Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2011) 14-12-2011, n. 46485 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Roma ha parzialmente accolto la richiesta di riesame proposta da S.M. avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Roma che ha applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a plurime violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73; ed ha sostituito la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari.

2. Ricorre per cassazione l’indagato deducendo due motivi.

2.1 Con il primo si lamenta che l’ordinanza impugnata ha basato i gravi indizi di colpevolezza su conversazioni telefoniche intercettate su un’utenza cellulare, che avrebbero dovuto essere dichiarate inutilizzabili. Benchè la sussistenza dei gravi indizi di reato che giustificano l’intercettazione telefonica siano cosa diversa dagli gravi indizi di colpevolezza, l’intercettazione può essere legittimamente disposta solo quando esista un collegamento specifico tra il reato oggetto di indagine e l’utenza da intercettare, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità. Nel caso di specie tale collegamento non si configura, posto che l’intercettazione sulla detta utenza è stata disposta per errore.

Infatti essa era in uso a tale N.A. che all’epoca non risultava in alcun modo collegato al reato. Il decreto autorizzativo è stato adottato sull’erroneo presupposto che la ridetta utenza fosse in uso a R.D.. E’ palese, pertanto, che non sussistevano, al momento dell’intercettazione, elementi di alcun genere che determinassero la minima relazione tra l’indagine e l’intercettando.

2.2 Con il secondo motivo si deduce che l’ordinanza non specifica il concreto pericolo di fuga nè quello di reiterazione del reato, atteso il richiamo meramente recettizio alle considerazioni del Gip, senza considerare la giovane età e l’assoluta incensuratezza.

3. Il ricorso è infondato. L’ordinanza impugnata chiarisce che le indagini hanno preso l’avvio dall’intercettazione disposta sull’utenza cellulare di cui si discute. Pur essendosi in presenza della erronea attribuzione iniziale della stessa utenza a soggetto diverso dal reale utilizzatore, ciò non inficia la legittimità dell’intercettazione giacchè i gravi indizi di reato evocati dall’art. 267 cod. proc. pen. possono riguardare soggetti diversi dagli intercettandi. Occorre che il giudice indichi le ragioni che giustificano l’intercettazione di una determinata utenza telefonica anche se l’esatta identificazione dell’utente avvenga successivamente.

Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale considera che si è in una situazione che legittima una prognosi sfavorevole in considerazione della reiterazione delle condotte in un breve periodo, dei rilevanti quantitativi di stupefacente oggetto del sequestro che confermano l’inserimento di tutti gli indagati in un’attività stabile di commercio di stupefacenti. Tuttavia la valutazione complessiva della personalità dello S. e particolarmente della giovanissima età e della incensuratezza consentono l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari.

Tali valutazioni sono immuni da censure. L’ordinanza chiarisce che la valutazione del quadro indiziario è rapportata all’utenza ed alla sua rilevanza ai fini delle indagini; sicchè non assume autonomo rilievo la circostanza che essa fosse in uso ad un soggetto piuttosto che ad un altro. Il gravame non coglie criticamente tale aspetto del provvedimento e si limita a ribadire che il soggetto cui si attribuiva la titolarità dell’utenza non ne aveva in realtà l’uso.

Tutto ciò però non vulnera l’apprezzamento di merito sulla rilevanza, ai fini delle indagini da avviare, dell’intercettazione dell’utenza stessa; a prescindere dal soggetto che di essa faceva uso.

Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale, con equilibrata ponderazione poneva un lato in luce il pericolo di recidiva specifica desumibile dall’organicità dell’attività illecita posta in essere;

e dall’altro considera le peculiarità della personalità dell’indagato che giustificano una misura meno afflittiva di quella carceraria: apprezzamento in fatto conforme ai principi e non sindacabile nella presente sede di legittimità.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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