Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2011) 14-12-2011, n. 46488 Revoca e sostituzione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Roma ha respinto l’appello proposto da D.V. M. avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.

2. Ricorre per cassazione il detenuto deducendo vizio della motivazione in riferimento alla ritenuta inadeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari. Si espone di aver sottoposto all’attenzione del Tribunale elementi specifici univocamente indicativi dell’idoneità della restrizione domiciliare a soddisfare le esigenze cautelari. Tali elementi sono stati provati con produzione documentale dalla quale emerge lo stabile inserimento in un contesto familiare, sociale e lavorativo di assoluta legalità e moralità; l’esercizio di attività lavorativa; la frequentazione di persone ed ambienti estranei ad ogni profilo di illegalità;

l’occasionalità della condotta illecita connessa ad un viaggio in Italia determinato da ragioni non illecite.

A fronte di tale documentazione, l’argomentazione del Tribunale è apodittica e contraddittoria. Si è infatti ritenuta la non occasionalità della condotta senza supporto argomentativo e senza valutare gli elementi di giudizio offerti dalla difesa. Si sono trascurate le spiegazioni offerte dall’imputato in udienza. D’altra parte, il coinvolgimento in un fatto criminoso ritenuto di sicuro allarme sociale non può di per sè implicare una valutazione prognostica negativa circa l’adempimento degli obblighi connessi alla meno afflittiva misura degli arresti in domiciliari. L’occasionalità della condotta emerge pure dal profilo di personalità diffusamente documentato dalla difesa; e dalla dimostrazione che il fattore scatenante del coinvolgimento nei fatti è stato rappresentato dalla occasionale ripresa di contatti con una persona che il D.V. non frequentava ormai da anni, in un momento di disagio familiare. In conclusione, si assume, il Tribunale del riesame non ha in alcun modo esaminato le prospettazioni difensive.

2. Il ricorso è fondato. L’ordinanza impugnata evidenzia che l’imputato è stato condannato in relazione alla detenzione di un quantitativo di cocaina dal quale sono ricavabili 357 dosi. Si ritiene che vi sia concreto pericolo di reiterazione di reati della medesima specie avuto riguardo alla gravita del fatto e alla personalità dell’imputato, gravato da reati contro il patrimonio. Si ravvisa inoltre che l’unica misura appropriata sia quella carceraria, atteso che l’episodio non appare occasionale ma ricollegabile verosimilmente a contesti criminosi di sicuro allarme sociale. In tal senso inducono le prime dichiarazioni dell’indagato, anche se successivamente ritrattate.

Tale succinta esposizione non è conforme ai principi che regolano la materia. Questa Corte, anche a sezioni unite (S.U. 31 marzo 2011, Ambrogio), ha rimarcato che l’art. 274 cod. proc. pen. richiede esplicitamente che la valutazione in ordine all’esistenza di esigenze cautelari connesse al pericolo di recidiva specifica sia caratterizzata da concretezza e si fondi su un esame completo delle più qualificate caratterizzazioni del fatto; nonchè su una compiuta valutazione della personalità dell’indagato.

Tale complessiva e penetrante valutazione costituisce altresì la base per il giudizio in ordine alla scelta delle misure cautelari, richiesto dall’art. 275 cod. proc. pen.. La norma, infatti, impone che il giudice consideri e ponderi il "grado" delle esigenze cautelari e ne tragga indicazioni in ordine alla " specifica " idoneità di ciascuna misura a fronteggiare i pericoli concretamente riscontrati.

E’ chiaro che valutazioni così difficili e delicate, che per volontà della legge devono attingere il massimo possibile livello di concretezza, non possono in alcun modo prescindere dalla completa individuazione ed analisi comparativa di tutte le circostanze rilevanti. La mancanza di analitica considerazione e ponderazione di tutte le contingenze significative si risolve in vizio della motivazione.

L’esigenza di una considerazione compiuta ed analitica delle caratterizzazioni di ciascuna vicenda processuale è riproposta con tutta la possibile forza lessicale dall’art. 292 cod. proc. pen. che richiede, a pena di nullità, l’esposizione delle "specifiche esigenze cautelari" e degli indizi che giustificano "in concreto" la misura, con l’indicazione degli "elementi di fatto" da cui sono desunti; nonchè l’esposizione delle "concrete e specifiche ragioni " che rendono la custodia in carcere l’unico strumento idoneo a soddisfare le esigenze cautelari.

L’ordinanza impugnata ha omesso di compiere la complessa indagine suggerita dal tenore della disciplina legale ed ha apoditticamente assunto l’inidoneità di misure diverse da quella carceraria;

trascurando di esaminare funditus le argomentate deduzioni difensive.

L’atto deve essere conseguentemente annullato con rinvio.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’Istituto penitenziario competente perchè provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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