T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-01-2011, n. 170

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto notificato in data 4 dicembre 2009 e depositato in data 23 dicembre 2009 il ricorrente, ha impugnato il decreto della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia in data 25 settembre 2009, con il quale è stato annullato il provvedimento del Comune di Vico Equense n. 177 del 24 luglio 2009, con cui è stato rilasciato, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, il nulla osta ambientale ai fini della sanatoria relativa al corpo di fabbrica abusivo in epigrafe indicato.

In punto di fatto il ricorrente espone che: a) nel corso dell’istruttoria relativa alla domanda di condono edilizio di cui trattasi il Comune di Vico Equense ha richiesto numerose integrazioni documentali e, in occasione dell’ultima integrazione, è stato trasmesso all’Amministrazione comunale un progetto di riqualificazione del manufatto da condonare; b) all’esito dell’istruttoria il Comune di Vico Equense con decreto n. 41 del 26 febbraio 2009 ha assentito, su conforme parere espresso dalla C.E.C.I. nella seduta del 20 gennaio 2009, la sanatoria ediliziaambientale dell’abuso; tuttavia la Soprintendenza con decreto in data 21 aprile 2009 ha annullato tale provvedimento di sanatoria; c) a seguito dell’istanza di riesame presentata in data 3 giugno 2009, il Comune di Vico Equense, con decreto n. 177 del 24 luglio 2009, ha nuovamente assentito la sanatoria dell’abuso di cui trattasi, richiamando il parere favorevole espresso dalla C.E.C.I. nella seduta del 18 giugno 2009, che risulta così motivato: "La Commissione, riallacciandosi al proprio parere favorevole già espresso in precedenza, in quanto nella procedura seguita si è osservato quanto dettato dal Protocollo d’Intesa tra Soprintendenza e Regione Campania,… precisa che le opere chieste in condono di cui alla legge 724/94, così come dalla domanda iniziale, debbono essere valutate nella loro interezza, in quanto funzionali all’attività produttiva ivi condotta e di interesse pubblico, e non come semplicistica superfetazione facilmente scindibile dal complesso principale. Alla luce di tali considerazioni questa Commissione riteneva e ritiene la pratica procedibile sotto l’aspetto urbanistico / ambientale per consistenza volumetrica, in quanto le opere chieste in condono non vanno ad occludere vedute panoramiche e quinte sceniche particolari; d’altro canto, ai fini della compatibilità relativamente ai materiali ed alla omogeneità con le linee architettoniche del fabbricato principale, valutava il progetto di riqualificazione trasmesso, in ottemperanza al Protocollo d’Intesa prima citato, come accoglibile sotto questi ultimi aspetti".

Ciononostante, la Soprintendenza con l’impugnato decreto ha annullato anche la nuova sanatoria, evidenziando in motivazione quanto segue: "L’intervento ricade in Zona Territoriale 4 (Riqualificazione insediativa e ambientale di I grado) del P.U.T. e in zona territoriale OH 1.2. (Ristorazione) dl P.R.G. attuativo del P.U.T.. Trattasi di riesame per la sanatoria edilizia L. 724/94 di una struttura con destinazione a ristorazione, in ampliamento ad un fabbricato realizzato C.E. 285/77, avente dimensioni di mq 133,58 e non 32,39. Si evidenzia che il precedente provvedimento del Comune n. 41 del 26/2/2009, relativo alla medesima opera, è stato oggetto di annullamento con decreto soprintendentizio del 21/4/2009, trasmesso in pari data con protocollo n. 6576. Il provvedimento comunale in esame si fonda sulla conformità del "progetto di riqualificazione" alle disposizioni del Protocollo d’Intesa del 25.7.2001 tra questa Soprintendenza e la Regione Campania in materia di abusivismo edilizio. Tale valutazione è fondata, però, su una parziale lettura della norma che nei "Criteri generali per la valutazione della compatibilità paesistica delle opere abusive" esclude espressamente dalla sanatoria le opere che per materiali e tipologia edilizia, ovvero per connotazione di precarietà strutturale ed esecutiva, come nel caso di specie, risultano ampliamento o modificazione in contrasto con l’organismo originario".

Di tale decreto il ricorrente chiede, quindi, l’annullamento deducendo i seguenti motivi.

