Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-07-2012, n. 11469 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La RAI – Radio televisione italiana spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 30 ottobre 2007, che ha respinto l’appello contro la decisione con la quale il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda proposta da S. B.M..

La S. stipulò con la RAI nove contratti di lavoro a termine nel corso di circa nove anni. Promosse quindi un’azione giudiziaria dinanzi al giudice del lavoro di Roma. Il Tribunale accolse quasi integralmente la domanda: dichiarò la nullità della clausola di apposizione del termine; accertò la sussistenza di un unico rapporto di lavoro a decorrere dalla prima assunzione;

condannò la RAI a riammettere in servizio la ricorrente come programmista regista ed a risarcirle il danno corrispondendole le retribuzioni dal momento in cui si era messa a disposizione per la prosecuzione del rapporto. La sentenza, come si è detto, è stata confermata in appello.

La RAI propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

La S. si difende con controricorso. Le parti hanno depositato una memoria.

Con il primo motivo si denunzia la violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) anche in relazione all’art. 2697 c.c.. Con il relativo quesito si chiede di accertare se il requisito della specificità del programma o spettacolo vada interpretato nel senso che il lavoratore assunto per la realizzazione dello stesso sia in grado di dare un’impronta tale da differenziarlo rispetto ad altri della stessa specie e se ai fini della sussistenza di detto requisito il datore debba dar prova di elementi diversi da quelli attinenti la natura e le caratteristiche del programma.

Il motivo deve essere rigettato perchè nella sua decisione la Corte di merito si è attenuta alle indicazioni interpretative, costantemente ribadite, di questa Corte e non vengono offerti argomenti nuovi idonei a modificare tale orientamento.

Il problema concerne l’interpretazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, lett. e), sostituito dall’art. unico della L. 23 maggio 1977, n. 266, per il quale l’apposizione del termine ai contratti di lavoro è consentita per le "assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi".

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, a tal fine è necessario che ricorrano i requisiti della temporaneità e specificità, richiedendo – il primo di essi – non la straordinarietà od occasionalità dello spettacolo ma che lo stesso abbia una durata limitata nell’arco di tempo della complessiva programmazione fissata dall’azienda, tale da non consentire lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa, mentre – il secondo – postula che il programma sia caratterizzato dall’atipicità o singolarità rispetto ad ogni altro programma normalmente e correntemente organizzato, e che, inoltre, l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico od artistico, che non possa essere assicurato dai dipendenti assunti in pianta stabile (Cass., Sentenza n. 16690 del 19/06/2008).

Tale principio è stato anche affermato, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, con ordinanze della sesta sezione civile di questa Corte (L’ordinanza n. 3308 del 2 marzo 2012 ha ribadito: in tema di assunzioni a termine dei lavoratori dello spettacolo, ai fini della legittimità dell’apposizione del termine, è necessario che ricorrano la temporaneità della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo (che non devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi destinati ad esaurirsi), la specificità del programma (che deve essere quantomeno unico, ancorchè articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e la connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (per cui il primo concorre a formare la specificità del secondo o è reso necessario da quest’ultima specificità), di modo che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa).

Con il secondo motivo si denunzia carenza o contraddittorietà di motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo. Nella esposizione del motivo non si precisa quale è il fatto, ma si lamenta la mancata ammissione di una serie di capitoli di prova testimoniale in ordine alle caratteristiche dei programmi curati dalla ricorrente e in ordine alle sue mansioni. Il motivo è pertanto formulato in modo inammissibile.

Con il terzo motivo si denunzia violazione della L. n. 230 del 1962, art. 2, comma 2, anche in relazione all’art. 1344 e 2697 c.c.. Con il relativo quesito si chiede se possa ritenersi configurabile, ai sensi di tale norma, l’ipotesi di frode alla legge, in difetto di prova, a causa della reiterazione dei contratti ovvero della constatazione dell’avvenuta stipula di nove contratti pur di durata variabile nel corso di nove anni. Il motivo verte quindi su di una questione che è stata oggetto di motivazione meramente aggiuntiva della Corte di merito, la cui valutazione risulta irrilevante una volta respinto il motivo sulla questione decisiva prima esaminata in ordine ai requisiti della specialità.

Con il quarto motivo si denunzia violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2 in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001 come modificato dalla L. n. 133 del 2008, art. 21. Tale ultima norma introdusse il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4-bis, che per i giudizi in corso, quale era quello in esame, in caso di violazione degli artt. 1, 2 e 4 prevedeva che il datore di lavoro fosse tenuto solo ad indennizzare il lavoratore con una cifra di importo compreso tra un minimo di 2,5 mensilità ed un massimo di 6 mensilità. La norma è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 214 del 2009 della Corte costituzionale.

A prescindere però dalla fondatezza o meno del motivo, la sua proposizione vale a impedire il passaggio in giudicato della sentenza sul punto, con la conseguenza che questa parte della controversia è soggetta alla nuova disciplina introdotta, anche per i processi in corso, dalla L. n. 183 del 2010, art. 32.

(Contrariamente a quanto sostenuto dalla controparte nel corso della discussione orale, nella sua memoria per l’udienza la RAI ha preso atto della sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma posta a fondamento del motivo, ma ha altresì chiesto l’applicazione della nuova normativa introdotta dal cd. "collegato lavoro").

Pertanto, la sentenza sul punto deve essere cassata con rinvio alla medesima Corte d’appello in diversa composizione, per l’applicazione di quanto disposto dalla L. n. 183 del 2010, art. 32. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso e, pronunciandosi sul quarto, cassa in relazione a tale motivo e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2012
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