Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Fatto e diritto
p.1. Con ordinanza del 23/09/2010, il Tribunale di Roma confermava l’ordinanza con la quale in data 15/07/2010 il g.i.p., presso il Tribunale della medesima città aveva applicato, nei confronti di B.A.F., la misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, per il reato di cui all’art. 55 dlgs 231/2007.
p.2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
1. violazione dell’art. 273 C.p.p. atteso che, per la condotta addebitatagli mancherebbe ogni tipo di indizio di colpevolezza. Infatti, la Carta n. (omissis) non era mai stata utilizzata e quella n. (omissis) era stata rinvenuta presso un’altra persona, tale F.A..
2. violazione dell’art. 309/10 c.p.p. per avere il Tribunale omesso di decidere sulla richiesta di riesame nel termini di dieci giorni dalla ricezione degli atti.
3. violazione dell’art. 8 c.p.p. per essere competente ad emettere la misura cautelare il g.i.p. di Cosenza e non quello di Roma.
p.3. Il ricorso è fondato in relazione alla dedotta preliminare violazione dell’art. 309/10 c.p.p..
In punto di fatto va premesso che il ricorrente risulta indagato, insieme ad altre persone, anche del reato di associazione a delinquere ex art. 416 c.p..
La misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla P.G. è stata però emessa solo in relazione al reato fine di cui all’art. 55 dlgs cit., fattispecie per la quale, quindi, si applica, in astratto, la sospensione dei termini feriali perché, ai sensi dell’art. 240 bis disp. coord. nuovo cod. proc. pen., la deroga al principio della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale in materia penale riguarda esclusivamente i procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare (sempre che gli imputati o i loro difensori rinuncino alla sospensione), sicché si applica il principio generale ove si verta in tema di procedimenti per imputati per i quali sia stata disposta una misura coercitiva diversa dalla custodia cautelare. La citata norma, infatti, non è suscettibile di applicazione analogica, poiché per effetto del canone sancito dall’art. 14 delle preleggi, le norme che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non operano oltre i casi e i tempi in esse considerati: in terminis Cass. 2875/1995 Rv. 204229 in una fattispecie di misura coercitiva di divieto di dimora. Il Tribunale ha, pertanto, deciso il ricorso tenendo conto dei termini di sospensione feriali avendo ritenuto che, nel caso di specie, la connessione del reato di cui all’art. 55 dlgs con quello di cui all’art. 416 c.p. non rilevasse.
Il ricorrente contesta tale decisione sostenendo che il ricorso andava deciso entro il termine perentorio di dieci giorni di cui al combinato disposto dei commi 9-10 dell’art. 309 c.p.p..
La questione di diritto sottoposta dal ricorrente a questa Corte è, quindi, la seguente: se, nell’ipotesi in cui un soggetto sia indagato, nell’ambito dello stesso procedimento, del reato di associazione per delinquere – per il quale non è prevista la sospensione dei termini feriali – e di altri reati connessi – per i quali è, invece, prevista la sospensione – la suddetta sospensione operi o meno anche per quest’ultimi reati connessi, nel caso in cui la richiesta di riesame al Tribunale venga proposta solo per le misure coercitive disposte per i reati per i quali sia prevista la sospensione.
Ritiene questa Corte che al suddetto quesito debba darsi risposta affermativa, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale.
Sul punto, va, innanzitutto, rilevato che il dato normativo depone a favore della tesi qui accolta: l’art. 2 della L. 742/1969 nell’adoperare il temine "procedimento", si riferisce, con tutta evidenza, al procedimento penale considerato nel suo insieme e cioè al procedimento nel quale un soggetto risulti indagato per tutti i reati che gli siano stati contestati.
Dalla suddetta osservazione deriva, come logica conseguenza, che, ai fini della soluzione del problema in esame, non appare corretto scindere i vari reati e decidere a seconda che per essi sia o meno prevista la sospensione dei termini feriali.
Infatti, proprio perché il procedimento è unico, è irrilevante che la richiesta di riesame al tribunale venga proposta solo per le misure coercitive emesse in relazione a reati per i quali è prevista la sospensione in quanto, poiché i suddetti reati sono connessi ad altri per i quali non è prevista la sospensione, di questi seguono la sorte rimanendo attratti nell’ambito della normativa eccezionale. Nel caso di specie, per il reato di cui all’art. 55 dlgs cit. sicuramente è prevista – secondo la regola generale di cui all’art. 1 della legge cit. – la sospensione dei termini feriali, mentre, per il reato connesso di cui all’art. 416 c.p. la sospensione non opera, secondo il principio speciale stabilito dall’art. 2/2 legge cit., così come statuito dalle SSUU con la sentenza n. 17106/2005 riv 230895, al quale questa Corte ritiene di dare continuità.
