T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-01-2011, n. 125

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente ricorso, notificato il 24 novembre 2009 e depositato il successivo 30 novembre, I.A. ha impugnato la disposizione del Dirigente del 3° SettoreUrbanistica n° 102 – prot. n° 20994 del 12.11.2009, a mezzo della quale il Comune di Santa Maria la Carità ha proceduto al formale accertamento dell’inottemperanza alla precedente ordinanza n. 70 del 4.9.2008, con cui lo stesso Dirigente del 3° Settore Urbanistica aveva disposto la demolizione di opere abusive (costituite da un manufatto composto da due corpi di fabbrica, in sopraelevazione in terzo piano di un preesistente fabbricato) realizzate alla via Motta Carità n° 93 di quel Comune.

All’uopo il ricorrente ha proposto le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 31 D.P.R. 380/2001 per non corretta individuazione ed evidenziazione delle aree oggetto di acquisizione gratuita – erronea indicazione della p.lla catastale – generica indicazione della p.lla catastale senza individuazione del subalterno – mancata individuazione dei confini, necessaria ai fini della trascrizione: il bene interessato dall’acquisizione si troverebbe sulla p.lla catastale n° 1327 e non su quella n° 749, come invece indicato nell’atto di accertamento dell’inottemperanza; in ogni caso l’individuazione delle opere abusive effettuata dal Comune di Santa Maria la Carità sarebbe carente in quanto mancante dell’indicazione dei cd. "subalterni", e perché con l’utilizzo della sola p.lla catastale verrebbe a farsi riferimento all’intero fabbricato; il manufatto abusivo insisterebbe sul più ampio terrazzo di copertura del secondo piano del preesistente fabbricato; senza una indicazione catastale precisa e corretta delle opere abusive, il Comune di Santa Maria la Carità verrebbe ad acquisire l’intero fabbricato, ovvero anche beni non oggetto dell’ordinanza di demolizione (quali appunto l’area di sedime e le fabbriche preesistenti);

2) violazione dell’art. 97 della Costituzione – illegittimità dell’ordinanza impugnata, stante la pendenza di tre procedimenti innanzi al Consiglio di Stato (ricorsi straordinari al Capo dello Stato) inerenti alla medesima fattispecie: l’Autorità amministrativa non avrebbe potuto procedere all’irrogazione della sanzione dell’acquisizione gratuita delle opere abusive prima che fossero definite le impugnazioni riguardanti atti presupposti e collegati (ovvero l’ordinanza di demolizione; il diniego di accertamento di conformità di quanto realizzato; la comunicazione di avvio del procedimento di acquisizione), proposte mediante ricorsi straordinari al Capo dello Stato;

3) erroneità dei presupposti dell’ordinanza impugnata – violazione e falsa applicazione del decr. Leg.vo 42/2004 – eccesso di potere sotto il profilo del travisamento del fatto – erronea presupposizione del vincolo ambientale nonostante l’assenza di vincoli sul territorio del Comune di Santa Maria la Carità: errore di fondo del procedimento sanzionatorio attivato dall’Amministrazione di Santa Maria la Carità sarebbe costituito dall’aver ritenuto l’intero territorio comunale assoggettato a vincolo paesaggistico in forza del D.M. 28.3.1985, cosa invece confutata dalla sentenza n° 7546/2009 della sez. VII del T.A.R. CampaniaNapoli;

4) violazione dell’art. 31 D.P.R. 380/2001 e dell’art. 349 cod. pen.: ad esso ricorrente non sarebbe applicabile l’ulteriore sanzione costituita dalla disposta acquisizione gratuita delle opere abusivamente realizzate, poiché la mancata ottemperanza al precedente ordine demolitorio sarebbe stata determinata dal sequestro penale imposto sul bene, e non sarebbe perciò frutto di autonoma determinazione volitiva;

Non si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Santa Maria la Carità.

Con ordinanza n° 2936/2009 del 17 dicembre 2009, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente, sospendendo l’efficacia dell’atto impugnato.

Con successiva ordinanza n° 498/2010 del 29.6.2010, il Tribunale ha disposto l’effettuazione di attività istruttoria a carico del Comune di Santa Maria la Carità, il quale, in adempimento di quanto commessogli, ha, in data 22.9.2010, depositato un "verbale di constatazione in contraddittorio" con allegata documentazione.

Alla pubblica udienza del 28 ottobre 2010 la causa è stata nuovamente riservata in decisione.
Motivi della decisione

La vicenda alla base dell’emanazione del provvedimento impugnato in questa sede, trova radice nell’esecuzione, ad opera di I.A., alla via Motta Carità n° 93 del Comune di Santa Maria la Carità, di opere edili in assenza di titolo (descritte come "un manufatto composto da n° 2 corpi di fabbrica, in sopraelevazione in terzo piano a fabbricato esistente (locale principale + wc esterno)…occupante una superficie totale di circa mq. 50,75, con un’altezza media di mt. 2,55 circa per il locale principale, e di mt. 2,30 circa per il locale wc. La struttura portante verticale ed orizzontale è costituita da tubolari in ferro, la copertura è in lamiere coibentate con relativa controsoffittatura. Essa si presenta con posa in opera di infissi, rivestimenti e pavimenti, nonché di impianti tecnologici. Il pavimento del wc esterno risulta rimosso. L’immobile è individuato in catasto al foglio 7 p.lla 749"), in relazione alle quali è stato emessa la Disposizione Dirigenziale n° 70 – prot. n° 13742 del 4.9.2008, con cui ne è stata ordinata, ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, la demolizione entro il termine di gg. 90 dalla notifica del provvedimento (avvenuta in data 8.9.2008).

