Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-01-2013) 20-02-2013, n. 8361 Motivazione Sentenza penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza dell’11 aprile 2011 la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, assolveva R.S. E. dal reato di furto aggravato per non aver commesso il fatto, ritenendo non essere stata raggiunta la piena prova della sua reasponsabilità alla luce della verosimiglianza della versione dei fatti offerta dall’imputato, e provvedeva altresì alla revoca della condanna generica del medesimo al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile pure pronunziata nel primo grado di giudizio. L’accusa nei confronti del R. riguardava il furto durante il servizio notturno di medicinali dalla farmacia in cui lavorava, nonchè delle somme di danaro relative alla vendita di prodotti eseguita senza emettere il relativo scontrino.

2. Avverso la sentenza ricorre la parte civile a mezzo del difensore e procuratore speciale, deducendo vizi motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla ritenuta verosimiglianza della versione dei fatti offerta dall’imputato. In particolare il ricorrente evidenzia la contraddittorietà della motivazione adottata dalla Corte territoriale, la quale per un verso riconosce l’esistenza di sospetti a carico dell’imputato alla luce del confronto tra il tabulato delle vendite da lui effettuate e le risultanze di magazzino e per l’altro ritiene invece ragionevoli le spiegazioni fornite dal medesimo e cioè che quelle non registrate sarebbero cessioni a credito ovvero effettuate in assenza della necessaria ricetta.

Peraltro la stessa verosimiglianza di tale giustificazioni, così come di quelle relative al l’impossessamento dei medicinali scaduti – asseritamente asportati dai locali della farmacia su incarico del titolare al fine di smaltirli nell’immondizia – sarebbe stata riconosciuta in maniera del tutto apodittica dai giudici d’appello, i quali avrebbero mancato di confrontarsi compiutamente con le argomentazioni svolte dal Tribunale per escluderla e con il compendio probatorio di riferimento nella sua completezza. Non di meno la sentenza, aderendo alla versione difensiva, avrebbe sostanzialmente riconosciuto l’insussistenza del fatto per poi, ancora una volta contraddittoriamente, assolvere il R. per non averlo commesso, così implicitamente ammettendo che i furti sarebbero effettivamente avvenuti. Infine la Corte territoriale avrebbe eletto a riscontro dell’attendibilità della versione dell’imputato la presunta pratica di vendere a credito in maniera seriale nelle farmacie senza in alcun modo argomentare sulla effettiva notorietà di tale circostanza.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

1.1 Deve innanzi tutto ribadirsi in diritto come il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado abbia l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. Un, n. 33748 del 12 luglio 2005, Mannino, Rv. 231679). Ed in tal senso non può dunque ritenersi assolto tale obbligo ove la sentenza d’appello si limiti a sostituire la propria valutazione del compendio probatorio a quella coltivata dal giudice di primo grado ritenendola preferibile.

1.2 Nel caso di specie la Corte territoriale, con riguardo al contestato furto dei medicinali, si è solo parzialmente impegnata nella confutazione delle argomentazioni svolte dal Tribunale.

E’ sì vero che, come affermato dalla sentenza impugnata, l’onus probandi grava sull’accusa e non sull’imputato, ma nel caso di specie il Tribunale aveva spiegato in maniera logica e coerente alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale le ragioni per cui aveva ritenuto che il pubblico ministero avesse compiutamente assolto tale obbligo e quelle per cui invece non potesse ritenersi attendibile l’alternativa versione dei fatti offerta dal R.. La Corte territoriale ha invece confutato solo in parte il ragionamento probatorio del giudice di prime cure, senza tenere conto di tutti gli elementi su cui lo stesso si fondava, ed ha apoditticamente ritenuto credibili le dichiarazioni dell’imputato omettendo di confrontarsi con le obiezioni sollevate in proposito nella sentenza di primo grado.

2. Ancora più evidenti appaiono poi i limiti della motivazione della sentenza impugnata con riguardo all’altro addebito e cioè quello relativo all’ammanco di cassa. Deve infatti convenirsi con il ricorrente sulla vistosa contradditorietà ed illogicità dell’apparato giustificativo adottato dai giudici d’appello, i quali ammettono come le risultanze documentali effettivamente rivelerebbero che l’imputato avrebbe venduto dei medicinali senza emettere i relativi scontrini, ma poi ritengono ragionevole la spiegazione fornita dallo stesso dell’anomalo comportamento. In proposito la Corte territoriale non ha innanzi tutto tenuto conto del fatto che per l’appunto si sia registrato un ammanco di cassa, ignorando in tal senso le dichiarazioni rese in proposito dal titolare della farmacia invece valorizzate dalla sentenza di primo grado ed in grado di vanificare la giustificazione difensiva, atteso che, anche qualora i prodotti fossero stati effettivamente venduti nel modo indicato, rimarrebbe il fatto che le somme percepite non sarebbero state versate in cassa. Inoltre i giudici romani non si sono fatti carico dell’obiezione, assai pregnante sul piano logico, svolta dal Tribunale in merito all’inverosimiglianza che vendite anomale del genere descritto dall’imputato si sarebbero concentrate in poche ore;

obiezione tale da vanificare il valore probatorio della presunta notorietà di tale pratiche dietro cui la Corte si è invece trincerata in maniera del tutto apodittica e logicamente non decisiva.

3. La sentenza deve dunque essere annullata limitatamente agli effetti civili con rinvio al giudice di appello civile competente per valore per nuovo esame alla luce dei principi fissati e dei rilievi svolti da questa Corte. Spese della parte civile a definitivo.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili con rinvio al giudice di appello competente per valore per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *