Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2011) 14-12-2011, n. 46480 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’imputato S.A. è stato tratto in arresto il 30 settembre 2009 in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 ed 80 e sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere.

Con atto in data 20 febbraio 2009 è stato disposto il giudizio immediato.

A seguito di istanza dell’interessato, intesa ad ottenere la celebrazione del giudizio con rito abbreviato, il Giudice, con atto del 22 maggio 2009, ha fissato udienza al 30 settembre 2009 ai fini dell’ammissione al rito richiesto.

Con atto in data 30 settembre 2009, il Gip ha fissato al 3 febbraio 2010 l’udienza per la celebrazione del giudizio col richiesto rito abbreviato.

Con sentenza del 30 settembre 2009 l’imputato è stato condannato in ordine all’illecito contestatogli, esclusa l’aggravante.

Con istanza ex art. 299 c.p.p., la difesa ha instato per la scarcerazione, essendo decorso dal 22 maggio 2009 il termine semestrale previsto per il reato ritenuto in sentenza, spirato quindi il 22 novembre 2010.

Con atto in data 14 marzo 2011, la Corte d’appello ha respinto l’istanza difensiva, essendosi ritenuto che, ai fini del computo del termini di fase previsto dall’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. b bis, debba considerarsi il reato contestato e non quello ritenuto in sentenza; e che conseguentemente lo stesso termine di nove mesi non era decorso alla data della pronunzia della sentenza di primo grado.

Il Tribunale del riesame ha respinto l’appello considerando che, a prescindere dalla questione sollevata dalla difesa, concernente l’individuazione del momento di decorrenza del termine dal momento in cui il giudice, ai sensi dell’art. 458 c.p.p, comma 2, fissa udienza a seguito di richieste di giudizio abbreviato oppure dal successivo provvedimento con cui il giudice ammette il rito e fissa l’udienza per la sua celebrazione, il termine di fase è di nove e non di sei mesi giacchè, per consolidata giurisprudenza, nella fase del giudizio di primo grado, il termine in questione va rapportato alla contestazione senza considerare le statuizioni contenuti nella sentenza di condanna che eventualmente incidono sulla originaria contestazione nel senso di escluderla o qualificarla diversamente. Ne discende che, dovendosi in tale fase considerare pure l’aggravante originariamente contestata, il termine va determinato in nove mesi.

Esso, anche a volerlo far decorrere dal 22 maggio 2009, non era scaduto alla data della sentenza di primo grado del 3 febbraio 2010. 2. Ricorre per cassazione l’imputato contestando la interpretazione della disciplina legale proposta nel provvedimento impugnato. Si lamenta che applicando tale principio si arriverebbe all’assurdo di far dipendere dall’organo dell’accusa i termini di custodia cautelare che invece, per espresso disposto costituzionale, devono essere determinati per legge e vanno dunque rapportati all’imputazione ritenuta in sentenza, a nulla valendo la formulazione del capo d’imputazione.

3. Il ricorso è infondato. Come correttamente ritenuto dal giudice di merito, la giurisprudenza di questa Corte è condivisibilmente orientata nel senso che il computo dei termini di custodia cautelare è regolato dall’art. 303 c.p.p., che lo disciplina in relazione a quattro distinte fasi (indagini preliminari, giudizio di primo grado, giudizio di appello e fase successiva sino alla sentenza irrevocabile). Nelle due prime fasi il termine massimo va determinato in base al combinato disposto degli artt. 278 e 303 c.p.p., con riferimento esclusivo alla pena stabilita dalla legge per il reato per il quale si procede, senza considerare, perchè successive, le statuizioni contenute nella sentenza di condanna, che eventualmente incidono sulla contestazione nel senso di escluderla o qualificarla diversamente (Ad es. Cass. 4, 22 febbraio 2005, rv. 231732).

Di ancor più decisivo rilievo è tuttavia il fatto che le Sezioni unite di questa Suprema Corte hanno enunciato il condiviso principio che i termini di durata massima della custodia cautelare per la fase del giudizio abbreviato, anche nell’ipotesi di rito non subordinato ad integrazione probatoria e disposto a seguito di richiesta di giudizio immediato, decorrono dall’ordinanza con cui si dispone il giudizio abbreviato e non dall’emissione del decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 458 c.p.p., comma 2, (Sez. Un., 28/04/2011, Rv. 250348). Ne discende che computando la decorrenza del termine in tal modo, lo stesso termine non è comunque decorso.

Il gravame deve essere quindi rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente perchè provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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