Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-10-2011) 14-12-2011, n. 46473 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 24 settembre 2010 la Corte di Appello di Reggio Calabria rigettava la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da M.S., il quale dopo essere stato sottoposto a misura cautelare carceraria per anni uno, mesi quattro e giorni 10, in riferimento ai reati di cui all’art. 416 bis, 378 e 390 c.p. e detenzione illegale di armi, con l’aggravante ex L. n. 203 del 1991, art. 7, in riferimento ad una associazione a delinquere di stampo mafioso, denominata cosca XXX, era stato assolto dal G.i.p. di Reggio Calabria, con sentenza in data 13.04.2005.
La Corte di Appello rilevava che al M. si contestava la commissione di alcuni reati fine del programma criminoso associativo, quali il favoreggiamento del latitante F.L. e la detenzione illegale di armi.
Il Collegio considerava che il G.i.p., nell’ordinanza cautelare, aveva desunto il quadro gravemente indiziante a carico dell’indagato, rispetto alla detenzione di armi, sulla scorta del contenuto di conversazioni oggetto di intercettazione, ove i colloquianti utilizzavano riferimenti convenzionali ad autovetture ovvero a piastrelle per rivestimenti, per dissimulare il reale riferimento alle armi ed alle munizioni.
Con riguardo al quadro indiziario relativo al delitto di favoreggiamento, la Corte territoriale del pari faceva riferimento al contenuto delle conversazioni intercettate, intercorse tra M. ed altri soggetti, tra i quali G..
La Corte di Appello considerava che il G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria aveva mandato assolto il M. in considerazione del fatto che le bobine relative alle conversazioni intercettate di maggiore rilevanza erano andate disperse e che gli esiti delle predette operazioni di captazione erano stati ritenuti inutilizzabili.
Tanto premesso, il Collegio riteneva non conferente il riferimento alla pronuncia n. 1153/2009, con la quale le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno chiarito che l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale, ha effetti anche nel giudizio promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione. Ciò in quanto, nel caso di specie, si è presenza della dispersione del supporto magnetico – e non di una dichiarazione di inutilizzabilità per un vizio originario – intervenuta successivamente alla emissione del titolo cautelare.
La Corte di Appello considerava, inoltre, che M., in sede di interrogatorio, aveva ammesso di avere parlato con C. di una autovettura, di piastrelle e di altri argomenti leciti; e riteneva che, sulla base della predetta evenienza, potessero recuperarsi i risultati delle intercettazioni, dai quali emergeva che M. aveva parlato di autovetture, piastrelle ed altro. Il linguaggio ingiustificatamente criptico utilizzato dal M. veniva, quindi, valorizzato dal Collegio quale elemento casualmente riconducibile, per colpa, alla carcerazione subita, avendo la parte concorso a legittimare il convincimento dell’autorità giudiziaria in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 273 c.p.p..
La Corte di Appello richiamava poi il contenuto di una conversazione telefonica intercettata, per la quale non risultava dispersa la relativa bobina, evidenziando che i colloquianti – Ca. e G. – facevano riferimento a tale "(OMISSIS)", da identificarsi in M.S.. Infine, il Collegio riteneva non pertinente il riferimento alla ordinanza con la quale era stata accolta la richiesta di equa riparazione proposta da G., trattandosi di posizione non sovrapponibile a quella dell’odierno istante.
2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Reggio Calabria ha proposto ricorso per cassazione M.S., a mezzo del difensore, deducendo, la violazione degli artt. 314 e 315 c.p.p. ed il vizio motivazionale.
L’esponente rileva, primieramente, che la Corte di Appello ha fondato la valutazione in ordine alla sussistenza della colpa grave del richiedente, ostativa al riconoscimento dell’equa riparazione, sulla base del contenuto di conversazioni oggetto di captazione, errando nel ritenere che la mancanza delle bobine relative alle conversazioni intercettate risultasse superata dal tenore delle affermazioni rese dal M.. La parte considera, inoltre, che la Corte territoriale ha pure evidenziato che la dispersione delle bobine deve ritenersi successiva alla emissione del titolo custodiale, atteso che la difesa non aveva sollevato eccezioni sino alla prima udienza. Al riguardo, il ricorrente ritiene che il ragionamento seguito dal Giudice della riparazione risulti affetto da manifesta illogicità. La parte considera che la mancanza del supporto relativo alla registrazione della conversazione intercettata, cioè della bobina, rende inesistente la stessa prova di che trattasi; osserva che in mancanza della bobina non è dato procedere alla verifica della correttezza del contenuto della conversazione, come riportato nella trascrizione;
e ritiene perciò inutilizzabile il risultato della captazione. In secondo luogo il ricorrente censura la motivazione del provvedimento impugnato, laddove la Corte territoriale ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni, sulla base del fatto che M. in sede di interrogatorio, nel negare la valenza delle trascrizioni sottopostegli, aveva implicitamente ammesso l’esistenza di conversazioni intercorse con C.. Infine, la parte considera che la difesa è venuta a conoscenza della mancanza delle bobine solo nel momento in cui ha chiesto la trascrizione delle intercettazioni;
e che nella fase cautelare non aveva avuto alcuna possibilità di rendersi conto della mancanza dei predetti supporti.
La parte rileva poi che la Corte territoriale ha errato nel ritenere sussistente l’elemento ostativo della colpa grave, sulla base di una sola conversazione oggetto di captazione – per la quale la bobina risulta esistente – intercorsa tra terzi soggetti. Infine, il deducente rileva che la Corte di Appello ha omesso di chiarire la ritenuta irrilevanza della produzione effettuata dalla difesa, con riferimento alla ordinanza che aveva accolto la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione presentata da G.A..