Per dette opere è stata, peraltro, poi anche presentata dallo I. istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001, onde conseguirne la sanatoria; ma, con provvedimento prot. n° 18807 del 26.11.2008, il Dirigente del 3° Settore Urbanistica ha opposto a tanto un diniego.

Va precisato che sia l’ordinanza di demolizione che il diniego della chiesta sanatoria sono stati gravati, unitamente alla nota prot. n° 5793 dell’11.3.2009 di comunicazione di avvio del procedimento di acquisizione gratuita delle opere al patrimonio comunale (emessa ex art. 31 commi 3 e 4 D.P.R. 380/2001), mediante ricorsi straordinari al Capo dello Stato, allo stato non definiti.

Con il presente giudizio I.A. impugna invece la sopravvenuta Disposizione Dirigenziale n° 102 – prot. n° 20994 del 12.11.2009, di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione di opere abusive n. 70 del 4.9.2008, e di conseguente acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive e della relativa area di sedime, unitamente a "quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, non superiore a dieci volte l’area di sedime dell’immobile abusivamente realizzato".

In particolare, il ricorrente, fornendo elementi documentali in proposito, sostiene che il Comune di Santa Maria la Carità avrebbe errato nell’indicare gli estremi catastali delle opere interessate dalla demolizione prima e dall’acquisizione gratuita poi, atteso che la p.lla 749 del foglio 7 si riferirebbe all’intera estensione di terreno ove era stato costruito, in forza di regolare concessione edilizia n° 123/77 del 27.5.1977, il fabbricato (individuato invece catastalmente come p.lla n° 1327, a seguito di frazionamento dell’originaria consistenza) nel cui ambito, solo in un momento successivo, sarebbero state realizzate le opere abusive in questione. Peraltro, si aggiunge che, per essere correttamente individuati, i beni interessati dall’ulteriore sanzione avrebbero dovuto essere indicati anche mediante precisazione dei cd. "subalterni"; e ciò perché, trattandosi di opere ubicate sul terrazzo di copertura del secondo piano dell’esistente fabbricato, comunque sarebbe impossibile un’acquisizione dell’area di sedime dell’intero stabile.

Orbene, le descritte deduzioni di parte ricorrente sono risultate confermate all’esito della svolta istruttoria. Invero, nel "verbale di constatazione in contraddittorio" del 9.9.2010, è stata evidenziata la sussistenza di una "discrasia tra i dati risultanti dall’estratto di mappa catastale con quelli enucleati dalla misura "elenco degli immobili", ricavati per nominativo e per immobile presso l’Agenzia del Territorio di Napoli", costituita dalle circostanze che "seguendo l’estratto di mappa catastale, emerge che sulla particella n. 749 del foglio 7 del Comune di Santa Maria la Carità, indicata nell’ordinanza impugnata, non vi è alcun fabbricato, che insiste invece sulla particella n. 1327 dello stesso foglio 7"e che "interrogando la banca dati dell’Agenzia del Territorio, però alla particella 1327 non corrisponde alcun immobile, mentre dalla misura catastale storica emerge che sulla particella n. 1327 è contrassegnato come "ente urbano" di superficie di are 03,36 (mq.336)". Di poi, nell’atto viene precisato che "La classificazione "ente urbano" è utilizzata dal catasto (Agenzia del Territorio) nella fase intermedia dell’accatastamento, successiva alla presentazione del tipo mappale (cd. Elaborato planimetrico – Frazionamento e/o inserimento in mappa della sagoma dell’edificio) e antecedente al definitivo passaggio dal catasto terreni al catasto fabbricati, passaggio che avviene con l’inserimento, da parte dell’Agenzia del Territorio, delle schede planimetriche dove sono evidenziate le singole "unità immobiliari" che costituiscono l’intero fabbricato, che evidenziano anche le destinazioni d’uso e le rendite catastali", con l’ulteriore deduzione che "Nella fattispecie, tali schede planimetriche risultano inserite nella particella n. 749, probabilmente per un errore materiale di inserimento. L’indicazione, pertanto, della particella n. 749 quale identificativa del fabbricato, è derivata dal fatto che le singole schede planimetriche erano inserite in tale particella, che però in mappa figura come fondo inedificato", cui segue l’affermazione che "L’ufficio, non potendo stabilire una gerarchia di fonti tra la mappa e la misura, ha ritenuto di dover indicare la 749, anche perché la particella 1327 non risultava più esistente nel catasto fabbricati nonostante il fabbricato in mappa risulti insistente sulla 1327". La conclusione è quindi che "Effettivamente, la discrasia andrebbe risolta con una richiesta di aggiornamento – verifica dei dati all’Agenzia del Territorio di Napoli, sottolineando che gli elaborati sono stati correttamente depositati dal richiedente e che l’errore si è verificato all’atto del loro inserimento da parte dell’Agenzia del Territorio", per cui "E’ evidente che il Comune provvederà a chiedere d’ufficio la rettifica dei dati catastali, onde consentire il corretto svolgimento del procedimento amministrativo". Peraltro, nello stesso documento viene anche evidenziato che "la sopraelevazione oggetto dell’ordinanza impugnata è indicata (nella misura e non nell’estratto di mappa) come foglio 7, p.lla 749, sub 4, categoria F/5 e che vi sono altri cinque subalterni che corrispondono ad altrettante unità immobiliari ubicate al piano seminterrato, piano terra nonché al primo e al secondo piano. Pertanto la mera indicazione della particella 749, senza indicazione del subalterno, potrebbe indurre in errore e lasciar pensare all’intero fabbricato, anche se nell’ordinanza il bene oggetto di acquisizione è ampiamente descritto".

