Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-07-2012, n. 11460 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Salerno, con la sentenza n. 2217 del 18 agosto 2009, pronunciando sull’impugnazione proposta da V. S. nei confronti della società XXX di XXX & C. snc, in ordine alla sentenza n. 1826/2006 del Tribunale di Salerno, rigettava l’appello e compensava tra le parti le spese del giudizio di secondo grado.
2. Il V. aveva adito il Tribunale premettendo:
di aver lavorato alle dipendenze della convenuta dal 29 luglio 1991 al 1 luglio 1995 esclusivamente nei mesi da giugno ad ottobre, con mansioni di aiuto operatore fotografico e cineoperatore dal gennaio 1994 al luglio 1995;
di aver osservato nei giorni di lunedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica i seguenti orari di lavoro: dalle 7,00 alle 24,00;
di aver percepito la retribuzione giornaliera di L. 30.000 dal luglio 1991 al dicembre 1993 e di L. 100.000 dal gennaio 1994 al luglio 1995;
di non aver ricevuto alcunchè a titolo di 13A mensilità, indennità sostitutiva delle ferie non godute, lavoro straordinario e t.f.r..
Tanto premesso chiedeva che la società convenuta fosse condannata al pagamento della somma complessiva di L. 85.793.702, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, con vittoria delle spese di giudizio, con attribuzione.
3. Il Tribunale rigettava la domanda, affermando che mancava nella specie non sussisteva un rapporto di lavoro subordinato.
4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il V. prospettando un motivo di ricorso, articolato in due profili.
5. Resiste con controricorso la società XXX di XXX & C. snc, che ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Il ricorrente prospetta la censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
La Corte d’Appello non avrebbe fatto corretta applicazione dei criteri in base ai quali verificare la sussistenza degli elementi che connotano la subordinazione, offrendo, in merito, una motivazione inadeguata, senza tener conto delle deduzioni di esso appellante.
Quest’ultime vertevano sul potere direttivo e di controllo del datore di lavoro (il V., direttamente dal datore di lavoro, quando ritirava la mattina gli strumenti di lavoro, e durante la giornata dagli operatori a cui si accompagnava, riceveva indicazioni del servizio fotografico da eseguire, del luogo di lavoro, degli strumenti da utilizzare), sull’assenza di rischio od oneri economici per esso ricorrente e sull’assenza di occasionalità della prestazione lavorativa, personale e continuativa, sulla modalità della retribuzione e sui mezzi e sugli strumenti produttivi.
Infine, osserva il V. che, poichè il lavoro veniva prestato nei luoghi in cui si svolgevano i servizi fotografici (per matrimoni, battesimi, comunioni etc), commissionati da privati alla società, il luogo di lavoro coincideva con lo svolgimento principale dell’attività aziendale.
1.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Ai fini della qualificazione del rapporto di collaborazione personale in termini di subordinazione, la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, insindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, essendo a tal fine sufficiente che da questa risulti che il convincimento si sia formato attraverso la valutazione degli elementi acquisiti considerati nel loro complesso, senza necessità di una specifica analisi e confutazione degli elementi ritenuti recessivi rispetto a quelli valutati di valore prevalente (Cass., n. 14371 del 2008), fermo restando che, ove l’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari – come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario predeterminato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione (Cass., n. 9256 del 2009).
Nella fattispecie in esame, la Corte d’Appello, in applicazione dei richiamati principi di diritto, con adeguata e logica motivazione, ha affermato che non era stata raggiunta la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato instauratosi tra le parti in causa.
Ciò, in ragione delle risultanze istruttorie, valutate in termini di massima verosimiglianza tra le varie deposizioni assunte nel corso del processo, privilegiando quelle che, analizzate in maniera globale e non atomistica, denotavano una maggiore attendibilità e concludenza anche sul piano logico o anche escludendone in toto la rilevanza probatoria. Dalle stesse risultava una sicura impossibilità di poter ritenere provata la subordinazione, stante la vincolatività dell’esecuzione della prestazione da parte del lavoratore subordinato, da escludersi solo in presenza di malattia o fruizione delle ferie.
Nella specie, infatti, all’esito della prova testimoniale (in particolare, testi D.V.M., G.G. e F. G.), emergeva una situazione di collaborazione esterna, prestata in ragione della necessità di effettuare riprese con telecamere e fotografie per cerimonie determinate, con il conseguente pagamento in ragione dei servizi effettuati.
1.2. Il ricorso, quindi, deve essere rigettato, tenuto conto, altresì, che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.
2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro quaranta per esborsi, Euro duemila per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 2 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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