Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-10-2012) 20-02-2013, n. 8380

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 04/01/2012, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma del provvedimento del 12/11/2010 del Tribunale di Lecce: A) ha respinto la proposta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza per anni tre con obbligo di soggiorno nei confronti di D.T. M.; B) ha revocato il sequestro ed eliminato la confisca dei beni indicati in dispositivo (ossia dei beni intestati a D.T. M. o donati a F.M., De.To.Ma., D. T.R. e P.O.); C) ha confermato nel resto il provvedimento impugnato, che aveva C1) applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno, a S.C., C2) aveva disposto il sequestro e la contestuale confisca dei beni nella disponibilità del S.C..

2. Per quanto ancora rileva – e quindi con specifico riferimento alla posizione del S.C. e di D.T.A. – la Corte territoriale ha ritenuto che l’attuale pericolosità del S. C. è resa evidente sia dai precedenti penali, pur risalenti nel tempo, ma di gravità tale da provocare un rilevante allarme sociale, sia dalle condotte successive. La Corte, al riguardo, ha, tra l’altro, sottolineato: che il S.C. è stato condannato dal G.u.p. presso il Tribunale di Vigevano alla pena di dieci anni e quattro mesi di reclusione per un omicidio commesso nel corso di una rapina effettuata nel 1997, ma anche per ricettazione, per un’altra rapina e un contestuale tentativo di omicidio; che, secondo i collaboratori di giustizia, egli faceva parte del gruppo di fuoco del clan capeggiato da L.G. e che, dopo la morte di quest’ultimo, non aveva smesso di svolgere attività illecite, essendo stato coinvolto nel traffico di stupefacenti; che la sua lunga latitanza era cessata solo il 12/03/2010; che, con specifico riguardo alle misure patrimoniali, anche a voler assumere i dati più favorevoli, comunque il saldo complessivo della posizione del nucleo familiare, per il periodo compreso tra il 1997 e il 2005, era di segno negativo per Euro 84.134,14, in assenza di dedotte e documentate precedenti disponibilità economico – finanziarie.

Con riferimento ai profili procedurali, la Corte ha sottolineato: che i beni oggetto di confisca erano stati sequestrati, ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter con decreto 08/08/2009, emesso d’ufficio dal Tribunale di Lecce, una volta divenuta definitiva la decisione di annullamento assunta dalla Corte d’appello in relazione al decreto di sequestro n. 47/07, che era pertanto stato assorbito e superato da quello più recente; che nessuna rilevanza poteva essere attribuita alla mancanza di ulteriori indagini, ai sensi della L. n. 575 del 1965, cit. art. 2 ter, comma 1, in quanto, trattandosi di sequestro anticipato, esso può essere adottato in presenza delle sole condizioni dell’esistenza di una proposta e dell’inizio del procedimento; che la questione dell’illegittimità del provvedimento di rinnovo del sequestro del 25/05/2009 non era sostenuta da specifiche argomentazioni e comunque non considerava che, nonostante l’impropria dizione, il provvedimento andava qualificato come nuovo sequestro emesso d’ufficio; che il termine di un anno per l’adozione del provvedimento di confisca non è applicabile nel caso in cui la misura patrimoniale sia applicata contestualmente a quella personale.

3. Avverso tale decreto il S.C. e la moglie D.T. A. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

3.1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 1 per avere la Corte immotivatamente ritenuto il S.C. affiliato all’associazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita, senza dare conto dell’esistenza di indici di pericolosità attuale dello stesso. Da un lato, infatti, il Tribunale di Lecce, con la sentenza 01/02/2000, aveva escluso il carattere mafioso del c.d. gruppo Lezzi, dall’altro il S.C. era stato assolto da tutti i delitti associativi.

3.2. Con il secondo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 3, per avere la Corte immotivatamente ritenuto sussistente la sproporzione tra il valore dei beni e il reddito dichiarato o l’attività svolta nel caso di specie.

3.3. Con il terzo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 3, perchè il provvedimento di confisca era intervenuto in assenza di un valido provvedimento di sequestro. Con riguardo al provvedimento del 18/09/2008, esso sarebbe illegittimo, perchè il Tribunale aveva provveduto in pendenza dei termini per proporre ricorso per cassazione e perchè non ricorreva il presupposto, previsto dall’art. 2 ter cit., delle ulteriori indagini i cui esiti siano tali da giustificare un sequestro distinto da quello di cui al precedente art. 2 bis. Secondo il ricorso, inoltre, illegittimo era anche il provvedimento di rinnovo del sequestro del 02/05/2009. Il provvedimento di confisca era poi intervenuto oltre il termine di un anno dal sequestro, destinato a scadere in data 18/09/2009.
Motivi della decisione

1. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili, in quanto, sebbene articolati formalmente in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), lamentano l’insufficienza della motivazione in ordine alla appartenenza del S.C. ad un’associazione di tipo mafioso e in ordine alla sproporzione tra i beni ai quali la misura applicata si riferisce e il reddito dichiarato o l’attività svolta.

1.1. Ora, ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11 (applicabile ratione temporis alla procedura in esame, giacchè il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 10, comma 3 – il cui contenuto è peraltro riproduttivo della norma citata -, come tutte le disposizioni contenute nel libro 1^ del D.Lgs., non si applica ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del decreto – 13/10/2011 -, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione: art. 117, comma 1, il quale chiarisce che, in tali casi, continuano ad applicarsi le norme previdenti), avverso il decreto della Corte d’appello è ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge.

Come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Sez. 5^, n. 19598 del 08/04/2010, Palermo, Rv. 247514), in tema di misure di prevenzione, la riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), sicchè il controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli elementi esaminati ai parametri legali, imposti per l’applicazione delle singole misure e vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di motivazione apparente.

1.2. Nella specie, la Corte ha dato ampiamente conto delle ragioni giustificative delle conclusioni raggiunte, sia quanto al profilo considerato nel primo motivo (pag. 26 – 30 con riguardo alla qualificazione dell’associazione e alla attuale pericolosità del S.C.), sia quanto al profilo considerato nel secondo motivo (pag. 34 – 35).

2. Il terzo motivo non contiene specifiche censure dirette a contrastare le rationes decidendi del provvedimento impugnato, ma risulta essere meramente reiterativo delle critiche già sottoposte alla valutazione della Corte e da questa puntualmente disattese e non dimostra l’erroneità dei presupposti fattuali da cui prende le mosse il giudice di merito (in particolare, il fatto che i beni oggetto di confisca siano stati sequestrati con decreto 08/08/2009, emesso d’ufficio dal Tribunale di Lecce; del pari si rileva, data la pluralità di provvedimenti, che il ricorso non specifica, a fronte della motivazione della Corte, a quale sequestro si riferisca la censura relativa alla mancanza di ulteriori indagini, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter).

Quanto al decorso del termine annuale, è sufficiente ribadire che il provvedimento di confisca dei beni nei confronti di soggetti indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, quando sia adottato contestualmente a quello di applicazione della misura di prevenzione personale, non è soggetto al termine di un anno (eventualmente prorogabile) dalla data dell’avvenuto sequestro, previsto dalla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 3, in quanto tale termine deve essere osservato solo nel caso in cui la confisca sia disposta "successivamente", ossia dopo l’avvenuta applicazione della misura personale (Sez. 1^, n. 26762 del 04/06/2009, Mancuso, Rv. 244655).

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013
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