Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-01-2013) 20-02-2013, n. 8358 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 19 luglio 2010 la Corte d’appello di L’Aquila confermava la condanna di T.T. e T.R. per i reati di bancarotta fraudolenta, bancarotta preferenziale e bancarotta da false comunicazioni sociali commessi nella gestione della Edilizia f.lli Tomasso s.n.c. dichiarata fallita il 14 luglio 1999, rimodulando in senso favorevole all’imputato la pena irrogata al T.R. in parziale accoglimento dell’appello proposto nel suo interesse.

2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati.

2.1 Con il ricorso presentato a mezzo del proprio difensore T. T. articola tre motivi:

– con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 521 c.p.p., atteso che l’originaria contestazione, la cui impostazione era stata recepita nella sentenza di primo grado, lo aveva ritenuto autonomamente responsabile dei reati ascritti nella sua qualità di amministratore di fatto e socio illimitatamente responsabile della fallita, mentre la sentenza impugnata ne aveva sostanzialmente riconosciuto la colpevolezza quale mero concorrente nelle condotte distruttive poste in essere dal padre T.R.;

– con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla ritenuta valenza concorsuale, sul piano sia oggettivo che soggettivo, della condotta attribuita all’imputato e cioè esclusivamente quella di aver incassato alcuni assegni costituenti i pagamenti degli immobili oggetto di distrazione;

– con il terzo motivo viene infine eccepita l’omessa motivazione da parte della Corte territoriale sul mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., pure invocata con i motivi d’appello, nonostante la stessa sentenza dia atto del ruolo minore svolto dall’imputato nell’intera vicenda.

2.2 Con il ricorso presentato da T.R. si lamenta violazione della legge sostanziale in ordine all’attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallita, pur avendo egli agito per conto della medesima esclusivamente nella diversa qualità di procuratore generale della medesima compiendo atti rientranti nell’ambito della procura ricevuta, nonchè vizi motivazionali della sentenza impugnata in merito alla negazione delle pur invocate attenuanti generiche, sottolineandosi come la presenza di precedenti penali non costituisca di per sè causa ostativa alla concessione delle suddette attenuanti, atteso che nulla in tal senso prevede l’art. 62 bis c.p. nemmeno dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 125 del 2008.

3. Con istanza pervenuta il 14 gennaio 2013 il difensore di T. T. chiedeva infine il differimento dell’udienza prospettando di essere impedito a parteciparvi per concomitante impegno professionale.
Motivi della decisione

1.Pregiudiziale è l’esame dell’istanza di rinvio presentata dal difensore di T.T.. La stessa deve essere rigettata in quanto intempestivamente proposta. Infatti, per come emerge dalla stessa istanza, l’avv. Retico è stato officiato della difesa nel concomitante procedimento penale a carico di altro imputato già nell’ottobre del 2012 ed in quel momento, per sua stessa ammissione, già era consapevole della fissazione per la data odierna della relativa udienza dinanzi al Tribunale di Avezzano, talchè avrebbe dovuto provvedere alla comunicazione dell’impedimento non appena ricevuta la notifica anche dell’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi a questa Corte e non, come invece ha fatto, in prossimità della sua celebrazione.

2. Ciò premesso deve rilevarsi che il ricorso di T.T. è infondato e per certi versi inammissibile e deve pertanto essere rigettato.

2.1 Manifestamente infondato è il primo motivo, con il quale si lamenta la violazione del principio di correlazione. In proposito va innanzi tutto ribadito il costante insegnamento di questa Corte per cui non sussiste violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza quando, contestato a taluno un reato commesso uti singulus, se ne affermi la responsabilità in concorso con altri (ex multis Sez. 6, n. 21358 del 5 maggio 2011, Cella, Rv. 250072).

Nel caso di specie, peraltro, i capi d’imputazione contengono la menzione della struttura concorsuale dei reati attribuiti all’imputato, per cui in ogni caso non potrebbe ritenersi che la Corte territoriale abbia ecceduto la contestazione.

2.2 Parimenti inammissibile è il secondo motivo, perchè sostanzialmente deduce questioni di merito, sollecitando una rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del materiale probatorio che la Corte distrettuale ha operato, sostenendola con motivazione coerente ai dati probatori richiamati ed immune da vizi logici.

2.3 Infondato è invece il terzo motivo. Effettivamente con i motivi d’appello il ricorrente aveva invocato l’attenuante di cui all’art. 114 c.p., come puntualmente rilevato nel provvedimento impugnato.

Peraltro la mancanza di una esplicita risposta sul punto da parte della Corte territoriale non è comunque rivelatrice del vizio denunciato, atteso che la stessa ha sì giudicato "minore" il contributo prestato dall’imputato alla consumazione del reato, ma non per questo "minimale", come si legge nella penultima pagina della sentenza, così implicitamente rigettando la richiesta difensiva.

3. Il ricorso di T.R. è invece del tutto inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che la concessione all’imputato di una procura generale è tutt’altro che incompatibile con il riconoscimento in capo al medesimo della contestata qualifica di amministratore di fatto della fallita. Come diffusamente illustrato dalla Corte distrettuale la configurabilità della qualifica è infatti determinata proprio all’ampiezza dei poteri delegati e dalla circostanza che attraverso il conferimento della procura al ricorrente è stata di fatto trasferita la gestione della società, rimanendo dunque irrilevante che egli non abbia esorbitato dai suoi limiti. Quanto alle lamentele avanzate con il secondo motivo deve rilevarsi che si tratta di censure che attingono il merito della decisione, atteso che la Corte distrettuale ha motivato il diniego delle attenuanti generiche ancorandolo ai precedenti anche specifici da cui l’imputato risulta gravato, nonchè dalla gravità dei fatti contestati e dalla spregiudicatezza dimostrata dal T. nel commetterli.

4. Deve invece rilevarsi che il reato di bancarotta preferenziale contestato ad entrambe gli imputati al capo D) d’imputazione si era estinto già prima della pronunzia della sentenza impugnata, giacchè il relativo termine di prescrizione si era compiuto il 29 dicembre 2008. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata con riguardo alla condanna per il suddetto reato senza rinvio e con rinvio, quanto all’eventuale influenza della circostanza sul trattamento sanzionatorio, alla Corte di appello di Perugia.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di entrambi i ricorrenti per essere il reato sub D) estinto per prescrizione e rinvia limitatamente al trattamento sanzionatorio alla Corte di appello di Perugia. Rigetta i ricorsi nel resto.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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