Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-01-2013) 20-02-2013, n. 8403

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cassino propone ricorso in Cassazione avverso la Sentenza con la quale il GUP presso Tribunale di Cassino ha dichiarato il non luogo a procedere, perchè il fatto non sussiste, in ordine alla richiesta di rinvio a giudizio articolata ai danni di I.A. in relazione alla contestata violazione del disposto di cui all’art. 81 c.p. e art. 328 c.p., comma 1.

2. Al I., nella sua qualità di Sindaco del Comune di (OMISSIS), la Procura ricorrente ha contestato l’ipotizzato rifiuto di atti d’ufficio nella specie assertivamente concretatosi nell’aver, con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, indebitamente rifiutato atti del proprio ufficio – la convocazione del consiglio comunale specificatamente chiesta in tre consecutive occasioni da alcuni consiglieri, sempre in numero pari o superiore a tre, per trattare il tema legato al progetto della Progetto Immobiliare srl per la realizzazione di un impianto industriale per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti speciali getto – che, per ragioni di giustizia, in quanto inerenti al buon andamento della amministrazione comunale, andavano compiuti senza ritardo e comunque entro il termine di venti giorni dalla richiesta (giusta l’art. 23 del regolamento comunale).

3. Il GUP ha motivato la decisione contestata dubitando per un verso della riconducibilità dell’atto assertivamente rifiutato al genus giustizia specificatamente chiesto dall’art. 323 c.p., comma 1; in ogni caso e radicalmente, a voler accedere alla riconduzione dell’omissione a siffatto genus, per la neppure addotta sussistenza delle ragioni atte a configurare l’incombente rifiutato siccome dotato della necessaria indifferibilità, presupposto indefettibile per l’ipotesi delittuosa contestata; infine, per la presenza nell’ordinamento di un meccanismo in surroga rispetto alla inerzia mostrata dal Sindaco all’uopo previsto dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 39, comma 3 (TUEL) ( norma che attribuisce al Prefetto il potere di convocare il Consiglio in caso di inosservanza del relativo obbligo da parte dell’organo competente, nella specie il Sindaco trattandosi di Comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti).

4. Con il presente ricorso la Procura di Cassino ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata in quanto viziata da motivazione contraddittoria e manifestamente illogica; lamenta ancora violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui all’art. 328, comma 1; infine violazione di legge processuale per mancata applicazione degli artt. 421 e bis e 422 c.p.p. in tema di integrazione probatoria e dell’art 425 c.p.p., comma 3, in ordine ai parametri della cognizione del GUP. Segnala in particolare che il GUP, escludendo che l’omissione rappresentata fosse colorata alla indifferibilità dell’atto per non aver l’accusa provato le ragioni che a una siffatta conclusione dovrebbero portare, ha anticipato una valutazione tipicamente propria del dibattimento, estranea al perimetro cognitivo del potere valutativo conferito al Giudice dell’udienza preliminare. A fronte di una riscontrata carenza in ordine alla completezza delle indagini, il Gup avrebbe dovuto attivare lo strumento dell’integrazione probatoria sollecitandole al PM ex art. 421 bis o disponendole d’ufficio ex art. 422 c.p.p.. Sul piano della interpretazione fornita della norma invocata nella specie, la Procura ricorrente contesta anche l’accezione data dal GUP al concetto " ragione di giustizia" espresso dall’art. 328 c.p., comma 1: per contro, il disposto di cui alla norma citata deve ritenersi integrato quando, come nella specie l’indebito rifiuto o l’inerzia di un comportamento doveroso siano preceduti da apposita richiesta proveniente, come nella specie, da soggetti qualificati (qui i consiglieri comunali) oltre che nella ipotesi in cui, pur in assenza di sollecitazioni specifiche, sussista una urgenza sostanziale impositiva dell’atto ai fini elencati dall’art. 328, comma 1, resa evidente dai fatti oggettivi posti all’attenzione del soggetto obbligato ad intervenire. Infine, la Procura ricorrente segnala la non condivisibilità della valutazione logica conclusiva resa dal GUP nel fondare il provvedimento impugnato: escludere la riscontrabilità del reato sul presupposto della previsione normativa che consente la surroga del Prefetto in caso di inerzia dell’organo competente a convocare il Consiglio significa ascrivere a siffatta previsione, che cristallizza la gravita dell’omissione, una finalità preordinata a procacciare all’organo inadempiente l’impunita per la volontaria violazione dei doveri correlati alla carica.

5. Il ricorso è manifestamente infondato per le seguenti ragioni.

6. Osserva la Corte come l’art. 328 c.p., posto a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio negativamente esitata dal GUP con la statuizione qui impugnata, disciplina due distinte ipotesi di reato:

nella prima il delitto si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario (giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene, sanità); nella seconda, invece, ai fini della consumazione, è necessario il concorso di due condotte omissive, la mancata adozione dell’atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo.

Nel caso in esame, la fattispecie è ascritta allo I. è stata ricondotta al comma 1 della norma incriminatrice citato. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria, l’atto indebitamente rifiutato – l’omessa convocazione del consiglio comunale, su sollecitazione della minoranza qualificata, da parte del Sindaco a tanto tenuto ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 39, comma 3 in caso di Comune con meno di 15.000 abitanti – rientrerebbe, tra i diversi settori nevralgici della società civile legati al regolare funzionamento dell’amministrazione pubblica siccome espressamente considerati nella norma in questione, tra quelli qualificati perchè assertivamente riferibile al genus della "giustizia".

Come tuttavia segnalato dal GUP già con la prima, e per il vero radicale e assorbente, indicazione posta a fondamento della resa declaratoria di non luogo a procedere, è di tutta evidenza che la tipologia del provvedimento che il Sindaco avrebbe nel caso indebitamente rifiutato non è classificabile tra quelli richiesti per ragioni di giustizia.

Al riguardo, questa Corte si è infatti espressa nel senso che per atto di ufficio il quale per "ragione di giustizia" deve essere compiuto senza ritardo, al pari di quanto previsto dall’art. 650 c.p., deve intendersi qualunque provvedimento od ordine autorizzato da una norma giuridica per la pronta attuazione del diritto obiettivo e diretto a rendere possibile o più agevole l’attività del giudice, del pubblico ministero o degli ufficiali di polizia giudiziaria. La ragione di giustizia si esaurisce con la emanazione del provvedimento di uno degli organi citati, non estendendosi agli atti che altri soggetti sono tenuti eventualmente ad adottare in esecuzione del provvedimento dato per ragione di giustizia (Così, sezione sesta, sentenza n. 14599/10; ed ancora n. 784/99).

Ora, emerge con chiarezza che del tutto impropriamente l’atto rifiutato è stato descritto come qualificato in quanto afferente a ragioni di giustizia . La stessa Procura ricorrente, oltre a non aver precisato in precedenza le ragioni che ebbero a motivare, nel formulare l’imputazione, una tale riconduzione, con l’odierno ricorso non segnala in alcun modo le motivazioni per le quali l’incombente pretermesso andrebbe collocato in un siffatto ambito qualificato nei termini precisati dall’orientamento segnalato.

La radicale e assorbente rilevanza del tema in questione, posto, seppur incidentalmente, dal GUP a fondamento del provvedimento impugnato, rende superflua la disamina afferente le altre ragioni sottese alla motivazione in contestazione oltre che degli ulteriori motivi articolati in ricorso e per l’effetto impone la declaratoria di inammissibilità per la manifesta infondatezza del gravame.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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