Nella suddetta sentenza, sebbene in una fattispecie diversa da quella in esame, le SSUU, dopo avere rilevato che, sul piano storico, la disposizione modificativa dell’art. 240 bis comma secondo, disp. coord. cod. proc. pen., venne introdotta in via d’urgenza con il D.l. n. 306/1992, a seguito dei “tragici fatti di Capaci”, stabilirono che ai fini dell’applicazione della suddetta norma “che prevede l’esclusione, operante anche per i termini di impugnazione dei provvedimenti in materia di cautela personale, della sospensione feriale dei termini delle indagini preliminari nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, quest’ultima nozione identifica non solo i reati di criminalità mafiosa e assimilata, oltre i delitti associativi previsti da norme incriminataci speciali, ma anche qualsiasi tipo di associazione per delinquere, ex art. 416 cod. pen., correlata alle attività criminose più diverse, con l’esclusione del mero concorso di persone nel reato, nel quale manca il requisito dell’organizzazione”. La ratio di tale decisione fu rinvenuta nel fatto che “il legislatore ha voluto garantire una trattazione rapida per tutte le condotte criminali poste in essere da una pluralità di soggetti che, al fine di commettere più reati, abbiano costituito un apparato organizzativo il rilievo del quale predomini rispetto all’apporto causale del singolo partecipe: e ciò in considerazione del particolare allarme sociale che qualsiasi struttura organizzativa criminale suscita nell’opinione pubblica. Le esigenze teleologiche che si pongono alla base della deroga in esame prescindono da un paradigma che non sia funzionale al fine divisato dalla norma”. Precisarono, infine, le SSUU che “l’estensione alla materia cautelare non equivale, peraltro, ad affermare che la disciplina introdotta dalla novella di cui si è detto presupponga, per la relativa operatività, l’esistenza di uno status custodiate, che, al contrario, risulta richiesto soltanto nella previsione di cui al primo comma del medesimo art. 2 della legge n. 742 del 1969”.
Ora, la suddetta ratio legis è individuabile anche nelle ipotesi come la fattispecie in esame, atteso che, al di là del fatto che vengano impugnate le misure coercitive solamente per i reati fine per i quali, in sé e per sé, sarebbe prevista la sospensione, ciò che rileva è che, non potendosi procedere alla separazione dei vari reati, è l’intero procedimento che acquista una priorità di trattazione e, quindi, anche a tutti i reati che siano connessi al reato associativo dev’essere garantita una trattazione rapida dovendosi applicare anche ad essi la regola speciale di cui all’art. 2/2 legge cit..
In tali limiti deve pertanto condividersi ed ulteriormente precisarsi quella giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “il disposto del comma secondo dell’articolo 2 della legge 7.10.1969 n.742 e succ. mod., secondo cui la sospensione feriale dei termini per le indagini preliminari non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, è da intendersi con riferimento, non solo ai reati di criminalità mafiosa ed assimilata, ma anche ai reati di criminalità organizzata di altra natura, come pure a quelli che ad essi risultano connessi”: Cass. 16866/2001 riv 219034 – Cass. 622/1994 riv 196803.
Nell’accogliere, pertanto, il ricorso, va enunciato il seguente principio di diritto: “nell’ipotesi in cui un soggetto sia indagato, nell’ambito dello stesso procedimento, del reato di associazione per delinquere -per il quale, a norma dell’art. 2/2 L. 742/1969 (così come modificato dall’art. 21 bis del D.L. n. 306/1992 conv. nella L. n. 356/1992), la sospensione dei termini feriali non opera comunque e, quindi, anche in assenza di uno status custodiate – e di altri reati ad esso connessi – per i quali, invece, la sospensione opera – ove la richiesta di riesame al Tribunale venga proposta solo per la misura coercitiva disposta per i reati per i quali sia prevista la sospensione, la medesima ugualmente non opera, dovendosi applicare, comunque, la normativa di cui all’art. 2/2 L. 742/1969 relativa al reato associativo”. In conclusione, l’impugnazione deve accogliersi e l’ordinanza annullata senza rinvio con conseguente declaratoria di inefficacia della misura coercitiva.
P.Q.M.
Annulla Senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara l’inefficacia dell’ordinanza applicativa della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria emessa dal g.i.p. del Tribunale di Roma in data 15/07/2010.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.