Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-01-2013) 20-02-2013, n. 8386 Reati commessi a mezzo stampa diffamazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15 giugno 2011 il G.u.p. del Tribunale di Milano dichiarava non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste nei confronti di N.G. e B.M., imputati, rispettivamente, dei reati di diffamazione a mezzo stampa e di omesso controllo per la pubblicazione sul settimanale Panorama di un articolo contestato come offensivo dell’onore di G.L..

2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del difensore il G. articolando tre motivi.

2.1 Con il primo motivo si deducono la violazione degli artt. 51 e 595 c.p. e vizi motivazionali della sentenza impugnata in merito alla ritenuta sussistenza dell’esimente del diritto di critica. In proposito il ricorrente osserva l’erronea evocazione dell’esimente in questione in relazione ad uno scritto in realtà contenente la mera enunciazione di fatti, in relazione al quale semmai avrebbe dovuto invocarsi quella del diritto di cronaca. L’errata applicazione della legge penale avrebbe quindi consentito al giudice di attenuare i canoni della verifica della verità dei fatti riportati dal cronista, il cui esito positivo sarebbe stato sostenuto da motivazione incongrua se invece correttamente riferita all’esimente del diritto di cronaca. Ma la sentenza, per l’appunto, si sarebbe limitata ad enunciare il carattere valutativo di quanto narrato dal N., senza peraltro giustificare in alcun modo tale affermazione.

2.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ulteriori vizi motivazionali della sentenza in merito alla riconosciuta verità del nucleo essenziale dei fatti in relazione ai quali sarebbe stato esercitato con carattere esimente il diritto di critica. In tal senso si evidenzia come il fatto ritenuto vero (ancorchè peraltro ancora sub iudice in ambito giudiziario) per attribuire al G. la qualifica di "manager rosso" in quanto imprenditore in grado di assumere appalti nel centro Italia grazie alle entrature che si era procurato presso le amministrazioni del centrosinistra di quel territorio, sarebbe consistito esclusivamente nei rapporti asseritamente di natura illecita coltivati dal medesimo con il sindaco di Foligno, effettivamente appartenente a quella parte politica. In altri termini la presunta critica si fonderebbe sull’ingiustificabile (e non giustificato dalla sentenza) sillogismo per cui se un imprenditore intrattiene rapporti personali con un amministratore di centrosinistra allora significa che la sua attività imprenditoriale sarebbe genericamente favorita presso tutte le amministrazioni di quella parte politica. Non di meno assolutamente falso sarebbe un altro dei fatti riportati nell’articolo e cioè che il G. avesse partecipato alla ricostruzione post-terremoto dell’Umbria, fatto di cui la sentenza ritiene la veridicità semplicemente perchè "adombrato" in altri articoli di stampa ricorrendo ad una motivazione palesemente illogica e insufficiente.

2.3 Con il terzo ed ultimo motivo si lamenta infine la contraddittorietà della sentenza laddove il discorso giustificativo svolto dal giudice, dopo essersi diffusamente ed esclusivamente soffermata sulla presenza di una causa di giustificazione, culmina nella decisione solutoria caratterizzata dall’adozione della formula per cui il fatto non sussiste e non già che lo stesso non costituisce reato, come per l’appunto imposto dal percorso argomentativo prescelto. In tal senso la decisione, così come configurata, non troverebbe riscontro nell’apparato motivazionale del provvedimento, rendendo irrimediabilmente illegittimo lo stesso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e per certi versi inammissibile e deve dunque essere rigettato.

2. Il primo motivo è certamente infondato in quanto il brano dell’articolo oggetto d’imputazione non si limita alla mera esposizione di fatti, ma contiene altresì una interpretazione dei medesimi tesa ad esprimere una opinione dell’autore, il quale, attraverso l’accostamento di alcuni accadimenti e la manifestazione di altrettanti giudizi ("ottime entrature", "prediletto dalle coop") ha inteso manifestare il proprio parere critico sull’affermazione del G. come imprenditore.

In tal senso, dunque, alcuna censura può essere mossa alla decisione del giudice di merito, che correttamente ha evocato l’esimente del diritto di critica e sul quale, avendo fatto corretta applicazione della legge penale, non gravava pertanto alcuno specifico onere motivazionale.

3. Infondato è altresì il secondo motivo, atteso che i fatti su cui si è fondata la critica del N. non sono stati artatamente travisati come pretenderebbe il ricorrente. Infatti, una volta accertati (come ammesso nel ricorso) i rapporti del G. con il sindaco di Foligno deve ritenersi che il nucleo essenziale del fatto assunto a fondamento della conclusione critica espressa dall’articolista (ovviamente opinabile) rispetti il vincolo di verità cui pure il diritto di critica è soggetto. E analoghe considerazioni devono svolgersi quanto agli evidenziati rapporti del G. con le coop. Ed in tal senso, dunque, la sentenza impugnata fornisce motivazione più che adeguata e non manifestamente illogica sul punto.

Quanto invece all’emersione dello stesso G. nella fase della ricostruzione seguita al terremoto dell’Umbria, parimenti il ricorso risulta infondato, atteso che non viene prospettato in che modo l’eventuale non veridicità dell’informazione riportata risulterebbe diffamatoria, posto che il fatto attribuito risulta in tal senso ininfluente e dunque irrilevanti i limiti evidenziati nella motivazione della sentenza impugnata.

4. Inammissibile è invece l’ultimo motivo di ricorso, atteso che, se effettivamente la formula solutoria adottata dal giudice del merito nel dispositivo della sentenza appare incongrua rispetto all’affermato riconoscimento nella motivazione della medesima della non antigiuridicità della condotta imputata, il ricorrente non ha saputo indicare quale interesse vanterebbe all’accoglimento della doglianza. Non di meno deve ricordarsi come il contrasto tra dispositivo e motivazione non è causa di nullità della sentenza, ma porta tendenzialmente all’affermazione della prevalenza del primo sulla seconda, salvo potersi dedurre da quest’ultima elementi decisivi – com’è nel caso di specie, dove all’evidenza l’adozione della formula denunciata appare il frutto di un mero errore materiale – nella ricostruzione dell’effettiva volontà del giudice.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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