Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-07-2012, n. 11535 Consorzi di bonifica Indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4/6/09 – 4/3/10 la Corte d’appello di Catanzaro – sezione lavoro ha respinto l’impugnazione proposta da L. V., dipendente del Consorzio di Bonifica della Piana di Sibari e della Media Valle del Crati, avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo esperita da quest’ultimo per l’annullamento dell’intimazione di pagamento della somma di Euro 7000,00 richiesta da suddetto dipendente a titolo di "indennità di funzione di Responsabile del procedimento del settore Forestazione" in relazione al periodo agosto 2005 – gennaio 2006.
La Corte territoriale è pervenuta a tale decisione dopo aver rilevato che correttamente il Consorzio aveva ritenuto di non dar più seguito alla Delib. n. 31 del 2005 che aveva previsto l’erogazione dell’indennità in esame, una volta constatata la mancata trasmissione, sanzionata con nullità, di tale delibera alla Regione ai fini della sua sottoposizione al controllo di legittimità contemplato dalla L.R. n. 11 del 2003, art. 38.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il L., il quale affida l’impugnazione a tre motivi di censura.
Resistono con controricorso il Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini Meridionali del Cosentino ed il Consorzio di Bonifica della Piana di Sibari e della Media Valle del Crati.
Il ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e 1333 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla qualificazione giuridica della determina, nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa la qualificazione giuridica dello stesso provvedimento.
Si contesta, in particolare, la premessa fondamentale della decisione impugnata, cioè quella incentrata sulla natura pubblicistica e non contrattuale dell’indennità di funzione, e si sostiene, in contrario, che quest’ultima era stata prevista dalla determina n. 249/04 avente natura contrattuale, essendosi il Consorzio mosso nell’ambito della gestione privatistica del rapporto, tanto da potersi ritenere che sul punto vi era stata accettazione della proposta da parte dei dipendenti; invece, la Delib. n. 31 del 2005, sulla cui nullità la Corte territoriale ha soffermato l’indagine, era servita solo a recepire il contenuto della predetta determinazione. Quindi, secondo tale assunto, la predetta determina continuava ad essere la vera fonte del diritto al preteso emolumento, per cui nessun rilievo poteva avere nella fattispecie la sorte della Delib. n. 31 del 2005 che non era stata sottoposta al controllo di legittimità della regione; nè alcun valore giuridico poteva avere l’atto di annullamento della stessa Delib. n. 31 del 2005 operato in autotutela dal Consorzio, trattandosi di un atto unilaterale che, se inteso come revoca della proposta contrattuale, mai avrebbe potuto essere assunto dopo la stipulazione del contratto, mentre ove fosse stato considerato alla stregua di un atto di recesso sarebbe risultato sfornito di una giusta causa.
2. Col secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e 1333 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla qualificazione giuridica della Delib. n. 31 del 2005, nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla qualifica della stessa delibera.
Si contesta, in tal caso, la parte della decisione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto che la circostanza dell’audizione delle organizzazioni sindacali in vista dell’assunzione della Delib.
n. 31 del 2005 non poteva assimilarsi ad una partecipazione delle stesse rappresentanze sindacali all’atto. Sostiene, invece, il ricorrente, a riprova della dedotta natura negoziale dell’atto, che i rappresentanti delle organizzazioni aziendali avevano sottoscritto la delibera in questione, per cui quest’ultima altro non rappresentava che il suggello delle precorse intese. Inoltre, dalla asserita natura privatistica degli atti del Consorzio il ricorrente fa discendere la natura privata anche della Delib. n. 51 del 2005, con la quale fu annullata la precedente Delib. n. 31 del 2005.
3. Con l’ultimo motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, circa l’efficacia della Delib. n. 51 del 2005 e Delib. n. 66 del 2006, nonchè la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 12 disp. gen..
Si propone, infine, la questione di legittimità costituzionale della L.R. Calabria n. 11 del 2003, art. 38 per violazione degli artt. 3, 36, 39 e 117 Cost..
Attraverso la prima parte della censura il ricorrente contesta la ritenuta legittimità dei provvedimenti di annullamento della delibera n. 31/2005 e della determinazione n. 249/04 sostenendo che, in realtà, già esisteva un contratto tra le parti, per cui non era dato comprendere quale fosse la necessità di recepirlo in una delibera, cioè quella in seguito annullata; in ogni caso, aggiunge il ricorrente, anche a voler equiparare tali atti di annullamento a dei provvedimenti amministrativi, gli stessi erano da ritenere egualmente illegittimi, in quanto il Consorzio non avrebbe dovuto procedere autonomamente, a notevole distanza di tempo, ad annullare gli atti che prevedevano l’erogazione dell’indennità in esame, avvalendosi in tal modo di un potere che non gli competeva, ma avrebbe dovuto attivarsi per sottoporli al controllo di legittimità della Regione, per cui male aveva fatto la Corte d’appello a non disapplicarli.
Attraverso la seconda parte della censura il ricorrente solleva la questione della legittimità costituzionale della L.R. Calabria n. 11 del 2003, art. 38 adducendo che tale norma, nel prevedere un proprio potere di approvazione degli accordi coi quali vengono corrisposti trattamenti economici derogatori di quelli previsti dalla contrattazione collettiva, avrebbe finito con l’introdurre una sorta di condizione sospensiva dell’efficacia del contratto di tipo meramente potestativo, come tale illecita. Di qui la denunziata contrarietà alle norme costituzionali di cui in rubrica con riferimento alla riserva di legge statale in materia di ordinamento civile e dei rapporti di lavoro, alla disparità di trattamento con altri lavoratori subordinati o coi dipendenti dei Consorzi di bonifica delle altre Regioni e al principio di libertà sindacale.