A questo punto, è utile osservare come costituisca ius receptum (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 6174 del 12.12.2008; Cass. Pen. n° 22237 del 22.4.2010; Cass. Pen. n° 39075 del 21.5.2009; Cass. Pen. n° 2912 del 17.11. 2009; T.A.R. LazioRoma n° 6326 del 30.6.2009; T.A.R. CampaniaNapoli n° 3198 del 10.4.2007) che l’acquisizione di cui all’art. 31 co. 3 D.P.R. 380/2001 (secondo cui "se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune"), in applicazione del quale è stata adottata l’ordinanza di demolizione n° 70 – prot. n° 13742 del 4.9.2008, a sua volta costituente il presupposto per l’irrogazione della ulteriore sanzione acquisitiva, operi di diritto e automaticamente allo scadere del termine stabilito, con la conseguenza che l’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione ha solo valenza di titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, cosicché la sua notifica all’interessato ha una esclusiva funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà.

Ecco allora che, nel caso di specie, se, per un verso, le opere ritenute abusive sono ben descritte e precisate nell’ordinanza di demolizione e ripristino n° 70/2008, per altro verso, la loro individuazione catastale risulta errata (secondo quanto appunto verificato dallo stesso Comune di Santa Maria la Carità in contraddittorio con lo I., ancorché ciò appaia dipeso da un errore dell’Agenzia per il Territorio di Napoli), per cui l’atto in questa sede gravato viene effettivamente ad essere, secondo quanto lamentato con il primo motivo di ricorso, non idoneo a svolgere la sua funzione tipica (ovvero consentire la corretta trascrizione nei registri immobiliari dei beni acquisiti) e perciò illegittimo.

Quanto alle ulteriori censure proposte con gli altri motivi di ricorso, esse risultano invece destituite di fondamento e vanno disattese.

Invero, in proposito va evidenziato che

non risultando sospesa l’efficacia dei pur gravati atti costituenti presupposti rispetto a quello qui in discussione, la mera pendenza di loro impugnativa non era idonea ad impedire che in forza degli stessi venissero adottati ulteriori e consequenziali provvedimenti (quale quello di cui qui si discute);

è irrilevante nel presente giudizio (incentrato esclusivamente sul provvedimento acquisitivo ex art. 31 co. 3 D.P.R. 380/2001), il fatto che l’Amministrazione di Santa Maria la Carità abbia ritenuto, difformemente rispetto alla sentenza n° 7546/2009 della sez. VII del T.A.R. CampaniaNapoli, che l’intero territorio comunale sia assoggettato a vincolo paesaggistico in forza del D.M. 28.3.1985 (trattandosi di rilievo afferente, al più, al distinto provvedimento di diniego dell’accertamento di conformità delle opere abusive chiesto ai sensi degli artt. 36 e 37 D.P.R. 380/2001, gravato in altra sede);

la sottoposizione a sequestro penale dei manufatti abusivi non rende illegittimo l’ordine di loro demolizione (anch’esso, peraltro, gravato in altra sede), essendo comunque onere del privato chiedere all’A.G. il dissequestro al fine di procedere alla demolizione (cfr. T.A.R. CampaniaNapoli n° 15771 del 5.12.2007; T.A.R. CampaniaNapoli n° 10676 del 6.11.2007; T.A.R. SiciliaPalermo n° 1334 del 10.5.2007).

Conclusivamente, quindi, il provvedimento qui impugnato va annullato in accoglimento del solo primo motivo di ricorso.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto, da I.A., in accoglimento del primo dei motivi formulati, annulla la Disposizione Dirigenziale n° 102 – prot. n° 20994 del 12.11.2009, adottata dal Comune di Santa Maria la Carità onde accertare l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione di opere abusive n. 70 del 4.9.2008.

Condanna il Comune resistente alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro2.000,00 (di cui Euro500,00 per esborsi documentabili; Euro500,00 per diritti; Euro1.000,00 per onorario), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *