Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-10-2012) 20-02-2013, n. 8346

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 27/01/2011, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza G.u.p. del Tribunale di S. Maria Capua Vetere 23/01/2007, che aveva condannato M.P. per il reato di cui all’art. 610 cod. pen., alla pena di mesi tre di reclusione.

2. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di sostituzione della pena detentiva inflitta, in quanto il M. risulta "gravato da due precedenti penali specifici".

3. Avverso tale sentenza è stato proposto, nell’interesse del M., ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

3.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) in relazione agli artt. 178, 179, 599, 601 cod. proc. pen., il fatto che il giudizio si sia svolto il 27/01/2011, in assenza dell’imputato e del difensore, dal momento che quel giorno era in atto l’astensione dalle udienze penali degli avvocati.

Nel ricorso si rileva, in particolare, che il decreto di citazione a giudizio, notificato sia all’imputato che al difensore, non conteneva la precisazione, richiesta dall’art. 601 cod. proc. pen., comma 2, che il giudizio di appello si sarebbe celebrato in camera di consiglio. Nel decreto era anche presente l’avvertimento, tipico del giudizio dibattimentale pubblico, secondo cui, in caso di mancata comparizione, l’imputato sarebbe stato giudicato in contumacia.

Pertanto, la Corte non avrebbe potuto celebrare il giudizio con le forme del rito camerale e avrebbe dovuto procedere alla nomina di un difensore d’ufficio. Tali inosservanza aveva determinato la nullità del giudizio di appello e di tutti gli atti consequenziali.

3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) ed e) in relazione alla L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 59, violazione di legge e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione, dal momento che la pena edittale era contenuta nel limite dei sei mesi e non ricorreva alcuna delle condizioni ostative indicate dall’art. 59 della citata L. n. 689 del 1981, in relazione alla sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Con riguardo al primo motivo, rileva la Corte che la mancanza dell’avviso di cui all’art. 601 cod. proc. pen., comma 2, non è prevista a pena di nullità e non determina alcun pregiudizio per le ragioni della difesa. Nè, d’altra parte, tale mancanza avrebbe consentito al giudice di secondo grado di decidere l’appello avverso una sentenza pronunciata all’esito di giudizio abbreviato in forme processuali diverse da quelle previste dalla legge (art. 443 cod. proc. pen., comma 4).

3. Quanto al secondo motivo, la L. n. 689 del 1981, art. 53, dispone che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata;

quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente.

In coerenza con il dato letterale della norma, deve essere ribadito che la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen..

Ciò, peraltro, non implica che il giudice debba prendere in esame tutti i parametri-contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l’inefficacia della sanzione.

Nella specie, la Corte territoriale ha appunto valorizzato la rilevanza ostativa di due precedenti del M..

Va aggiunto che il potere discrezionale del giudice di merito è limitato dalla L. n. 689 del 1981, art. 59 solo nel senso che, ricorrendo le condizioni ivi indicate, non si potrà far luogo a sostituzione della pena detentiva, non già nel senso, auspicato dal ricorrente, che, in difetto di tali condizioni ostative, il giudice sia tenuto ad operare la sostituzione.

4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del M. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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