Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-06-2012) 15-02-2013, n. 7590

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

-1- Con ordinanza del 26 settembre 2011, la Corte d’Appello di Palermo, in applicazione del disposto di cui all’art. 314 cod. proc. pen., liquidava a D.M.A., a titolo di equa riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta, in regime carcerario, dal 30 luglio 2008 al 4 febbraio 2010, la somma di Euro 85.000,00.

La corte territoriale, accertato, quanto al diritto all’indennizzo, che il ricorrente non aveva contribuito, nè prima nè dopo la perdita della libertà personale, a determinare, con una condotta caratterizzata da dolo o colpa grave, l’adozione del provvedimento restrittivo, liquidava in via equitativa, preso atto del protrarsi della detenzione, delle modalità della stessa, delle varie carcerazioni subite in conseguenza di diverse condanne inflittegli in quanto ritenuto responsabile di gravi delitti, la somma sopra specificata.

-2- Avverso tale decisione, ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, il D.M., che deduce violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in relazione ai criteri utilizzati per la determinazione dell’indennizzo nonchè all’entità della somma liquidata, notevolmente inferiore a quella che, alla stregua del criterio nummario, avrebbe dovuto essere corrisposta e per nulla rapportata alle gravi conseguenze per la salute che la carcerazione aveva determinato nel richiedente, colpito da infarto.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

-1- In tema di riparazione per ingiusta detenzione, in particolare, di individuazione dei criteri da seguire nella determinazione dell’equo indennizzo, questa Corte ne ha costantemente individuato il carattere indennitario e non risarcitorio, affermando che la liquidazione dello stesso si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto sia della durata della custodia cautelare sia, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà. Con riferimento alla durata della carcerazione, il criterio di riferimento per il calcolo dell’indennizzo è stato individuato in quello aritmetico, che tiene conto della durata della carcerazione ed è costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315 cod. proc. pen., comma 2, e il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303, comma 4, lett. c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita. Calcolo grazie al quale si perviene alla individuazione della somma liquidabile di circa 235,00 Euro per ogni giorno di detenzione in carcere, comprensiva di tutte le negative conseguenze generalmente derivanti dalla carcerazione, ridotta alla metà nel caso di arresti domiciliari in vista della loro minore afflittività rispetto alla detenzione in carcere. Detto criterio, che risponde all’esigenza di garantire, nei diversi contesti territoriali, un trattamento tendenzialmente uniforme, non esime, tuttavia, il giudice dall’obbligo di valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso e, quindi, dall’integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero riducendo il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione il più equa possibile e rispondente alle diverse situazioni sottoposte al suo esame. La Corte di legittimità ha ulteriormente chiarito "che il giudice è assolutamente libero anche di andare al di là del parametro aritmetico allorchè le conseguenze personali e familiari si rivelino tali -nonostante la modesta durata della privazione della libertà- da meritare un indennizzo senza confini, se non il confine del tetto massimo disponibile", ed ancora che "i parametri aritmetici individuano soltanto di norma o, se si vuole, soltanto tendenzialmente il massimo indennizzo liquidabile relativamente a tutte le conseguenze personali e familiari patibili per ogni giorno di ingiusta detenzione, libero essendo il giudice di discostarsene, sia in meno sia in più, e non solo marginalmente, … dando, però, di quel discostarsi …. congrua motivazione (Cass. 8.7.05 sez. 4^).

-2- Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è sostanzialmente attenuta la corte territoriale che, richiamato il parametro aritmetico, ha ridotto di poco più di un terzo l’importo liquidabile secondo i parametri sopra indicati, avendo ritenuto la minore afflittività della carcerazione per un soggetto, come l’odierno ricorrente, pluripregiudicato, con alle spalle diverse esperienze carcerarie.

A tale proposito, d’altra parte, questa Corte ha affermato il condiviso principio secondo cui " Nella liquidazione dell’indennizzo dovuto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione è legittimo operare una riduzione sulla somma giornaliera computata quale frazione aritmetica di quella massima liquidabile per legge, in ragione del fatto che l’istante abbia subito precedenti condanne, essendo ragionevole ritenere che in tal caso il danno derivante dall’ingiusta detenzione sofferta sia stato minore" (Cass. n. 23124/08, conf n. 24673/10).

Legittimamente, peraltro, il giudice della riparazione ha ritenuto di non liquidare ulteriori indennità per i problemi di salute lamentati dal D.M. negli ultimi periodi di carcerazione, non essendo emersa prova della loro riconducibilità allo stato detentivo.

L’ordinanza impugnata non si presenta, dunque, affetta dai vizi dedotti, di guisa che il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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