3. Il Procuratore Generale, richiamato l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte circa l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, che sia stata accertata nel giudizio penale, anche nel giudizio promosso per la riparazione per ingiusta detenzione, ha rilevato che il mancato reperimento dei supporti magnetici di riferimento delle operazioni di captazione, accertato nel caso di specie nel giudizio di merito, rendeva vieppiù inutilizzabili i risultati delle operazioni di ascolto nel presente procedimento. Il Procuratore Generale ha pure censurato l’argomento svolto dal Collegio, in base al quale le dichiarazioni difensive rese dall’imputato avrebbero consentito il recupero del materiale captativo, tenuto conto del fatto che le dichiarazioni a discolpa si riferivano solo parzialmente al mezzo di prova che occupa. Il PG ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è fondato, nei termini e limiti che di seguito si chiariranno.
4.1 Occorre, innanzitutto, muovere dai principi di diritto recentemente affermati dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, in relazione alla inutilizzabilità, nel giudizio di riparazione per ingiusta detenzione, dei risultati di operazioni di intercettazioni dichiarati non utilizzabili dal giudice del merito.
Invero, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, dopo avere considerato che "l’inutilizzabilità colpisce non l’intercettazione in quanto mezzo di ricerca della prova, bensì i suoi risultati, che a loro volta possono rivestire sia la natura di prova, tipica della fase del giudizio, sia quella di indizio, tipica della fase delle indagini preliminari; e che "…Ciò non altro può significare che, al cospetto di intercettazioni eseguite fuori dei casi previsti dalla legge ovvero in violazione dell’art. 267 c.p.p, e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, si versa in ipotesi di chiara "illegalità", al di là della sanzione che il legislatore denomina inutilizzabilità, donde la condivisibile affermazione che, costituendo la disciplina delle intercettazioni concreta attuazione del precetto costituzionale, in quanto attuativa delle garanzie da esso richieste a presidio della libertà e della segretezza delle comunicazioni, la sua inosservanza deve determinare la totale "espunzione" del materiale processuale delle intercettazioni illegittime, che si concreta nella loro giuridica inutilizzabilità e nella "fisica eliminazione""; hanno affermato il seguente principio di diritto: "l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale, ha effetti anche nel giudizio promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 1153 del 30/10/2008, dep. 13/01/2009, Rv. 241667).
5. Epperò, tale principio di diritto trova la sua completa esplicazione nel caso in cui ci si trovi "al cospetto di intercettazioni eseguite fuori dei casi previsti dalla legge ovvero in violazione dell’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3 …", giacchè solo in tal caso si realizza la violazione di quelle garanzie, costituzionalmente presidiate, volte a tutelare la libertà e la segretezza delle comunicazioni, che comporta la "totale "espunzione" del materiale processuale". Ove, invece, le captazioni siano state disposte ed eseguite in piena conformità del dettato normativo, non può più parlarsi di inutilizzabilità dei suoi esiti, ma, in caso di successiva irreperibilità del relativo supporto memorizzatore, di possibilità o meno di recuperare, ai fini della ricostruzione della prova, il contenuto del nastro magnetico disperso, secondo gli ordinari mezzi probatori. Tale principio è stato già affermato da questa Suprema Corte, Sez. 4, con la sentenza n. 8437 del 29 gennaio 2001: si trattava in quel caso del deterioramento del nastro magnetico dopo la registrazione, ma il principio stesso, per la ratio che lo ispira, non può non estendersi anche al caso che qui occupa.
Esso è stato poi successivamente confermato da altra sentenza, Sez. 4, n. 40511 del 6 ottobre 2010, in un caso di "non reperibilità delle bobine", ed ulteriormente ribadito, recentemente, da Sez. 1, n. 5095 del 12 gennaio 2011.
Ed il collegio non ravvisa valide ragioni per discostarsi da tale orientamento più volte espresso.
5.1 Ciò posto, l’ultima pronuncia testè richiamata condivisibilmente tuttavia avverte che, "in considerazione dello speciale rigore formale caratterizzante la disciplina del mezzo di ricerca della prova de quo, nel caso di perimento, per cause sopravvenute, dei relativi supporti magnetici, il giudice deve esercitare la massima prudenza, cautela e oculatezza nella valutazione dei mezzi di prova da assumere per la ricostruzione del contenuto delle registrazioni delle intercettazioni, alla luce del principio del libero convincimento ed escluso ogni automatismo surrogatorìo sul piano della valenza probatoria".
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata richiama il "compendio dell’attività di intercettazione telefonica ed ambientale", ma non chiarisce come lo stesso sia stato ricostruito nei termini esplicitati; in particolare se quel contenuto fosse in tutto ricostruibile alla stregua dei brogliacci o di altre annotazioni al riguardo della p. g. operante, prodotti al G.I.P. al momento della emissione del provvedimento cautelare, il che comporterebbe la legittimità della effettuata valutazione, tanto inserendosi nel contesto di quegli ordinari mezzi probatori di cui sopra si diceva;
ovvero se quella ricostruzione sia stata diversamente operata ed in che modo, sì da delibare se anche questo sia inseribile in quell’ordinario contesto probatorio; il tutto da valutare in uno alle dichiarazioni rese dall’istante in sede di interrogatorio al P.M. ed al "contenuto delle conversazioni per le quali non è sopravvenuta la dispersione delle relative bobine". 6. Solo su tale specifico punto l’ordinanza impugnata va, dunque, annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria, per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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