Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2011) 14-12-2011, n. 46494 Edilizia e urbanistica; Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 17 giugno 2000 il Tribunale di Cosenza ha respinto la richiesta di riesame avanzata da M.G. e M.N. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Paola, concernente alcune opere edilizie eseguite in violazione della disciplina urbanistica. Tale ordinanza è stata annullata con rinvio dalla terza sezione di questa Suprema Corte.

La Corte ha ritenuto che la valutazione inerente al fumus del reato urbanistico ipotizzato è incompleta. Il Tribunale ha infatti escluso che il venir meno dei vincolo espropriativo restituisse all’area la originaria destinazione di zona, dovendosi invece qualificare l’area come zona bianca, applicando le relative disposizioni. Tuttavia, alla luce delle deduzioni difensive che rivendicano la piena legittimità degli interventi eseguiti in quanto assentiti in forza di valido titolo abitativo e la erronea qualificazione dell’area come zona bianca, occorrono ulteriori approfondimenti concernenti la verifica della correttezza del procedimento amministrativo di rilascio dei permessi di costruire mediante l’esame dei singoli atti adottati dalla pubblica amministrazione, nonchè l’analisi dei contenuti dello strumento urbanistico, della variante adottata e della convenzione di lottizzazione.

Nuovamente decidendo il Tribunale di Cosenza ha reiterato il rigetto dell’istanza di riesame.

2. Ricorrono per cassazione gli interessati.

Si lamenta che il Tribunale ha totalmente omesso di considerare l’iter procedi menta le che ha determinato l’amministrazione comunale al rilascio dei permessi di costruire oggetto del procedimento, al contrario di quanto espressamente indicato dalla suprema Corte di cassazione. Il Tribunale avrebbe dovuto effettuare una valutazione da un lato della variante parziale allo strumento urbanistico generale del comune di Longobardi approvata nel 2005; e dall’altro della convenzione di lottizzazione attuativa della destinazione urbanistica delle aree tuttora in vigore.

In realtà il termine quinquennale di decadenza per l’approvazione del Pip iniziava a decorrere dalla data di approvazione della variante e non dall’approvazione del piano regolatore generale, come erroneamente ritenuto dall’ordinanza impugnata. Occorre infatti considerare che la variante è proprio lo strumento urbanistico attraverso cui si modificano le previsioni del piano regolatore sicchè i termini di decadenza per l’attuazione delle previsioni in essa contenute inizia a decorrere dal approvazione della variante stessa.

In ogni caso il venir meno del vincolo di decadenza quinquennale non comporta l’assoggettabilità dei terreni in questione al regime delle cosiddette zone bianche. La giurisprudenza amministrativa è costante in proposito, essendosi affermato che la disciplina delle zone bianche trova applicazione in difetto di una disciplina desumibile dallo strumento pianificatore. Situazione che non si configura nel caso in esame.

Infine si considera che la convenzione di lottizzazione è stata stipulata in ottemperanza alla delibera comunale del 2002 che espressamente prevedeva l’intervento, nelle aree da destinare ad insediamenti produttivi, sia ad esproprio che per interventi di privati. Il Tribunale ha trascurato tale decisiva circostanza, pervenendo erroneamente a ritenere che, trattandosi di vincolo espropriativo, si applicherebbe la decadenza per decorso del termine quinquennale. La valutazione di tale delibera avrebbe consentito al Tribunale di ritenere legittimi i permessi di costruire, in quanto la decadenza del vincolo per effetto del decorso del termine quinquennale non ha luogo nei casi in cui in alternativa al piano particolareggiato si è prevista dal piano regolatore la possibilità dell’adozione di un piano di lottizzazione ad iniziativa dei privati.

Infatti la previsione di forme di pianificazione urbanistica ad iniziativa privata fa venir meno la ratio stessa della prescrizione della decadenza quinquennale dei vincoli espropriativi.

Conclusivamente si assume che l’ordinanza impugnata non si e attenuta alle prescrizioni contenute nella sentenza di annullamento con rinvio adottata dalla suprema Corte di cassazione ed ha errato nella interpretazione della legge extra penale e dei provvedimenti amministrativi.

3. Il ricorso è infondato. Considera il Tribunale che il piano regolatore prevede che il terreno in esame sia destinato a zona D per attrezzature industriali artigianali. L’art. 4 della variante allo strumento urbanistico prevedeva la possibilità di intervento esclusivamente attraverso il piano di insediamento produttivo (PIP) mai adottato dal Comune.

Nel 2005 i ricorrenti hanno chiesto il rilascio di permessi di costruire per la realizzazione di edifici ed impianti a carattere industriale nell’area in contestazione. Nel 2007 il Comune ha autorizzato la sottoscrizione della convenzione e di ogni altro atto necessario al rilascio dei detti permessi di costruire. E’ stata stipulata convenzione urbanistica nel 2008 ed infine sono stati rilasciati due permessi di costruire.

Se ne desume che il piano regolatore subordina l’attività edificatoria all’adozione di un piano di insediamento produttivo di iniziativa pubblica, non prevedendo altra modalità di intervento e segnatamente l’intervento ad iniziativa privata. Tale limitazione induce a qualificare come espropriativo il vincolo gravante sulle aree interessate. I vincoli imposti sulla detta area sono decaduti per inutile decorso del termine quinquennale. Inoltre la convenzione urbanistica tra il Comune ed i richiedenti è illegittima, poichè stipulata in violazione delle previsioni dello strumento urbanistico che escludono l’intervento ad iniziativa privata per attuare le previsioni generali di piano.

Ciò posto, condividendo la valutazione espressa in precedenza dal Tribunale, l’ordinanza impugnata ritiene che, alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato, il venir meno del vincolo preordinato all’esproprio per decorso del termine non ha l’effetto di restituire all’area l’originale destinazione ma la trasforma in zona bianca. L’interesse pubblico limita l’incondizionato espandersi dello ius aedificandi laddove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica: si tratta della norma di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9.

Tale argomentazione, contrariamente a quanto dedotto, reca una compiuta analisi della vicenda in esame, considerandone tutti i profili fattuali e giuridici; così pervenendo ad un giudizio concludente in ordine al fumus del reato.

In particolare, per ciò che attiene alla cruciale questione afferente alla variante del 2005 ed ai suoi effetti, il Tribunale prende atto che il documento non è stato prodotto e che, conseguentemente, non è stato possibile trame elementi di giudizio.

Nè, considera questa Corte Suprema, può dubitarsi che la produzione fosse essenziale per documentare quanto dedotto, anche per comprendere se la stessa variante implicasse, quanto all’area in questione, novità idonee a giustificare il nuovo decorso del discusso termine quinquennale. La conclusione è che, vertendosi nell’ambito di valutazione afferente al fumus del reato, la valutazione compiuta dal Tribunale è immune da censure.

I gravami devono essere quindi rigettati. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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