Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-07-2012, n. 11467 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La RAI chiede l’annullamento parziale della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 17 settembre 2008, che ha rigettato il suo appello contro la sentenza con la quale il "tribunale di Roma aveva accolto in parte la domanda di D.F..

Il Tribunale, a fronte di una serie di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra le parti a partire dal 2001, aveva dichiarato la nullità delle clausole di apposizione del termine dei contratti stipulati con tra il 4 settembre 2003 e il 31 gennaio 2005, dichiarando la sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal primo contratto la cui clausola è stata dichiarata nulla (quindi dal 4 settembre 2003), con qualifica di redattore di prima nomina. Aveva poi condannato la RAI ad assegnare il dipendente a mansioni corrispondenti a detta qualifica e al pagamento delle retribuzioni dalla data di messa in mora, individuata nel 28 ottobre 2005, sino al ripristino del rapporto, nonchè al pagamento di differenze retributive per i periodi lavorati, oltre rivalutazione ed interessi.

La Corte ha confermato la decisione, rigettando gli appelli proposti dalle parti.

Il ricorso per cassazione "parziale" della sentenza proposto dalla RAI è articolato in nove motivi. D.F. si è difeso con con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. assumendo che la sentenza della Corte sarebbe viziata per ultrapetizione nella parte in cui ha rilevato la violazione del decreto legislativo 368 del 2001. il motivo è infondato perchè confonde il concetto di ultrapetizione con il principio "iura novit curia".

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, comma 2, nella parte in cui la sentenza assume che la ultrattività (derivante dall’art. 11 cit.) dei contratti collettivi sottoscritti ai sensi dell’art. 23 cit. è limitata ai contratti collettivi nazionali e non anche agli accordi aziendali. Anche questo motivo è infondato perchè la sentenza si limita ad affermare quanto la norma sancisce. Ed infatti l’art. 11 cit. dispone "Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate la L. 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, la L. 25 marzo 1983, n. 79, art. 8-bis, la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nonchè tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel presente decreto legislativo". Il comma 2, aggiunge: "In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui al comma 1, le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi della citata L. n. 56 del 1987, art. 23 e vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, manterranno, in via transitoria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro". Quindi, è la norma che limita la ultrattività ai "contratti collettivi nazionali".

Con il terzo motivo si denunzia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto costituito dal carattere nazionale o aziendale dell’accordo sindacale RAI-Usigrai del 22 ottobre 2001. Con il quarto motivo si denunzia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, perchè, secondo la ricorrente, anche se fosse fondata la tesi della inapplicabilità della L. del 1987, art. 23 a causa del D.Lgs. del 2001, art. 11, la Corte avrebbe dovuto procedere ad accertare nel merito se nella fattispecie ricorressero o meno i presupposti per la stipula di contratti a tempo determinato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001.

Con il nono ed ultimo motivo si denunzia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto costituito dal diritto o meno del D. a fruire della indennità di qualificazione professionale e della indennità cd. di doppia testata per i periodi lavorati e già retribuiti dalla RAI. I primi tre motivi ed il nono motivo sono inammissibili, perchè l’oggetto del vizio di motivazione, per espressa previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, deve essere un "fatto", mentre i vizi prospettati attengono alla qualificazione e valutazione giuridica di fatti e concernono parti della motivazione in diritto ("Il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il "fatto" controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per "fatto" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo" (Cass., ord., 5 febbraio 2011, n. 2805; Cass. 29 luglio 2011, n. 16655).

I motivi dal quinto al settimo riguardano le conseguenze sanzionatone della violazione della normativa sul contratto a termine ed, in particolare, i temi della idoneità della domanda giudiziale a costituire in mora la RAI e dell’indagine sull’aliunde perceptum.

La proposizione di questi motivi, a prescindere dalla loro fondatezza o meno, ha impedito il passaggio in giudicato della decisione sul punto e quindi, a causa della emanazione della L. n. 183 del 2010 (applicabile anche ai giudizi in corso per consolidata giurisprudenza di questa Corte), la sentenza deve essere cassata nella parte in cui, dopo aver dichiarato la nullità della clausola di apposizione del termine e la conversione del contratto (parti che rimangono intangibili), ha deciso in ordine al risarcimento dei danni. Il giudice di merito, cui la causa viene rinviata, dovrà pronunciarsi su tale specifico punto, dando applicazione all’art. 32 cit..

Infondato è, infine, l’ottavo motivo, che denunzia violazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 21, convertito nella L. n. 133 del 2008, norma nelle more dichiarata incostituzionale.
P.Q.M.

La Corte rigetta i motivi dal primo al quarto, nonchè l’ottavo e nono. Pronunciandosi sui motivi dal quinto al settimo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 31 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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