Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-07-2012, n. 11381 Imposta di pubblicità e affissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 155/21/07, depositata il 31.1.08, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dal Comune di Roma avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società Socially Responsabile Italia (SRI) s.p.a. nei confronti l’avviso di accertamento, con il quale l’ente territoriale aveva richiesto alla contribuente il pagamento dell’imposta e degli accessori dovuti, per affissioni dirette eseguite dalla medesima, nell’anno 2003, mediante impianti pubblicitari installati sui ponteggi che cingevano le facciate dei Palazzi dei Propilei, di proprietà della S. Sede.

2. La CTR riteneva, invero, insussistenti i presupposti soggettivi ed oggettivi per l’applicabilità, nel caso concreto, dei benefici connessi alì extraterritorialità concessa agli immobili del Vaticano, ai sensi degli artt. 15 e 16 del Trattato Lateranense tra l’Italia e la S. Sede dell’11.2.29, e perciò pienamente fondata la pretesa fiscale azionata dal Comune di Roma.

3. Per la cassazione della sentenza n. 155/21/07 ha proposto ricorso la Socially Responsabile Italia (SRI) s.p.a., affidato a quattro motivi. Il Comune di Roma ha replicato con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, la SRI s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, L. n. 88 del 2005, art. 3 bis, comma 1, artt. 23, 75 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. Avrebbe, invero, errato la CTR, a parere della ricorrente, nel ritenere che non fosse affetta da nullità la costituzione in giudizio del Comune di Roma, rappresentato dal dirigente del Servizio Affissioni e Pubblicità, dato che l’ente territoriale – ad avviso della SRI s.p.a. – dovrebbe stare in giudizio esclusivamente in persona del Sindaco, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, ovvero – a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, modificato dalla L. n. 88 del 2005, art. 3 bis – in persona del dirigente dell’Ufficio tributi.

Per il che – secondo la contribuente – la CTR avrebbe dovuto rilevare il difetto di rappresentanza processuale dell’ente territoriale appellante e, di conseguenza, dichiarare l’inammissibilità del gravame, per difetto della legitimatio ad processum da parte del dirigente del Comune.

1.2. Il motivo è infondato.

1.2.1. Ed invero, il D.L. n. 44 del 2005, art. 3 bis, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 88 del 2005, in vigore dall’1.6.2005, sostituendo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 3, sul contenzioso tributario, dispone che l’ente locale, nei cui confronti è preposto il ricorso, può stare in giudizio – oltre che in persona del Sindaco – anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi, o, in mancanza di tale figura dirigenziale, o anche su delega di quest’ultima, mediante il titolare della posizione organizzativa comprendente l’ufficio tributi. Il comma 2 dell’articolo 3 bis cit., inoltre, estende ai processi in corso la suddetta disposizione, relativa alla legittimazione processuale dei dirigenti locali.

1.2.2. Ebbene, va osservato – al riguardo – che lo Statuto del Comune di Roma, approvato con Delib. Consiliare 17 luglio 2000, n. 122 (successivamente integrato con Delib. 19 gennaio 2001, n. 22), prevede, all’art. 24, comma 1, che "Il Sindaco è l’organo responsabile dell’amministrazione del Comune e rappresenta l’Ente", ma lo stesso Statuto stabilisce, altresì, all’art. 34, comma 4, che "I Dirigenti promuovono e resistono alle liti anche in materia di tributi comunali ed hanno il potere di conciliare e transigere". Il regolamento, approvato con delibera di giunta n. 130, del 25 febbraio 2000 (disciplina interna del contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie), dispone, poi, all’art. 3, che i dirigenti hanno il potere di decisione autonoma sulla scelta di resistere, intervenire e agire nei giudizi dinanzi alle commissioni tributarie, valutando tutti gli aspetti della controversia in fatto e in diritto, nonchè il potere di rappresentanza diretta del comune, con la sottoscrivendo dei relativi atti processuali.

1.2.3. In definitiva, dunque, se il Sindaco deve ritenersi, secondo lo statuto ed i regolamenti dell’amministrazione capitolina (art. 24, comma 1), ed in conformità al T.U. sull’ordinamento degli enti locali, approvato con D.Lgs. n. 267 del 2000, il principale legittimato a rappresentare il Comune di Roma (in tal senso, Cass. S.U. 12868/2005), analoghi poteri di rappresentanza processuale, senza necessità di particolari autorizzazioni, sono, tuttavia, conferiti a tutti i dirigenti, in subiecta materia, limitatamente ai giudizi davanti alle commissioni tributarie.

