Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-07-2012, n. 11399 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze, rigettando il gravame proposto dall’INPS contro la decisione del Tribunale di Livorno, ha affermato il diritto di B.M. alla rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto e alla conseguente riliquidazione della pensione di cui era titolare, ritenendo non operante la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel caso di domanda, come quella oggetto di causa, diretta, mediante l’applicazione del richiesto beneficio, all’adeguamento di un trattamento pensionistico già liquidato.

L’INPS ricorre per la cassazione di questa sentenza con un unico motivo. B.M. resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Preliminarmente va esaminata e disattesa l’eccezione di tardività del ricorso formulata dall’odierno resistente per essere stato l’atto notificato il lunedì successivo alla scadenza, nel giorno di sabato, del termine di 60 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata. Di contro alla tesi del resistente – il quale sostiene che la proroga al lunedì (disposta dalla L. n. 263 del 2005, entrata in vigore il 1 marzo 2006), si applica ai soli procedimenti "instaurati in primo grado" dopo tale data – si osserva che la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 3 (in vigore dal 4 luglio 2009) ha disposto che l’art. 155 cod. proc. civ., commi 5 e 6 (aggiunti dalla citata L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. f) – ai sensi dei quali i termini per il compimento di atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadano nella giornata di sabato devono ritenersi prorogati al primo giorno seguente non festivo – si applicano anche "ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006" e va interpretato nel senso della tempestività della notifica di atti processuali, relativi, appunto, a procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006, qualora i relativi termini scadano dopo la data della entrata in vigore della legge in parola (4 luglio 2009), (vedi Cass. n. 6212/2010). Nella specie, il procedimento giurisdizionale era certamente pendente al 1 marzo 2006 (essendo stato introdotto, in primo grado, con ricorso depositato il 18 maggio 2004), la sentenza impugnata risulta notificata il 12 gennaio 2010 e il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso per cassazione – scadente il giorno di sabato 13 marzo 2010 – risulta pienamente rispettato, essendo stato l’atto in questione notificato il successivo lunedì 15 marzo 2010.

2. Nell’unico motivo l’INPS deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) e osserva che la rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto, pur avendo ricadute sulla pensione, costituisce un autonomo beneficio previdenziale, oggetto di un diritto concettualmente distinto e, come tale, soggetto al termine di decadenza (sostanziale) previsto dalla disposizione di legge citata.

3. Il ricorso è fondato.

4. Osserva il Collegio che questa Corte, decidendo numerose analoghe controversie (cfr., in particolare, Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012) si è espressa affermando il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione.

Secondo le richiamate decisioni, intatti, l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento fatto alle "controversie in materia di trattamenti pensionistici", comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, cosi da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, domandato attraverso la richiesta di applicazione del meccanismo moltiplicatore di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

5. Alla tesi della Corte di merito – che vorrebbe escluse dall’applicazione delle disposizioni legislative sulla decadenza le domande giudiziarie dei già pensionati, giusta i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, può obiettarsi che, con la domanda per cui è causa, non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge "ai fini pensionistici" e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico (basti pensare che l’esposizione all’amianto e la sua durata sono "fatti" la cui esistenza è conosciuta soltanto dall’interessato, tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell’ente previdenziale onerato dell’applicazione del moltiplicatore contributivo attraverso un’apposita domanda amministrativa e a darne dimostrazione).

6. Resta da aggiungere che è alla data di tale domanda necessaria anche nel regime precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, art. 47 (convertito nella L. n. 326 del 2003), che ne ha addirittura sanzionato la mancata presentazione entro l’ivi previsto termine con la decadenza dal diritto al beneficio de qua – che deve aversi riguardo ai fini della verifica della tempestività dell’azione giudiziaria.

7. In conclusione, il ricorso dell’INPS va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa può essere decisa direttamente da questa Corte nel merito (non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto) nel senso del rigetto della domanda del beneficio previdenziale de quo proposta dall’odierno resistente.

8. Ritiene equo la Corte compensare tra le parti le spese dell’intero processo, in considerazione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni oggetto di causa.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2012

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