Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-12-2012) 20-02-2013, n. 8101

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il difensore di D.D. e G.L. ricorre avverso l’ordinanza emessa in data 27.3.2012 dalla Corte d’appello di Milano con cui è stata dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dai ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Vigevano, in composizione monocratica, dell’8.11.2005 che ha condannato gli imputati alla pena di anni uno mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa, in ordine ai delitti di truffa e ricettazione continuati. Ne chiede l’annullamento, deducendo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata. In particolare, lamenta la mancata declaratoria di estinzione dei reati (quantomeno di quello di truffa) per sopravvenuta prescrizione, già maturata alla data della pronunzia dell’ordinanza della Corte d’appello; l’omessa motivazione sulla possibile esistenza di un ne bis in idem procedimentale posto che è pendente altro giudizio – definito in appello e la cui sentenza è stata impugnata per cassazione – comprensivo delle imputazioni contestate nel presente procedimento; nel "merito" evidenzia la specificità dell’atto di appello proposto in ordine alla mancata applicazione dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 c.p., dell’attenuante comune di cui all’art. 62 c.p., n. 4, in tema di quantificazione della pena e sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Con memoria aggiunta ribadiva le doglianze formulate col ricorso.

Il procuratore generale di questa Corte ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in quanto manifestamente infondato.

Ritiene questa Corte che il ricorso sia fondato nella parte in cui lamenta l’illegittimità dell’ordinanza con cui la Corte territoriale ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dal difensore nell’interesse degli imputati. Invero, il ricorrente, nell’atto di appello, risulta avere censurato, con specifico motivo, il trattamento punitivo sia sotto il profilo della corretta qualificazione giuridica del fatto, da ritenersi di lieve entità in ragione della personalità degli imputati e della cifra non elevata apposta sull’assegno, elementi fattuali che rileverebbero anche ai fini della concessione dell’attenuante comune del danno di speciale tenuità, sia riguardo la quantificazione della pena, richiedendo il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche in ragione dell’atteggiamento ampiamente collaborativo posto in essere dall’imputato D. (avendo costui consegnato in sede di perquisizione l’oggetto di provenienza delittuosa), di cui dà atto anche il giudice di prime cure. Tali censure, seppur formulate con esclusivo riferimento all’aspetto sanzionatorio, rendono il gravame specifico in quanto riferibile agli imputati e si legano – in relazione al quantum di pena – alla motivazione della sentenza impugnata che ha escluso l’ipotesi lieve della ricettazione, il danno patrimoniale di speciale tenuità ed il giudizio di prevalenza delle attenuanti. L’appello, quindi, risultava dotato della necessaria specificità e, quindi, idoneo ad instaurare il rapporto processuale sul quantum della pena comminata.

Va, pertanto, annullata senza rinvio l’ordinanza impugnata e disposta la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Milano.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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