Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-10-2012) 15-02-2013, n. 7544

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 8 luglio 2011 la Corte d’Appello di Lecce, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Mesagne, ha riconosciuto C.C. responsabile dei delitti di atti persecutori e violenza privata in danno di C.F., unificati dal vincolo della continuazione; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge.

1.1. Ha ritenuto quel collegio che la prova dei commessi reati risiedesse nella analitica e documentata narrazione della persona offesa, minorenne all’epoca dei fatti, le cui dichiarazioni sono apparse attendibili per la loro linearità, costanza e coerenza;

nonchè nei riscontri forniti da testi presenti ad alcuni episodi di stalking, quali L.D., S.I., Ca.

C., c.a., Co.An., R.M. e M.P..

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a tre motivi.

2.1. Col primo motivo il ricorrente ripropone in questa sede l’eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato per indeterminatezza dell’imputazione.

2.2. Col secondo motivo contrasta il giudizio di attendibilità della persona offesa, sostenendo la contraddittorietà del suo narrato, e deduce travisamento dei fatti in rapporto alle emergenze probatorie.

2.3. Col terzo motivo contesta la sussistenza degli elementi costitutivi del reato ascrittogli, sia sotto il profilo oggettivo (avuto particolare riguardo alla pretesa induzione in ansia della persona offesa), sia sotto il profilo soggettivo. Deduce, altresì, che l’intervenuta assoluzione dalle imputazioni di ingiuria e lesione avrebbe dovuto condurre all’esclusione del reato di stalking.
Motivi della decisione

1. L’eccezione di nullità, che struttura il primo motivo di ricorso, è priva di fondamento. Ed invero, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il capo d’imputazione a lui contestato è sufficientemente specifico e idoneo a consentire il pieno espletamento dell’attività difensiva.

1.1. Al riguardo deve considerarsi che il delitto di stalking è un reato di natura abituale (Sez. 1, n. 9117 del 08/02/2011, confl, comp., Rv. 249617): appartiene, cioè, al novero di quei reati per la cui sussistenza è richiesta una pluralità di condotte le quali, isolatamente considerate, non costituirebbero reato, oppure costituirebbero altrettanti reati diversi da quello risultante dalla reiterazione.

1.2. Ne consegue che, ai fini della rituale contestazione, non si richiede che il capo d’imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio nel quale si è concretato il compimento di atti persecutori, sufficiente essendo a consentire un’adeguata difesa la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e gli effetti derivatine alla persona offesa. Tale criterio risulta, nel caso di specie, osservato, a maggior ragione in quanto dei due più gravi episodi, sfociati nella produzione di lesioni ai danni di C. F., è stata specificata anche la data.

2. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

2.1. Si sostiene, invero, con esso che la sentenza impugnata sia carente di motivazione nella parte riguardante il riconoscimento di attendibilità del narrato della C.. Ciò non risponde a verità, avendo la Corte d’Appello esaurientemente esplicato il criterio di giudizio cui si è attenuta in proposito, valorizzando ineccepibilmente – fra l’altro con diffuse argomentazioni, volte a confutare i rilievi mossi della difesa – i caratteri di pacatezza, linearità, costanza e coerenza riscontrati nelle dichiarazioni rese dalla persona offesa, pur dando atto della complessità del rapporto interpersonale svoltosi fra essa e l’imputato. I corrispondenti passi della motivazione (pagg. 9, 10, 11 e 12 della sentenza) si presentano immuni da vizi logici o giuridici, onde resistono al controllo di legittimità: mentre non può trovare accesso in questa sede la critica mossa dal ricorrente all’interpretazione che di tali rapporti ha dato la Corte territoriale, traducendosi in concreto la denuncia di "travisamento dei fatti" in una richiesta di rivisitazione del merito.

3. Da disattendere, infine, è anche il terzo motivo.

3.1. L’assunto secondo il quale non sussisterebbero gli elementi costitutivi del reato ambisce a fondarsi su una ricostruzione alternativa del fatto, inammissibile perchè non consentita nel giudizio di cassazione. Sulla base non soltanto delle dichiarazioni della persona offesa, ma anche delle conferme testimoniali, il giudice di merito ha ritenuto accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, il compimento da parte del C. di una serie di molestie, minacce, atti di violenza nei confronti della C., reiteratisi a lungo nel tempo e tali da ingenerare in costei uno stato di ansia o, quanto meno, di timore per l’incolumità propria e dei propri cari; e la motivazione così addotta si sottrae al controllo di legittimità in rapporto ai dati processuali (Sez. 5, n. 13648 del 03/04/2006, Leotta, Rv. 233381).

Quanto all’elemento soggettivo, basti considerare che ad integrare il reato è sufficiente il dolo generico, per cui non si richiede che l’agente sia animato dallo specifico fine di creare uno stato di ansia o di timore nella parte lesa (ovvero di costringerla a mutare la abitudini di vita), ma è sufficiente la consapevolezza che la propria condotta possa determinare tali effetti.

3.2. La tesi giuridica secondo cui l’intervenuta assoluzione in ordine a due episodi di ingiuria e di lesione comporterebbe il venir meno del delitto di stalking, non ha fondamento e va disattesa. Come ha già correttamente osservato la Corte territoriale, il venir meno di due dei molteplici episodi contestati al C. non elide l’antigiuridicità degli episodi restanti, il cui numero ben superiore a due da luogo a quella pluralità di condotte che secondo la giurisprudenza di legittimità vale a integrare il reato (Sez. 5, n. 6417 del 21/01/2010, Oliviero, Rv. 245881).

4. Il rigetto del ricorso, che inevitabilmente consegue a quanto fin qui osservato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

4.1. Stante il coinvolgimento di una minorenne nella vicenda, deve disporsi l’oscuramento dei dati identificativi.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone l’oscuramento dei dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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