Osserva la Corte che i tre motivi di censura possono essere trattati congiuntamente essendo sostanzialmente unitaria la questione sollevata, seppur sotto diversi aspetti.
Ebbene, il ricorso è infondato.
Invero, la Corte d’appello ha correttamente affrontato e risolto i termini della questione che è sostanzialmente contraddistinta dalla accertata impossibilità giuridica per il Consorzio di mantenere in vita l’erogazione di un emolumento, quale l’indennità di funzione, che, indipendentemente dall’atteggiarsi delle modalità iniziali del suo riconoscimento e dalla natura giuridica degli atti che l’avevano prevista, finiva per tradursi nella corresponsione, da parte di un ente sovvenzionato dalla Regione, di un beneficio la cui legittimità non era stata preventivamente sottoposta a controllo istituzionale dell’organo regionale a ciò deputato, controllo previsto a pena di nullità dalla L.R. Calabrese n. 11 del 2003, ai fini della salvaguardia degli obiettivi perseguiti attraverso i finanziamenti pubblici regionali.
Giustamente la Corte territoriale ha evidenziato che l’adozione, da parte del Consorzio, di atti deliberativi, seppure sotto la forma del recepimento di atti aventi natura di accordo o di contratto, ove ricadenti, come nella fattispecie, nelle materie specificatamente indicate nella L.R. n. 11 del 2003, art. 38, non poteva essere sottratta al controllo regionale.
In effetti, la L.R. Calabria n. 11 del 2003, art. 38, comma 6, prevede che siano sottoposte a controllo di legittimità le deliberazioni dei consorzi e tra queste indica espressamente alla lett. h) quelle riguardanti i trattamenti economici del personale in deroga a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, ipotesi alla quale è riconducibile quella in esame.
Nè il tentativo operato dal ricorrente di condurre il tutto ad un regime di negoziazione privata, funzionale alla tesi per la quale l’indennità in esame doveva ritenersi sottratta al predetto regime pubblicistico di controllo, incontra miglior fortuna. Anzitutto, va rilevato che la natura giuridica dell’atto contemplante il beneficio "de quo" non poteva di certo rendere inoperante la summenzionata norma regionale di controllo preventivo, trattandosi di norma diretta a garantire la rispondenza delle deroghe ai trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva agli obiettivi perseguiti attraverso i pubblici finanziamenti regionali; inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato che l’affermazione che vorrebbe ricondurre ad un contratto collettivo l’insorgenza del diritto all’erogazione dell’indennità in esame non trova alcun riscontro nella documentazione allegata.
In effetti, è stato compiutamente rilevato in sentenza che l’indennità in esame non aveva origine contrattuale, essendo stata attribuita autonomamente con la determinazione n. 149 del 13/10/04 del Commissario straordinario del Consorzio che aveva richiamato, a sua volta, il contenuto della determinazione n. 177/04 in cui si era preso atto della disposizione n. 231 del 27/10/04 di predisposizione di apposito organigramma relativo a tutti i servizi e che, comunque, l’emolumento in esame era stato riconosciuto al L. per l’espletamento delle funzioni di responsabile del procedimento, pur operando il medesimo in settori operativi non ricadenti nella L. n. 109 del 1994.
Infatti, proprio quest’ultimo aspetto della vicenda indusse in seguito il Commissario straordinario, così come esposto in sentenza, ad annullare, con Delib. n. 66 del 2006, anche le determine n. 177 e 178 del 9/9/04 e la determina n. 249 del 13/10/04, data la inapplicabilità ai Consorzi di Bonifica della disciplina di cui alla L. n. 109 del 1994.
Con argomentazione immune da vizi di natura logico-giuridica si è, poi, osservato che anche a voler ritenere che la Delib. n. 31 del 2005, relativa al riconoscimento della predetta indennità, potesse rappresentare il frutto delle intese con le associazioni sindacali, non per questo era possibile eludere il controllo di legittimità previsto dalla L.R. n. 11 del 2003, art. 38 in ordine agli interventi derogativi, anche migliorativi, del trattamento economico dei dipendenti. Conseguentemente il giudice d’appello è pervenuto al logico convincimento che era risultato corretto l’operato del Consorzio che, constatata la mancata trasmissione, sanzionata con la nullità, della Delib. n. 31 del 2005 alla Regione Calabria ai fini della sottoposizione al controllo di legittimità, aveva annullato la stessa delibera.
Infine, quanto alla prospettata questione di incostituzionalità, non può che evidenziarsene l’irrilevanza per carenza della presupposta permanenza del diritto all’indennità oggetto di causa: invero, la Corte territoriale ha esattamente osservato, con congrua argomentazione logico-giuridica, che, essendo venuta meno la determina n. 177/04 che aveva ancorato l’insorgenza del diritto all’indennità alla disciplina della legge quadro n. 109 del 1994 in materia di lavori pubblici, sarebbe stato necessario fornire la dimostrazione, di fatto non avvenuta, della sussistenza del diritto in forza di una diversa specifica disposizione normativa o contrattuale atta a far ipotizzare un contrasto tra la previsione del controllo regionale, di cui alla citata norma regionale sospettata di incostituzionalità, e le disposizioni costituzionali richiamate di cui all’art. 117 Cost., comma 2 e artt. 3, 36 e 39 Cost..
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 4000,00 per onorario e di Euro 70,00 per esborsi, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali ai sensi di legge.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2012

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