Ne discende che deve ritenersi senz’altro ammissibile l’appello proposto – come nel caso concreto – dal dirigente del servizio affissioni e pubblicità del Comune di Roma (cfr. Cass. 14637/07, 6807/09, 13230/09); per cui l’impugnata sentenza, sul punto in discussione, non merita censura alcuna.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la SRI s.p.a. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 49, 50, 52 e 53, artt. 342 e 358 c.p.c., art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2.1. Deduce, invero, la ricorrente che avrebbe errato il giudice di appello nel non ritenere inammissibile il gravame del Comune di Roma, atteso che l’ente pubblico territoriale si era limitato – violando le disposizioni summenzionate in materia di specificità dei motivi di gravame – a ribadire la legittimità dell’emesso atto impositivo, senza articolare specifiche censure nei confronti della sentenza impugnata. Con la conseguenza che le statuizioni contenute in detta sentenza dovrebbero, a parere della ricorrente, considerarsi passate in cosa giudicata, in forza del combinato disposto dell’art. 358 c.p.c. e art. 2909 c.c..

2.2. La censura è infondata.

2.2.1. Va osservato, infatti, che il requisito della specificità dei motivi, previsto in via generale dall’art. 342 c.p.c., e per il processo tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, postula esclusivamente la necessità che l’esposizione dell’appellante consenta di individuare con chiarezza le statuizioni della sentenza di primo grado investite del gravame, nonchè le specifiche critiche ad esse rivolte. Ne consegue che, se certamente non può considerarsi sufficiente un generico richiamo alle difese svolte in prime cure, non può revocarsi in dubbio che possa considerarsi idonea ad assolvere l’onere di impugnazione specifica, imposto dalle norme suindicate, la specifica riproposizione delle stesse difese (cfr., in tal senso, Cass. 14031/06, 18111/09, 4784/11, 3064/12).

2.2.2. Nel caso concreto – come si evince dalla trascrizione dei motivi di appello del Comune di Roma, operata nel ricorso dalla stessa SRI s.p.a. – l’ente pubblico, nel ribadire la legittimità dell’avviso di accertamento per le ragioni in esso esposte, contestava, altresì, diffusamente l’applicazione estensiva delle norme degli artt. 15 e 16 del Trattato Lateranense operata dal giudice di prime cure, evidenziandone l’erroneità sotto diversi profili. Per tali ragioni, pertanto, la censura proposta dalla contribuente, in relazione alla pretesa mancanza di specificità dei motivi di appello dell’ente territoriale, non può trovare accoglimento.

3. Con il terzo e quarto motivo di ricorso – da esaminare congiuntamente, attesa la loro evidente connessione – la SRI s.p.a.

denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 15 e 16 del Trattato Lateranense del 1929 tra l’Italia e la S. Sede, e D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 1, e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la contraddittorietà e illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.1. Avrebbe, invero, errato la CTR, a parere della ricorrente, nel ritenere – peraltro con motivazione del tutto incongrua e contraddittoria – che i ponteggi sui quali erano affissi, nel caso di specie, i messaggi pubblicitari oggetto dell’imposizione, non costituissero pertinenze dei Palazzi dei Propilei e non fossero, quindi, immuni dal potere impositivo dell’ente comunale al pari dei palazzi stessi, poichè dotati del privilegio dell’extraterritorialità concesso dai Patti Lateranensi agli immobili della S. Sede.

D’altro canto, avendo la SRI s.p.a. agito per conto dell’A.P.S.A. (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), e quindi – in definitiva – della stessa S. Sede, in base a contratto di appalto per l’esecuzione di lavori di restauro delle facciate dei Palazzi dei Propilei, l’immunità spettante alla committente – in forza del Trattato Lateranense del 1929 – non potrebbe non estendersi, ad avviso della contribuente, anche al soggetto che abbia agito quale alter ego della S. Sede. E pertanto, l’esenzione da imposte spettante a quest’ultima, dovrebbe – giocoforza – essere applicata, a parere della ricorrente, anche alla ditta appaltatrice (la SRI s.p.a.), posto che la medesima aveva effettuato la pubblicità sulle impalcature prospicienti i palazzi di proprietà del Vaticano, su incarico espresso della S. Sede.