I) Violazione e falsa dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004, nonché dell’art. del medesimo decreto legislativo e dell’art. 32 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e carenza di istruttoria. Innanzi tutto il ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe viziato per contraddittorietà e difetto di istruttoria perché la Soprintendenza, a fronte della medesima situazione di fatto, ha motivato la decisione assunta con il decreto in data 21 aprile 2009 assimilando l’ampliamento da condonare ad una superfetazione, mentre nel provvedimento impugnato si fa riferimento ad "una parziale lettura della norma che nei "Criteri generali per la valutazione della compatibilità paesistica delle opere abusive" esclude espressamente dalla sanatoria le opere che per materiali e tipologia edilizia, ovvero per connotazione di precarietà strutturale ed esecutiva, come nel caso di specie, risultano ampliamento o modificazione in contrasto con l’organismo originario", senza considerare che l’ampliamento di cui trattasi non risulta affatto precario dal punto di vista strutturale, come dimostra il fatto che insiste in loco da circa un ventennio e non ha mai subito danni strutturali. Inoltre il ricorrente deduce che – avendo la Commissione edilizia comunale integrata ampiamente valutato la compatibilità ambientale dell’intervento anche in relazione ai materiali ed alla omogeneità con le linee architettoniche del fabbricato principale – la Soprintendenza, invece di svolgere il prescritto controllo di legittimità, avrebbe effettuato un inammissibile riesame nel merito delle valutazioni tecnicodiscrezionali riservate all’Amministrazione comunale.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, nonché della legge regionale n. 35/1987 e del P.R.G. del Comune di Vico Equense; eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria. Secondo il ricorrente il provvedimento impugnato sarebbe viziato per difetto di istruttoria non solo perché l’ampliamento di cui trattasi non risulta affatto precario, ma anche perché la Soprintendenza non avrebbe tenuto conto della peculiare destinazione della zona in cui ricade l’area su cui è stato realizzato l’intervento.

III) Violazione e falsa applicazione del Protocollo d’Intesa RegioneSoprintendenza del 25 luglio 2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione. Il ricorrente si duole del fatto che la Soprintendenza – in violazione dell’art. 3, comma 2, del predetto Protocollo d’Intesa – non abbia concretamente indicato le circostanze dalle quali avrebbe dedotto che l’opera da sanare sia precaria, per modalità di esecuzione o per la struttura stessa, o addirittura in contrasto con l’organismo edilizio originario.

2. L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio in data 4 gennaio 2010 per resistere al ricorso.

3. Con ordinanza n. 132 in data 14 gennaio 2010 questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, evidenziando in motivazione che – a fronte della articolata motivazione del parere favorevole espresso dalla C.E.C.I. – il provvedimento impugnato, lungi dall’evidenziare un vizio di legittimità che inficia il procedimento e le valutazioni svolte dall’Amministrazione comunale, si traduce in un’inammissibile sovrapposizione del giudizio della Soprintendenza sulla compatibilità paesistica delle opere al giudizio espresso nel provvedimento di sanatoria.

4. Con memoria depositata in data 7 giugno 2010 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del presente gravame.

Anche l’Amministrazione intimata in data 28 luglio 2010 ha depositato una relazione, con la quale ha insistito per la reiezione del gravame evidenziando, tra l’altro, che la Commissione edilizia comunale integrata ha motivato la compatibilità paesaggistica delle opere di cui trattasi con formule stereotipe e "non ha espresso alcuna valutazione in merito alla qualità e alle caratteristiche dell’opera esistente, ma ha operato l’esame della compatibilità sulla scorta del progetto di "riqualificazione" presentato dal ricorrente che, in sostanza, si concretizza in un abbattimento di quanto realizzato abusivamente e nella completa ricostruzione, con materiali e tipologia del tutto differenti, della struttura abusiva".

5. Alla pubblica udienza del 9 dicembre 2010 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il presente gravame – avente ad oggetto il decreto della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia in data 4 ottobre 2006, con il quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 134 in data 11 maggio 2006, rilasciata dal Comune di Vico Equense ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, nell’ambito del procedimento per la sanatoria di un intervento abusivo di manutenzione ed ampliamento relativo al fabbricato in epigrafe indicato – risulta fondato per le seguenti ragioni.

