T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-01-2011, n. 128

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 13943 dell’anno 1992, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

– di essere comproprietario del terreno meglio descritto nell’atto impugnato, e che nel 1975 un terreno adiacente (contrassegnata alla p.lla 157) veniva vincolato perché in esso sarebbero state trovate tracce di un insediamento Enotrio;

– che l’Amministrazione, in base alla presunzione che il terreno in epigrafe indicato sarebbe stato parimenti interessato dall’insediamento in parola, vincolava anche il terreno di cui il ricorrente è comproprietario.

Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 09.12.2010, il ricorso è stato assunto in decisione.
Motivi della decisione

La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 9 l. 1089/1939, e difetto d’istruttoria, atteso che le indagini di superficie sono state effettuate sul terreno adiacente, e che il vincolo è stato apposto senza alcuna istruttoria, in base ad una semplice presunzione, sol perché le particelle vincolate con il provvedimento in parola costituirebbero "un’unità geomorfologica inscindibile con la particella 157" già sottoposta a vincolo.

L’Amministrazione eccepiva, in memoria depositata in data 30.06.2010, in primo luogo che il territorio di Scalea ricade nell’ambito di competenza della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, sicché il Tar Campania non è competente per territorio; in secondo luogo che l’accertamento dell’interesse archeologico, che è a base dell’atto impugnato, è stato effettuato in base a ricerche topografiche svolte sul terreno e ad analisi stereoscopiche delle fotografie aeree dell’area, che hanno documentato come il colle, interessato da saggi di scavo del 1975, fosse circondato da un doppio fossato difensivo che racchiudeva e delimitava l’area del villaggio; e che nelle particelle in esame sono stati rinvenuti, nel corso di sopralluoghi, elementi ceramici frammentari affini, per tipologia e cronologia, a quelli recuperati nel 1975. Le ricerche topografiche che hanno portato al riconoscimento dell’interesse archeologico delle particelle in oggetto si sono avvalse dell’analisi stereoscopica delle fotografie aeree esistenti e di ricognizioni di superficie effettuate dalla Finitalia Servizi nell’ambito del progetto giacimenti culturali ex art. 15 l. n. 41/1986. Si tratta di tutelare, proseguiva l’Avvocatura, uno dei pochi centri abitati indigeni di epoca arcaica noti lungo il litorale tirrenico meridionale, che non può essere sottoposto a tutela solo per la piccola porzione indagata direttamente con lo scavo archeologico, ma che deve essere salvaguardato nella sua interezza geomorfologica, che il progredire degli studi ha consentito di accertare. Si rappresentava, infine, che il Tar Calabria, con la sentenza n. 553/1995, ha già riconosciuto la legittimità del provvedimento impugnato.

Preliminarmente, si osserva che l’eccezione di incompetenza per territorio non può essere accolta: ancorché, con l’entrata in vigore del c.p.a., la competenza per territorio sia divenuta inderogabile, il ricorso è stato proposto prima dell’entrata in vigore del c.p.a.; e, come già ritenuto da questa Sezione, il giudice non può più rilevare d’ufficio la propria incompetenza nel caso in cui, al momento dell’entrata in vigore del codice, sia già spirato il termine previsto dall’art. 31 l. Tar per la proposizione del regolamento di competenza (Tar Campania, Napoli, sez. VII, n. 22276/2010).

Nel merito, il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

Come correttamente osservato dall’Amministrazione, l’atto impugnato è stato già ritenuto legittimo dal Tar Calabria, con la sentenza n. 553/1995. In particolare, in questa sentenza è stato precisato che gli scavi hanno dimostrato l’esistenza di un nucleo abitativo unitario sull’intera collina detta Petrosa, e che le ricerche topografiche ed i rilievi fotografici hanno documentato come il colle fosse circondato da un doppio fossato difensivo che racchiudeva e delimitava l’area del villaggio.

Pertanto, è evidente che il vincolo non può che riguardare l’intera area, come osservato sia dall’Amministrazione sia dal Tar Calabria, non potendosi che preservare integralmente l’insediamento.

D’altronde, è pacifico in giurisprudenza che "Il vincolo può essere esteso ad intere aree in cui siano disseminati i ruderi archeologici, chiarendosi che è necessario che questi costituiscano un complesso unitario ed inscindibile tale da rendere indispensabile il sacrificio totale degli interessi dei proprietari e, dunque, in mancanza di possibilità d’adozione di soluzioni meno radicali ed, in ogni caso, in esclusione di un’imposizione sproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse perseguita" (Tar Campania, Salerno, sez. I, n. 11282/2010); e che "È legittima la sottoposizione a vincolo archeologico di un’intera zona, considerata come parco o complesso archeologico, anche se i reperti riportati alla luce siano stati rinvenuti soltanto in alcuni terreni vincolati, purché dalla motivazione del provvedimento di vincolo emergano le specifiche ragioni che giustificano una valutazione unitaria della zona di pregio archeologico e sia indicata specificamente l’ubicazione dei singoli reperti nelle varie particelle catastali della zona vincolata. Peraltro, la giurisprudenza ha sempre affermato che il provvedimento di imposizione di vincolo archeologico, costituisce espressione di valutazioni tecnicodiscrezionali, sindacabili dal g.a. sotto il profilo della congruità e della logicità della motivazione" (CdS, sez. VI, n. 3962/2009).

Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

1. Respinge il ricorso n. 13943 dell’anno 1992;

2. Condanna C.E. a rifondere al Ministero per i Beni e le Attività Culturali le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro. 2.000 (duemila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Primo Referendario, Estensore

Carlo Polidori, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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