3.2. Le censure in esame sono manifestamente infondate e vanno, pertanto, disattese.

3.2.1. Dispone, infatti, l’art. 15 del Trattato Lateranense del 1929 che gli "edifici" di proprietà del Vaticano (art. 3 del Trattato cit.), nei quali – come i Palazzi dei Propilei – la S. Sede abbia collocato i propri dicasteri, "benchè facenti parte del territorio dello Stato italiano, godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri". Inoltre, ai sensi dell’art. 16 del Trattato cit., gli "immobili" suindicati dovranno essere – tra gli altri privilegi ivi riconosciuti agli immobili della S. Sede – anche "esenti da tributi, sia ordinari che straordinari, tanto verso lo Stato che verso qualsiasi altro ente".

Com’è dato desumere con piena evidenza dalle disposizioni succitate, pertanto, agli "immobili" di proprietà della S. Sede, in quanto ricompresi nella Città del Vaticano, è riconosciuta, giacchè essi fanno pur sempre parte del territorio dello Stato italiano, il privilegio dell’extraterritorialità, intesa nel senso di immunità reale o locale, in quanto assicurata esclusivamente agli edifici nella loro consistenza materiale, anche sotto il profilo dell’esenzione totale dall’imposizione tributaria (cfr. Cass. S.U. 2291/90, Cass. 10119/06).

3.2.2. Nel caso di specie, il Comune di Roma – come si evince dalla stessa sentenza impugnata – ha contestato alla società contribuente la mancanza di autorizzazione comunale, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, in relazione agli impianti di affissione installati sui ponteggi che cingevano le facciate dei Palazzi dei Propilei.

Orbene, anche dando per scontato – essendo tale circostanza incontroversa tra le parti – che la contribuente abbia agito per conto della S. Sede, su incarico dell’A.P.S.A., quale appaltatore per il restauro dei suddetti palazzi, e che nel corso di tale attività abbia effettuato talune affissioni di messaggi pubblicitari sui ponteggi prospicienti le facciate dei palazzi medesimi, resta comunque il fatto che i ponteggi in questione – trasformati in impianti pubblicitari privi della necessaria autorizzazione – sono certamente estranei agli edifici pontifici ai quali è riconosciuto, dal Trattato Lateranense, il privilegio della extraterritorialità.

Tali impalcature e ponteggi sono stati, invero, annessi ai predetti edifici solo in via transitoria e contingente, per il tempo necessario all’esecuzione dei lavori di restauro, mentre il privilegio dell’extraterritorialità inerisce, come si desume in modo inequivoco dalle chiare disposizioni dei succitati artt. 15 e 16 del Trattato cit., esclusivamente agli "immobili" in sè, che – in quanto appartenenti alla S. Sede – sono esenti anche dall’imposizione fiscale, e non certo anche alle loro propaggini accidentali e del tutto provvisorie.

3.2.3. Ma, del pari, deve considerarsi estranea alla sfera di immunità – riconosciuta dal suddetto Trattato del 1929 al Vaticano – l’attività di restauro dei beni immobili in questione e di affissione di messaggi pubblicitari sulle impalcature apposte, a tal fine, sulle loro facciate, sulla quale pure si fonda la pretesa di esenzione dall’imposta sulla pubblicità, avanzata in giudizio dalla SRI s.p.a..

L’immunità anche sul piano fiscale, riconosciuta alla S. Sede – con i suoi organi ed enti centrali – dal Trattato Lateranense, è assicurata, infatti, alla medesima in quanto titolare di personalità giuridica di diritto internazionale, equiparabile a quella degli Stati sovrani (art. 10 Cost., comma 1). La suddetta immunità non può essere, pertanto, estesa – anche sotto il profilo fiscale -a tutte quelle attività, come l’appalto per il restauro degli edifici e la diffusione di messaggi pubblicitari, nelle quali la S. Sede non agisce in collegamento funzionale con gli scopi istituzionali e con i compiti primari di religione e di culto, propri della Chiesa cattolica, o con l’esercizio di funzioni sovrane equiparabili a quelle di uno Stato (Cass. 10119/06, 2291/90).

4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dalla Socially Responsabile Italia s.p.a. deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 31 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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