Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-06-2012) 15-02-2013, n. 7588

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l PG. che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

-1- L.K. propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Brescia, del 25 novembre 2010, che ha respinto la domanda, dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in conseguenza dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell’ambito di procedimento penale che l’ha visto imputato del delitto di tentato omicidio.

L’accusa, dalla quale il L. è stato successivamente assolto, aveva avuto origine da una violenta lite verificatasi all’interno di un bar tra avventori di origine albanese ed avventori di origine Kossovaja, durante la quale gli aggressori avevano, utilizzando armi bianche, inferto gravi lesioni ai componenti l’altro gruppo. Grazie alle indicazioni immediatamente fornite dalle persone offese, ed attraverso l’identificazione dell’auto degli aggressori, questi erano stati, dagli agenti di PG intervenuti, rintracciati ed arrestati nell’abitazione ove si erano nascosti. Del gruppo faceva parte l’odierno ricorrente, poi assolto poichè i testimoni non avevano confermato, con la necessaria certezza, l’individuazione fotografica effettuata in sede di indagini.

La corte d’appello ha rigettato l’istanza avendo ritenuto che il richiedente, con il suo comportamento gravemente colposo, aveva contribuito a dar causa al provvedimento restrittivo.

-2- Avverso tale decisione viene, dunque, proposto ricorso per cassazione, con il quale ove si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione del provvedimento impugnato, con riguardo all’affermata sussistenza del presupposto impeditivo al riconoscimento del diritto alla riparazione, cioè di una condotta gravemente colposa del richiedente.

Ritualmente costituitasi nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto dichiararsi inammissibile, ovvero rigettarsi il ricorso.
Motivi della decisione

-1- Il ricorso è infondato.

-1- Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento al diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato, o concorso a darvi, causa, per dolo o colpa grave, deve manifestarsi attraverso comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (auto incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.

-2- Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo ritenuto, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico, e nel rispetto della normativa di riferimento, che la condotta del richiedente avesse sostanzialmente contribuito ad ingenerare, sia pur in presenza di errore dell’autorità inquirente, la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è scaturita, con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.

I giudici della riparazione, richiamando circostanze emerse nella sede processuale, hanno legittimamente ritenuto che la presenza del L., poco dopo i fatti, all’interno dell’abitazione ove si erano rifugiati i responsabili dell’aggressione, uno dei quali aveva con sè un giubbotto sporco di sangue, fosse elemento caratterizzante una condotta gravemente imprudente e negligente nei termini richiamati dall’art. 314 c.p.p. Una condotta, quindi, ritenuta connotata da colpa grave, che aveva quantomeno contribuito alla formazione del significativo quadro indiziario che aveva determinato l’adozione del provvedimento restrittivo.

Giustamente, poi, è stato dal giudice della riparazione stigmatizzato il comportamento processuale dell’odierno ricorrente, che solo in dibattimento aveva introdotto due testimoni che avevano attestato che, al momento dei fatti, egli si trovava altrove, intento a seguire una partita di calcio in televisione; circostanza che, se tempestivamente segnalata, avrebbe potuto sollecitamente chiarirne la posizione e determinarne la scarcerazione.

Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione;

mentre resta di esclusiva pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.

-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore del ministero resistente, che complessivamente si liquidano in Euro 750,00.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese in favore del ministero resistente, che liquida in complessivi Euro 750,00.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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