T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-01-2011, n. 129

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 7896 dell’anno 1998, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

– di essere titolare di una concessione demaniale marittima e di aver chiesto, in data 21.11.1996, alla Provincia l’autorizzazione alla chiusura di un varco, alla sistemazione di un muro ed all’apertura di un nuovo varco in zona via Lido Miliscola, presentando l’altresì, in data 17.04.1997, la richiesta di autorizzazione edilizia per le predette opere;

– di aver ottenuto, in data 18.07.1997, la concessione demaniale con obbligo di provvedere alla manutenzione del varco, onde garantire la libera e gratuita fruizione alla collettività per raggiungere la battigia e l’ingresso al chiosco in concessione a T.M.;

– che, in data 20.03.1997, la Provincia concedeva l’autorizzazione all’apertura del varco e che il Comune, in data 20.05.1997, rilasciava la concessione edilizia per i lavori in questione;

– che, pertanto, i lavori venivano eseguito conformemente al progetto approvato, ma che l’Amministrazione adottava gli atti impugnati con il ricorso introduttivo, con cui ordinava l’abbattimento del muro e realizzava un corridoio chiuso da una rete metallica tra l’area concessa alla ricorrente e l’area concessa al T., di fatto consentendo l’accesso alla battigia solo attraverso l’area concessa al T.;

– che successivamente l’Amministrazione, in contraddizione con i provvedimenti ora indicati, ordinava alla ricorrente la riapertura del varco esistente, sicché la ricorrente provvedeva ad impugnare anche tali atti con i motivi aggiunti, atteso che l’eliminazione della rete determinava il potenziale ingresso nell’area oggetto di concessione di tutti i bagnanti che intendevano accedere alla battigia, senza usufruire dei servizi a pagamento forniti dalla ricorrente, con connessi problemi di sicurezza, ordine pubblico, necessità di ulteriore vigilanza, e senza un’effettiva necessità atteso che in prossimità dell’area concessa alla ricorrente vi è un’ampia zona di spiaggia libera.

Con Decreto Presidenziale n. 9136 del 21.12.2009 veniva dichiarata la perenzione del ricorso, ma la parte ricorrente proponeva opposizione; quest’ultima veniva accolta con ordinanza collegiale n. 356/2010.

La parte ricorrente instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 16.12.2010, il ricorso è stato assunto in decisione.
Motivi della decisione

La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) la ricorrente ha ottenuto l’autorizzazione dalla Capitaneria di Porto e dalla Provincia; il Comune ha del tutto ignorato tale iter procedimentale, ed in particolare ha omesso di acquisire i pareri della CEI e della CE; l’atto è stato adottato dal dirigente e non dal sindaco che ha rilasciato la concessione; l’atto è stato determinato dalle pressioni del T., dovute al timore di perdere clientela; 2) violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990, attesa l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;

nonché con i seguenti motivi aggiunti: 1) eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento del fatto, atteso che l’atto cagiona solo un danno alla ricorrente senza alcun vantaggio per la collettività, che ben può raggiungere la battigia per altre vie; 2) non c’è stato alcun inadempimento da parte della ricorrente; 3) l’atto è in contraddizione con quelli precedenti, senza che vi sia stato alcun mutamento della situazione di fatto.

L’Amministrazione eccepiva che il provvedimento repressivo non necessita dei pareri, necessari invece per il rilascio della concessione; che, non trattandosi di provvedimento di secondo grado, non era necessario rispettare il principio del contrarius actus; che, data l’urgenza, non era necessario dare l’avviso di cui all’art. 7 l. 241/1990; che, infine, l’atto era congruamente motivato in base alla necessità di evitare ulteriori conflitti tra i due concessionari. Quanto ai motivi aggiunti, l’Amministrazione negava qualsiasi contraddittorietà con gli atti precedenti e precisava che nella stessa concessione c’era la clausola che obbligava la ricorrente a consentire l’accesso alla battigia ed al chiosco del sig. T.; sicché gli atti in questione, imponendo la riapertura del varco, non fanno altro che garantire tale possibilità di accesso.

Il controinteressato T. eccepiva che la ricorrente, quando ha presentato la richiesta di autorizzazione all’apertura di un nuovo varco, l’ha surrettiziamente fatto per ottenere la chiusura del vecchio varco, tacendo alle autorità competenti la clausola che doveva garantire l’accesso al chiosco del controinteressato, che peraltro non ha altri accessi (quello cui si riferisce la ricorrente è utilizzabile solo dal personale di servizio, atteso che è stretto ed angusto ed immette direttamente nella cucina).

