Cass. civ. Sez. VI – 3, Sent., 09-07-2012, n. 11479 Somministrazione di energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli con sentenza depositata il 22.3.2010, ha rigettato l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del giudice di pace di Barra, che aveva accolto la domanda di T.L., intesa ad ottenere il risarcimento del danno conseguito da una serie di inadempimenti del contratto di somministrazione dell’energia elettrica corrente con detta s.p.a. che avevano determinato il pagamento di bollette relative all’utenza con costì aggiuntivi per le spese postali.

Gli inadempimenti dell’Enel erano stati individuati in relazione al fatto che con il Delib. 28 dicembre 1999, n. 200, art. 6, comma, 4, l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G.) aveva imposto agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica e, quindi, all’Enel, di "offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta" e che l’Enel non aveva ottemperato; che, in ogni caso, l’Enel non aveva informato l’attore della possibilità di pagare senza oneri aggiuntivi, così violando gli oneri di informazione incombenti su di essa come professionista.

Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione Enel distribuzione s.p.a. ed Enel servizio elettrico s.p.a., nella qualità di beneficiaria dalla prima di ramo d’azienda. Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce "violazione e falsa applicazione della L. 14 novembre 1995, n. 481, art. 2", assumendosi che la Delib. n. 200 del 1999 e particolarmente l’art. 6, comma 4, di essa non aveva avuto l’effetto di integrare il contratto di utenza.

Con il secondo motivo si deduce un’omessa motivazione del Tribunale su come la previsione del suddetto art. 6, comma 4 potesse essere ricondotta all’ambito del citato art. 2, comma 12, lett. h).

Il terzo motivo lamenta "violazione e falsa applicazione della L. n. 481 del 1995, art. 2, comma 12, lett. h), in relazione all’art. 1196 c.c..

Il quarto motivo denuncia che erroneamente il Tribunale avrebbe attribuito comunque efficacia integrativa del contratto all’art. 6, comma 4, citato, invocando l’art. 1339 c.c..

Il quinto motivo deduce "insufficiente motivazione su fatti decisivi e controversi", rappresentati dall’obbiettiva inidoneità dell’art. 6, comma, art. 4, a porre un ipotetico precetto integrativo.

Il sesto motivo deduce "contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi e controversi" sul profilo già oggetto del motivo precedente.

Il settimo motivo prospetta tre distinte censure afferenti alla ritenuta sussistenza del danno.

2. I primi sei motivi vanno esaminati congiuntamente. Il Collegio ritiene di condividere quanto già statuito in fattispecie assolutamente identica con sentenza 30.8.2011, n. 17786 (e successive eguali) e che, quindi, l’art. 6, comma 4, della deliberazione non abbia determinato in alcun modo nè l’inserimento della relativa previsione nel contratto di utenza, nè l’integrazione di esso (principio poi riaffermato numerose volte).

A tal fine va ribadito che il potere normativo secondario dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h) , si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma 37, citato art. 2, possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore".

3. Quanto alle condizioni in presenza delle quali la normazione o l’atto di esercizio di poteri amministrativi precettivi a contenuto collettivo ai sensi dell’art. 2, comma 12, lett. h), con i limiti indicati, può integrare, attraverso la mediazione dell’integrazione del regolamento di servizi, i contratti di utenza individuale, va osservato che ciò può avvenire solo allorchè ricorra l’imposizione di un precetto specifico che non lasci al destinatario alcuna possibilità di scelta sui tempi e sui modi. Ora, la previsione della Delib. n. 200 del 1999, art. 6, comma 4, imponendo all’esercente "di offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta" si connotava certamente come prescrizione del tutto inidonea ad integrare una clausola di contenuto determinato, come già affermato nei precedenti di questa Corte. In realtà, una prescrizione come quella in discorso, per la sua indeterminatezza assegnava all’esercente una sorta di obbligo di perseguimento di un risultato con ampi poteri di scelta, salva la valutazione dell’A.E.G.G. circa il raggiungimento del risultato attraverso i poteri di ispezione, accesso ed acquisizione di documentazione e notizie.

Deve, dunque, sulla base delle complessive considerazioni svolte escludersi che la prescrizione dell’art. 6, comma 4, della Delib.

A.E.E.G. n. 200 del 1999 abbia comportato la modifica o integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza sia ai sensi dell’art. 1339 c.c., che dell’art. 1374 c.c..

4. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione sulla base dello scrutinio complessivo ed unitario dei primi sei motivi e la sentenza va cassata. Il settimo motivo resta assorbito.

La causa si presta ad essere decisa nel merito, con rigetto della domanda. Quanto alle spese processuali, esistono giusti motivi per compensare quelle dei due gradi di merito, mentre le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione riguardo ai primi sei motivi. Dichiara assorbito il settimo. Cassa la sentenza impugnata e, pronunciando sul merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna l’intimato alla rifusione alle parti ricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro seicento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2012

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