Innanzi tutto il Collegio, in punto di fatto, osserva che la presentazione del progetto di riqualificazione relativo al manufatto abusivo in questione – secondo la prospettazione del ricorrente – non è frutto di una iniziativa del ricorrente stesso, ma consegue alle richieste di integrazione documentale formulate dall’Amministrazione comunale (sul punto non vi è comunque contestazione da parte dell’Amministrazione resistente), e che proprio grazie alla presentazione di tale progetto la Commissione edilizia comunale integrata nella seduta del 18 giugno 2009 ha confermato il parere favorevole al condono già in precedenza espresso, perché "relativamente ai materiali ed alla omogeneità con le linee architettoniche del fabbricato principale, valutava il progetto di riqualificazione trasmesso, in ottemperanza al Protocollo d’Intesa prima citato, come accoglibile".

Inoltre, in punto di diritto, si deve rammentare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 19 febbraio 2009, n. 958), puntualmente richiamato dalla ricorrente, il potere di annullamento dell’autorizzazione paesistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnicodiscrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità. Infatti tale potere è da intendersi quale espressione non già di un generale riesame nel merito della valutazione dell’Ente locale, bensì di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più generale potere di vigilanza, che il Legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate ai Comuni in materia di gestione del vincolo, fermo restando che il controllo di legittimità può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (in tal senso anche Corte Cost., 7 novembre 2007, n. 367).

Ne consegue, secondo la giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 8 giugno 2007, n. 6052; 21 maggio 2007, n. 5494), che, mentre la Soprintendenza nell’esercizio dei suoi poteri di controllo può solo verificare la legittimità delle autorizzazioni paesistiche, e quindi non può spingersi al punto di imporre prescrizioni o suggerire modifiche progettuali, di converso l’Amministrazione comunale, quale soggetto cui compete la valutazione della compatibilità paesistica degli interventi edilizi, può ben subordinare il rilascio dell’autorizzazione paesistica all’esecuzione di modifiche progettuali finalizzate a mitigare l’impatto ambientale dell’intervento abusivo.

Tali principi – come già posto in rilievo da questa Sezione in altre occasioni (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 17 luglio 2008, n. 8937; 4 maggio 2009, n. 2282) – sono stati correttamente recepiti nel Protocollo d’Intesa per il coordinamento delle funzioni in materia di sanatoria degli interventi edilizi realizzati in aree soggette al vincolo paesaggisticoambientale nella Provincia di Napoli, sottoscritto dalla Soprintendenza e dalla Regione Campania in data 25 luglio 2001.

In particolare giova evidenziare che: a) nelle premesse del predetto protocollo d’intesa è stato evidenziato "che nella materia dell’abusivismo edilizio è interesse della Soprintendenza… che la sanabilità degli interventi abusivi realizzati nelle aree sottoposte a vincolo paesaggisticoambientale sia subordinata all’esecuzione di opere di riqualificazione ritenute idonee a consentire e/o migliorare l’inserimento dei manufatti abusivi nei contesti tutelati…"; b) all’articolo 1, comma 1, del medesimo protocollo d’intesa è stato stabilito che "il rilascio della concessione edilizia in sanatoria delle opere eseguite su aree sottoposte a vicolo paesaggisticoambientale è subordinato alla presentazione all’Amministrazione comunale, su richiesta di quest’ultima e laddove sia ritenuto necessario, di un progetto di completamento e/o riqualificazione dell’intervento abusivo"; c) nel successivo comma 2 è stato precisato che "il progetto di cui al comma 1 dovrà essere conforme alle direttive e prescrizioni tecniche contenute nell’allegato al presente Protocollo, definite dalla Soprintendenza d’intesa con la Regione, mediante l’individuazione di criteri omogenei rapportati agli specifici valori paesaggisticoambientali delle aree sottoposte a vincolo"; d) nei "criteri generali per la valutazione della compatibilità paesistica delle opere abusive", previsti dall’allegato al Protocollo d’intesa, è specificato che "indipendentemente dalle caratteristiche geomorfologiche delle aree in cui ricadono le opere abusivamente realizzate, la valutazione di ogni singolo caso dovrà accertare che le stesse… non costituiscano organismo in contrasto, per materiali, tipologia edilizia, ovvero per connotazione di precarietà strutturale ed esecutiva, con le caratteristiche ambientali e paesaggistiche del contesto, ovvero con le connotazioni specifiche della preesistenza di cui risultino eventuale ampliamento e/o modificazione"; e) nel medesimo allegato al Protocollo d’intesa è specificato altresì, con particolare riferimento agli "interventi per il completamento, la mitigazione e il miglioramento delle opere abusive", che "per il miglior inserimento delle opere abusive nel contesto ambientale, paesistico e naturale, al fine della riqualificazione dei manufatti abusivi", è prevista la possibilità di imporre "un insieme sistematico di opere atte a riqualificarne l’aspetto esteriore", ivi compresa la sostituzione degli intonaci, dei rivestimenti, delle coperture e delle opere di finitura in genere, laddove quelle esistenti "risultino incongrue con i caratteri architettonici ricorrenti ed i materiali tradizionalmente impiegati nell’architettura locale e/o nella zona di intervento".