In memoria depositata in data 14.12.2010, il Comune ribadiva che il concessionario non ha adempiuto gli obblighi derivanti dalla concessione e che il varco di accesso serve non solo al proprietario limitrofo ma a tutta la collettività.

Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

Come correttamente eccepito dall’Amministrazione, il provvedimento sub a) in epigrafe non necessitava dei pareri, necessari invece per il rilascio della concessione. Esso non può neanche essere qualificato come un provvedimento di secondo grado, sicché non era necessario rispettare il principio del contrarius actus. Quanto alla pretesa violazione dell’art. 7 l. 241/1990, l’Amministrazione assume l’esistenza di ragioni di urgenza, che avrebbero esonerato dall’osservanza dell’obbligo in questione; tali ragioni di urgenza devono ritenersi sussistenti, attesa l’esistenza di un’evidente conflittualità tra i due concessionari e l’inizio della stagione estiva (i provvedimenti sub a) e b) in epigrafe sono stati adottati alla fine del giugno 1998); in ogni caso, con l’entrata in vigore della l. n. 15/2005, è stato introdotto nella l. 241/1990 l’art. 21 octies, il cui comma 2 (secondo periodo) testualmente prevede: "Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Benché la lettera della legge sembri esigere una prova da parte dell’Amministrazione, secondo un orientamento del Consiglio di Stato (sez. VI, n. 3786/2008) – probabilmente per evitare di addossare alla p.a. una probatio diabolica – la norma va interpretata nel senso che il privato non possa limitarsi a dolersi dell’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, ma che debba quantomeno indicare o allegare gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento, ove avesse ricevuto la comunicazione; e solo se il privato adempie tale onere, la p.a. sarà tenuta a dimostrare che, anche se tali elementi fossero stati inseriti nel procedimento, il contenuto del provvedimento non sarebbe comunque mutato. Giova osservare, inoltre, che secondo la giurisprudenza maggioritaria la norma di cui all’art. 21 octies co. 2 ha natura processuale, con conseguente possibilità di applicazione anche ai provvedimenti adottati prima della sua entrata in vigore (CdS, VI, n. 4614/2007; Tar Lazio, Roma, I – quater, n. 6359/2005; I, 5460/2009; Tar Campania, Napoli, n. 3780/2005).

Infine, l’atto era congruamente motivato in base alla necessità di evitare ulteriori conflitti tra i due concessionari; e si può ricordare, sul punto, che il concessionario ha il preciso dovere di garantire l’accesso della generalità dei cittadini alla battigia.

Giova, inoltre, osservare che nella stessa concessione c’era la clausola che obbligava la ricorrente a consentire l’accesso alla battigia ed al chiosco del sig. T.; e, sul punto, non risultano contestate le osservazioni del contro interessato, secondo cui egli non ha altri accessi (quello cui si riferisce la ricorrente è utilizzabile solo dal personale di servizio, atteso che è stretto ed angusto ed immette direttamente nella cucina).

Per ragioni analoghe, devono ritenersi infondati anche i motivi aggiunti. In primo luogo, come correttamente osservato dall’Amministrazione, non vi è contraddizione con i provvedimenti precedenti: è stata ordinata la riapertura del varco, al fine di consentire alla collettività l’accesso alla battigia. Si tratta, come più volte ricordato, di un preciso obbligo assunto dalla parte ricorrente al momento del rilascio della concessione, sicché non possono essere accolte le censure del B., secondo cui l’atto cagionerebbe solo un danno alla ricorrente senza alcun vantaggio per la collettività, che ben può raggiungere la battigia per altre vie. Infatti, quand’anche esistesse accanto allo spazio di arenile in questione un’ampia spiaggia libera, come sostenuto da parte ricorrente, ciò non esonererebbe affatto il ricorrente dall’obbligo di garantire l’accesso alla battigia all’intera collettività (mentre è proprio questo il pregiudizio che la parte ricorrente sembra lamentare). Per quanto concerne la posizione del controinteressato, si deve ribadire quanto affermato in relazione alle censure contenute nel ricorso introduttivo: non risultano contestate le osservazioni del T., secondo cui egli non ha altri accessi (quello cui si riferisce la ricorrente è utilizzabile solo dal personale di servizio, atteso che è stretto ed angusto ed immette direttamente nella cucina).

All’infondatezza del ricorso introduttivo e di quello per motivi aggiunti consegue il rigetto della domanda risarcitoria.

Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

1. Respinge il ricorso n. 7896 dell’anno 1998;

2. Rigetta la domanda di risarcimento dei danni;

3. Compensa integralmente le spese tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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