Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-10-2011) 14-12-2011, n. 46536

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. P.S. personalmente ed il suo difensore propongono ricorso avverso l’ordinanza del 10/2/2011 del Tribunale di Catanzaro con la quale è stato respinto il riesame della misura della custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti dal gip di quella città, in relazione al reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74, annullando la misura con riferimento ai soli reati fine.
Si lamenta con il primo motivo violazione di legge e difetto di motivazione riguardo l’eccezione di omesso accesso della difesa alla duplicazione dei supporti informatici contenenti le conversazioni intercettate poste a base della decisione.
Il Tribunale ha ritenuto che la richiesta fosse stata formulata tardivamente, rispetto al tempo di proposizione del riesame, non considerando che l’istanza risulta depositata dal difensore contemporaneamente al deposito dell’atto di impugnazione; ha poi valorizzato l’autorizzazione apposta dal P.m. all’estrazione di copia concludendo che la difesa non avesse fornito la prova di essere stata impossibilitata all’esecuzione di tale attività.
Quanto all’osservazione del Tribunale, secondo cui manca la prova che tali files audio fossero stati allegati alla richiesta di misura formulata al Gip, e successivamente al fascicolo del Tribunale del riesame, si rileva che l’elencazione specifica delle conversazioni, della cui copia era stata operata richiesta di rilascio, era contenuta fin dalla prima istanza. Si richiama la pronuncia della Corte Costituzionale in argomento, che ha sancito il diritto della difesa di accedere anche alle conversazioni non depositate, nonchè la giurisprudenza di legittimità che ha individuato il vizio di inutilizzabilità delle conversazioni non offerte all’audizione della difesa, per eccepire nel concreto la presenza del vizio indicato.
2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’accertamento della sussistenza dei gravi indizi di partecipazione del ricorrente all’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti; in particolare si rileva la mancanza di motivazione riguardo il ruolo specifico assunto dal prevenuto nel gruppo, non desumibile neanche dal richiamo agli indizi relativi ai reati fine, posto che per tale accusa il Tribunale del riesame ha annullato la misura, per carenza di gravità indiziaria.
Sull’accusa residua si rileva la mancata indicazione relativa gli elementi costitutivi del gruppo, oltre che l’omessa valorizzazione nel provvedimento degli profili indiziari riguardanti l’elemento psicologico del reato, con specifico riferimento al ricorrente, elementi tutti che impongono l’annullamento della pronuncia.
3. La difesa ha depositato nei termini una memoria nella quale si richiama alle deduzioni in fatto contenute in ricorso, nonchè all’elaborazione giurisprudenziale sul punto ed allega, a dimostrazione della fondatezza dell’assunto relativo alla mancata offerta alla difesa della copia delle intercettazioni il cui rilascio era stato autorizzato, la corrispondenza intercorsa tra l’ufficio di procura ed il difensore, notevolmente successiva in termini temporali al celebrato giudizio di riesame, dalla quale è dato desumere l’omessa esecuzione della richiesta difensiva.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso risulta fondato.
A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale del 2008 n. 336 è stato definitivamente sancito il diritto del difensore di accedere, a richiesta, all’audizione delle intercettazioni che hanno costituito il materiale indiziario posto a base del provvedimento restrittivo per poterne discutere in sede di riesame, al di fuori della procedura regolamentata dall’art. 268 c.p.p., e realizzata in concomitanza con il deposito degli atti.
A fronte di un diritto il cui esercizio non è espressamente regolamentato dalla legge, in quanto riconosciuto a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, si è profilata la necessità di individuare le sue modalità di esercizio, ed in tale ottica con pronuncia della Cassazione a sezioni unite (sent. n. 20300 del 22/04/2010, dep. 27/05/2010, imp. Lasala, Rv. 246906) è stato chiarito che il difensore deve richiedere il rilascio di copia al P.m., unico dominus delle intercettazioni, sul quale incombe il dovere di provvedere sull’istanza, fornendo motivazione riguardo l’eventuale impossibilità di farvi fronte, valutazione rimessa alla sua esclusiva competenza, in conseguenza della sua funzione di detentore materiale degli atti, nonchè di titolare dell’indagine e, per l’effetto, al corrente delle sue esigenze nella particolare fase processuale, antecedente quella del deposito indicato nell’art. 268 c.p.p..
A tali specificazioni consegue necessariamente che quando, come nella specie, risulti che il P.m. abbia espresso parere favorevole al rilascio di copia, non sia possibile che a tale valutazione si sovrapponga quella del giudice del riesame nell’individuazione delle ragioni che possano aver causato l’omesso rilascio delle copie in favore del difensore. Ove con certezza si realizzi l’elemento di fatto richiamato, le conseguenze di tale omissione sono state analiticamente fissate nella recente pronuncia delle S.U. di questa Corte che ha stabilito che il mancato riconoscimento di tale diritto non produce inutilizzabilità delle conversazioni prevista dall’art. 271 c.p.p., poichè tale sanzione consegue solo nelle ipotesi ivi tassativamente indicate, riguardanti l’inosservanza delle disposizioni previste dall’art. 267 c.p.p., e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, ma si impone l’annullamento della pronuncia, con rinvio al Tribunale di merito per nuovo esame. Si è infatti chiarito che conseguenza del mancato riconoscimento di tale diritto è la verificazione di un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, per illegittima compressione del diritto di difesa, che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sè considerati, ma comporta una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c), soggetta al regime, alla deducibilità, ed alle sanatorie di cui agli artt. 180, 182 e 183 c.p.p..