2. Poste tali premesse il primo motivo di ricorso risulta fondato, in base alle seguenti considerazioni.

Innanzi tutto – come correttamente evidenziato dal ricorrente – il semplice fatto che l’ampliamento oggetto della domanda di condono sia utilizzato da oltre venti anni per l’attività di ristorazione (circostanza questa non oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione resistente), di per sé, vale ad escludere che si tratti di un manufatto precario.

Inoltre non è condivisibile la tesi della Soprintendenza secondo la quale il giudizio di compatibilità ambientale espresso dall’Amministrazione comunale si fonderebbe "su una parziale lettura" del suddetto Protocollo d’Intesa "che nei "Criteri generali per la valutazione della compatibilità paesistica delle opere abusive" esclude espressamente dalla sanatoria le opere che per materiali e tipologia edilizia, ovvero per connotazione di precarietà strutturale ed esecutiva, come nel caso di specie, risultano ampliamento o modificazione in contrasto con l’organismo originario".

Infatti – premesso che tali considerazioni risultano ulteriormente sviluppate dalla Soprintendenza nella relazione depositata in data 28 luglio 2010, ove è stato posto in rilievo che l’Amministrazione comunale "ha operato l’esame della compatibilità sulla scorta del progetto di "riqualificazione" presentato dal ricorrente che, in sostanza, si concretizza in un abbattimento di quanto realizzato abusivamente e nella completa ricostruzione, con materiali e tipologia del tutto differenti, della struttura abusiva", il Collegio ritiene che sia piuttosto imputabile alla Soprintendenza una lettura parziale della disciplina posta dall’allegato tecnico al Protocollo d’intesa, perché tale disciplina – come già evidenziato in precedenza – prevede anche la possibilità di imporre "un insieme sistematico di opere atte a riqualificarne l’aspetto esteriore", ivi compresa la sostituzione degli intonaci, dei rivestimenti e delle coperture. Pertanto il progetto di riqualificazione presentato dal ricorrente, a ben vedere, non determina un "modificazione in contrasto con l’organismo originario" vietata dal suddetto Protocollo d’Intesa, sia perché il Protocollo d’Intesa prevede espressamente la possibilità di prescrivere l’esecuzione di un insieme sistematico di opere, sia perché il progetto de quo comporta solo la sostituzione di elementi preesistenti in modo da realizzare il miglior inserimento del manufatto abusivo nel contesto paesistico circostante.

Ne consegue che la tesi della Soprintendenza – secondo la quale, nella sostanza, l’ampliamento abusivo di cui trattasi non costituisce (come invece affermato dalla Commissione edilizia comunale integrata) un manufatto stabile, non facilmente scindibile dall’edificio principale a cui accede (in quanto funzionale all’attività produttiva condotta nell’edificio principale) e, nel contempo, richiedente un intervento di riqualificazione atto a realizzare il suo miglior inserimento nel contesto circostante, bensì un manufatto precario, costituente una superfetazione (si veda al riguardo la motivazione posta a fondamento del decreto con il quale è stato annullato il primo provvedimento di compatibilità paesaggistica adottato dal Comune di Vico Equense) e quindi destinato a produrre, per effetto dell’intervento di riqualificazione proposto dal ricorrente, una "modificazione in contrasto con l’organismo originario" – oltre a costituire il frutto di un difetto di istruttoria, si traduce in un inammissibile riesame nel merito delle valutazioni tecnicodiscrezionali svolte dall’Amministrazione comunale in ordine alla compatibilità ambientale del manufatto abusivo.

3. Stante quanto precede, il ricorso in esame deve essere accolto, con conseguente annullamento del decreto della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia in data 25 settembre 2009 e assorbimento delle restanti censure.

Le spese di giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7351/2009 lo accoglie e, per l’effetto, annulla il decreto della Soprintendenza per i beni architettonici e Paesaggistici per Napoli e Provincia, in data 25 settembre 2009.

Condanna il Ministero per i beni e le attività culturali al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di giudizio, che si quantificano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Primo Referendario

Carlo Polidori, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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