Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-01-2013) 20-02-2013, n. 8387 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 20 settembre 2012 il Tribunale di L’Aquila in funzione di giudice del riesame annullava il provvedimento con il quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato a O. J. la misura cautelare carceraria per i reati di riduzione in schiavitù e di procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato, rilevando il difetto dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’indagato e dell’attualità delle esigenze cautelari prospettate nell’ordinanza genetica.

2. Avverso l’ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica di L’Aquila deducendo:

a) come il Tribunale, nell’affermare il difetto di riscontri oggettivi che consentano di identificare l’indagato con la persona cui era demandata la "sorveglianza" della persona offesa, abbia trascurato il fatto che quest’ultima aveva proceduto a ricognizione fotografica dell’ O. nel corso del medesimo atto in cui per l’appunto lo aveva indicato come uno dei suoi aguzzini;

b) la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, ma altresì del pericolo di inquinamento probatorio – testimoniato dalla persistenza delle minacce cui sarebbe tuttora sottoposta la persona offesa – sul quale invece il Tribunale avrebbe omesso qualsiasi valutazione.

3. Con memoria depositata il 31 dicembre 2012 il difensore dell’indagato lamenta innanzi tutto l’inammissibilità del ricorso per la genericità dei motivi, dai quali non si evincerebbe quale sarebbe il vizio, deducibile in questa sede, denunciato, risolvendosi sostanzialmente gli stessi nella sollecitazione al giudice di legittimità di un per l’appunto inammissibile riesame del merito.

Non di meno, quanto all’omessa valutazione dell’individuazione fotografica dell’indagato asseritamente svolta dalla persona offesa, la difesa rileva come correttamente il Tribunale non abbia preso in considerazione un atto invero mai entrato a far parte del corredo probatorio dell’incidente cautelare e non esaminato nemmeno dal giudice autore dell’ordinanza genetica.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè generico.

Il pubblico ministero ricorrente sostanzialmente lamenta il travisamento per omessa valutazione di una prova in punto di identificazione dell’indagato quale autore dei reati contestati.

Come noto, ai sensi delle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il vizio di motivazione rilevante può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche "da altri atti del processo", purchè siano "specificamente indicati nei motivi di gravame". Ciò comporta, in altre parole, che all’illogicità intrinseca della motivazione (cui è equiparabile la contraddittorietà logica tra argomenti della motivazione), caratterizzata dal limite della rilevabilità testuale, si è affiancata la contraddittorietà tra la motivazione e l’atto a contenuto probatorio.

L’informazione "travisata" (la sua esistenza – inesistenza) o ignorata deve, peraltro, essere tale da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso.

Inoltre, la nuova disposizione impone, ai fini della deduzione del vizio di motivazione, che l’"atto del processo" sia, come già ricordato, "specificamente indicato nei motivi di gravame".

Sul ricorrente, dunque, grava, oltre all’onere di formulare motivi di impugnazione specifici, anche quello di individuare ed indicare gli atti processuali che intende far valere (e di specificare le ragioni per le quali tali atti, se correttamente valutati, avrebbero dato luogo ad una diversa pronuncia decisoria), onere da assolvere nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione.

Qualora poi la prova ignorata o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente ha l’onere di riportarne integralmente il contenuto, non limitandosi – come invece avvenuto nel caso di specie – ad estrapolarne alcuni brani o ad evocarne genericamente il contenuto, giacchè così facendo viene impedito al giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (Sez. 4^, n. 37982 del 26 giugno 2008, Buzi, rv 241023).

Nel caso di specie il ricorrente non si è attenuto a questi oramai consolidati principi, non avendo, come accennato, allegato al ricorso l’atto di ricognizione fotografica di cui ha denunciato l’omessa valutazione, senza verificare altresì se lo stesso fosse presente nel fascicolo trasmesso al giudice di legittimità. Omissioni tanto più rilevanti se si considera che di tale atto non era stata fatta menzione nell’ordinanza genetica e dunque non è nemmeno certo che lo stesso sia mai stato effettivamente sottoposto all’attenzione del Tribunale.

La rilevata inammissibilità del ricorso in punto di gravi indizi di colpevolezza assume carattere assorbente delle doglianze avanzate con riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari, pur dovendosi rilevare in proposito come la misura cautelare era stata originariamente applicata esclusivamente in riferimento al pericolo di reiterazione del reato e non anche a quello di inquinamento probatorio prospettato dal ricorrente.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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