Ciò premesso in linea generale nella specie si osserva che nel provvedimento impugnato si da atto che risulta essere stata prontamente richiesta la copia degli atti al P.m., rispetto alla proposizione del riesame; in tal senso la pronuncia a sezioni unite più volte richiamata ha chiarito che non è dato individuare un termine a quo al quale ancorare l’obbligo di attivazione, rispetto al quale l’unico termine ritenuto necessario è quello che permetta, nell’ambito dei ristretti tempi del riesame, e sulla base dell’obbligo di buona fede gravante sulle parti processuali nell’esercizio dei diritti, l’attuazione del procedimento nel doveroso rispetto delle esigenze delle parti. Sotto tale profilo, conseguentemente, non è condivisibile la conclusione del giudice del riesame che, a fronte di un’autorizzazione già concessa, ha ritenuto di individuare per la parte un obbligo di più tempestiva attivazione della difesa, in ciò superando anche la diversa conclusione del P.m., nonchè un onere di dimostrare l’impedimento posto dall’ufficio alla materiale dazione delle copie richieste.
Al contrario, ove si accerti il rilascio di un’autorizzazione generica, che abiliti il difensore ad accedere a quanto richiesto, non appare possibile esservi spazio per una difforme valutazione del Tribunale del riesame, che è tenuto solo verificare se, a seguito del rilascio dell’autorizzazione, si sia realizzata la doverosa attivazione della parte nell’accedere agli uffici giudiziari per sollecitare l’esecuzione di quanto autorizzato. Va però senz’altro escluso, al riguardo, che gravi sul ricorrente la prova del fatto negativo; il dato su cui si incentrava l’oggetto della decisione, avrebbe potuto invece essere oggetto di facile e spedito accertamento da parte dello stesso Tribunale, che poteva avvalersi dei suoi poteri di ufficio per risolvere l’eccezione procedurale, pregiudiziale alla decisione.
Se, dunque, la difesa aveva compiuto i passi che le competevano, il Tribunale doveva prendere atto del vulnus dei suoi diritti, conseguente alla mancata acquisizione delle copie, in aderenza ai richiamati principi costituzionali e giurisprudenziali; nè merita consenso la giustificazione adotta dal Tribunale, che ha sostenuto che le operazioni di duplicazione erano di per sè di elevata complessità, e che la segreteria della locale Procura era chiamata a "un paziente e difficile lavoro di selezione all’interno delle centinaia di pagine dei richiamati provvedimenti e poi nelle decine di falconi contenenti gli atti di indagine" in quanto non compete certo all’organo giudicante la valutazione, in sintesi sopra espressa, dell’efficienza degli apparati amministrativi interni, nè tanto meno ciò è opponibile alla parte privata che esercita un diritto di rilevanza costituzionale, quale quello di difesa. E’ di tutta evidenza che essendo la messa a disposizione delle copie dei supporti informatici finalizzata al pieno dispiegarsi dell’attività difensiva, è implicito l’obbligo per il requirente di soddisfare la richiesta in tempo utile per la disamina in vista del riesame.
Tale essendo la situazione di fatto desumibile dagli atti prodotti, l’ordinanza impugnata deve essere annullata.
In conseguenza dell’accertamento di nullità in questa fase di legittimità, il provvedimento impugnato, affetto dal vizio, deve essere annullato con rinvio, comportando la dichiarazione di nullità la regressione del procedimento alla fase processuale in cui è stato compiuto l’atto nullo e la necessità della rinnovazione di quest’ultimo, con emenda dei vizi riscontrati ( art. 185 c.p.p.).
In sede di rinvio il Tribunale del riesame, non più soggetto ai termini perentori indicati dall’art. 309 c.p.p., comma 10, (S.U. cit) dovrà nuovamente prendere in esame il tema relativo alla sussistenza delle condizioni legittimanti la misura cautelare applicata sulla base anche delle registrazioni delle conversazioni intercettate, ove le relative copie siano prodotte in sede di rinvio a seguito della riconosciuta disponibilità delle stesse alla difesa, valutando invece, in caso di persistente mancata evasione della richiesta difensiva, se la misura, priva degli elementi desumibili dalle intercettazioni, sia giustificabile sulla base di ulteriori elementi indiziar, provvedendo in caso di accertata nullità del risultato probatorio per effetto dell’omessa consegna di copie, ad escludere le conversazioni dall’ambito valutativo.
2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, involgendo anche il campo relativo alla corretta individuazione degli elementi indiziari valutabili, impone che sia rimessa al giudice del riesame la valutazione integrale degli elementi oggetto di contestazione nel ricorso, stante la loro natura subordinata rispetto al primo, assorbente, motivo.
3. Ne consegue che vada disposto l’annullamento della pronuncia impugnata, con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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