Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-12-2012) 20-02-2013, n. 8089

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nerale in persona del Dott. Volpe Giuseppe che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 13 aprile 2012 la corte d’appello di Torino confermava la sentenza del locale tribunale che ,in data 11 novembre 2011 aveva condannato B.A., alle pene ritenuto di giustizia, per i reati di rapina, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Ricorre per cassazione personalmente l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:

1. vizio di motivazione con riguarda la mancata assoluzione dal reato di resistenza a pubblico ufficiale per carenza dell’elemento soggettivo. Sostiene di non essersi reso conto di essere inseguito da un agente di polizia.

2. Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla entità della pena, alla mancata esclusione della recidiva reiterata e alla mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione. Con riguardo alla recidiva sostiene il ricorrente che i precedenti dell’imputato erano risalenti nel tempo e che comunque nelle due precedenti condanne non era stato dichiarato recidivo.

I motivi riproducono pedissequamente i motivi d’appello. E’ giurisprudenza pacifica di questa Corte che se i motivi del ricorso per Cassazione riproducono integralmente ed esattamente i motivi d’appello senza alcun riferimento alla motivazione della sentenza di secondo grado, le relative deduzioni non rispondono al concetto stesso di "motivo", perchè non si raccordano a un determinato punto della sentenza impugnata ed appaiono, quindi, come prive del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 c.p.p., lett. c). E’ evidente infatti che, a fronte di una sentenza di appello, come quella in esame, che ha fornito una risposta ai motivi di gravame la pedissequa ripresentazione degli stessi come motivi di ricorso in Cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’Appello.

Deve aggiungersi che le argomentazioni esposte nel primo motivo si risolvono in generiche censure in punto di fatto che tendono unicamente a prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa, ma che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una sentenza, come quella impugnata che appare congruamente e coerentemente motivata proprio in punto di consapevolezza dell’imputato con riguardo alla qualifica di pubblico ufficiale dell’inseguitore.

Con riguardo al secondo motivo , premesso che la recidiva, al pari di ogni altra circostanza aggravante, non viene "dichiarata", ma può solo essere ritenuta e applicata ai reati in relazione ai quali è contestata, deve rilevarsi che la corte territoriale ha ritenuto sussistente i presupposti della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, richiamando le condanne che risultano dal certificato penale e dando conto con motivazione logica e coerente delle ragioni che militavano per la non esclusione della stessa.

Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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