla base della natura edificabile dei terreni in Euro 121.000 a mq.

La mancata considerazione degli elementi che precedono e la decisione della Corte di merito non fondata su valido certificato urbanistico costituiscono errores in procedendo per i quali la sentenza di merito deve annullarsi.

Inoltre nessun rilievo si è dato alla natura pertinenziale delle aree espropriate a servizio di fabbricati esistenti, per accertarne il valore ed è stata errata la omessa considerazione dell’espropriazione come "parziale", con conseguente determinazione dell’indennità nella differenza tra il valore delle aree prima e dopo l’ablazione sulla quale la Corte d’appello esclude la propria competenza, affermando che la domanda formulata relativamente a tale perdita era stata proposta solo come di risarcimento danni.

2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Esattamente sì è rilevato dalla Corte d’appello che unico legittimato passivo nell’opposizione alla stima delle indennità di espropriazione di aree da destinare ad edilizia residenziale convenzionata o agevolata è il Comune, considerato ente espropriante come tale tenuto a corrispondere dette indennità e ad acquisire i suoli da concedere in superficie o trasferire in proprietà alle cooperative concessionarie (da ultimo, tra altre, Cass. 20 giugno 2011 n. 13456 e ivi i numerosi precedenti).

Pertanto il Consorzio di cooperative costituito per la costruzione delle opere di urbanizzazione non è legittimato passivo nell’azione di determinazione della indennità, potendo l’ente locale rifarsi sulle concessionarie e, se tale, anche su detto Consorzio, per quanto anticipato da esso con il pagamento delle indennità stesse.

La corretta esclusione della legittimazione passiva del Consorzio nella presente causa, comporta la conferma della disciplina delle spese tra gli opponenti e il soggetto non legittimato che, per la soccombenza, sono state correttamente poste a carico dei primi, essendo invece inammissibili le censure sulla compensazione tra i ricorrenti e l’espropriante, giustificata per la natura della causa, e che comunque è da considerare irrilevante a causa dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso di cui al successivo paragrafo della decisione, che comporta il rinvio della causa per un nuovo giudizio di merito, con necessario assorbimento, per tale profilo delle spese, del primo motivo di ricorso.

2.2. Il secondo motivo di ricorso è parzialmente fondato, non essendo autosufficiente nella censura relativa all’affermazione della Corte che la perdita subita per la sola parziale espropriazione del terreno oggetto della procedura sia stata richiesta a titolo di risarcimento del danno, come afferma la Corte di merito.

Privo di autosufficienza è anche il profilo del ricorso relativo al rilievo speciale che avrebbe, nella fattispecie, la natura pertinenziale di una parte delle aree espropriate rispetto a fabbricati esistenti, senza neppure precisare se questi siano quelli edificati per la destinazione ad edilizia residenziale della zona ovvero altre preesistenti costruzioni.

Risulta incontestato che l’area oggetto di esproprio ricade nella 5^ Variante integrativa al 2^ Piano di edilizia economica e popolare di Roma, nel cui ambito si inserisce il Piano di zona B24 "Cerquetta", destinato a dare esecuzione alle previsioni dello strumento urbanistico generale che precede, adottato con Delib. consiglio comunale 3 agosto 1995, n. 176, non approvato secondo quanto afferma il c.t.u. nella sua relazione. Alla data del decreto di esproprio dell’8 marzo 2001, alla quale andava determinata la indennità, le aree erano da ritenere "conformate" dallo strumento urbanistico generale citato (Cass. ord. 10 giugno 2011 n. 12850 e Cass. 22 novembre 2010 n. 23584), anche in mancanza della approvazione del Piano di zona attuativo, che sicuramente non è tra quelli annullati nel 1992, in quanto adottato da delibera successiva del Consiglio comunale n. 176 del 3 agosto 1995 (Cass. 5 settembre 2008 n. 22421).

3. In conclusione, il primo motivo di ricorso è infondato e deve rigettarsi, con definizione della controversia tra i ricorrenti e il Consorzio ed equa compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra tali parti, restando assorbita la censura sulla disciplina delle spese tra gli stessi ricorrenti e il Comune di Roma dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

In rapporto al motivo accolto, la sentenza di merito deve essere cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma che in sede di rinvio si uniformerà ai principi enunciati e provvedere anche sulle spese del presente giudizio di cassazione tra i ricorrenti e il Comune di Roma.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso nei confronti del Consorzio Cerquetta 1 e compensa tra detta parte e i ricorrenti le spese del giudizio di cassazione; accoglie per quanto di ragione il secondo motivo di ricorso e, in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per la prosecuzione del giudizio tra i ricorrenti e il Comune di Roma alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione perchè provveda anche a regolare le spese tra tali parti nel presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2012

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