Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-06-2012) 15-02-2013, n. 7585

vSentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

-1- G.A. ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Bologna, del 27 maggio 2011, con la quale è stata respinta la domanda, dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta a seguito di provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso nell’ambito di un procedimento penale che lo ha visto imputato del delitto di omicidio volontario aggravato in concorso. Accusa dalla quale è stato in seguito assolto.

I giudici della riparazione sono pervenuti alla decisione di rigetto, avendo ravvisato una condotta processuale gravemente colposa dell’istante, laddove lo stesso, in sede di interrogatorio di garanzia, a fronte di un complesso quadro indiziario che lo collocava in un contesto di intensi contatti telefonici intercorsi, in alcune fasi della vicenda omicidiaria, con soggetti coimputati poi definitivamente condannati, si era limitato a fornire generiche ed inadeguate spiegazioni circa le ragioni di tali contatti, in tal guisa avendo contribuito a produrre un effetto idoneo a trarre in errore l’autorità giudiziaria.

-2- Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’ordinanza impugnata, violazione di legge e vizio di motivazione della stessa, laddove la corte territoriale indebitamente avrebbe individuato una condotta gravemente colpevole ed ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione nelle stesse difese dell’imputato, come articolate nell’interrogatorio di garanzia, senza tuttavia tener conto delle emergenze istruttorie.

-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi in giudizio nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e deve essere, quindi, accolto.

– 1 – Secondo l’insegnamento di questa Corte, "In tema di riparazione per ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento al diritto all’indennizzo, rappresentata nell’avere il richiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti che non siano stati esclusi dal giudice della cognizione e che possano essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver determinato l’imputazione) o di tipo processuale (auto incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi); il giudice è pertanto tenuto a motivare specificamente sia in ordine all’addebitabilità all’interessato di tali comportamenti, sia in ordine all’incidenza di essi sulla determinazione della detenzione" (Cass. sez 4, n. 8163/2002).

E dunque, se è certamente vero che è consentito al giudice della riparazione prendere in esame e valutare, ai fini del giudizio riparatorio, la condotta processuale del richiedente e la sua stessa strategia difensiva, è anche vero che lo stesso giudice deve, anzitutto, accertare quali siano le circostanze taciute o falsamente rappresentate, quindi, verificare se tale condotta sia stata causa, anche solo concorrente, dell’adozione del provvedimento ingiusto, ovvero della protrazione dei suoi effetti. Invero, è proprio l’accertato rapporto di causa effetto che legittima il riconoscimento della rilevanza negativa, nel giudizio di riparazione, della strategia difensiva, comunque legittima, dell’imputato.

-2- Orbene, a tali principi non si è attenuta la corte territoriale che, dopo avere individuato nella genericità e nell’inadeguatezza delle spiegazioni fornite dal G. in ordine ai contatti intercorsi con i soggetti poi condannati per l’omicidio gli estremi di una condotta gravemente colpevole, non ha, da un lato, indicato gli elementi che l’istante aveva omesso di allegare a propria discolpa, ovvero li ha indicati in termini del tutto generici ed assertivi, nè ha chiarito il rilievo di tali richieste spiegazioni con riferimento al provvedimento restrittivo adottato -chiarimento necessario ove si consideri che le contestate dichiarazioni sono, evidentemente, successive all’emissione del provvedimento cautelare-;

dall’altro, non ha coerentemente argomentato circa la sussistenza del nesso di causalità tra quelle ritenute inadeguate spiegazioni e l’adozione ed il mantenimento dell’ingiusto provvedimento restrittivo.

-3- L’ordinanza impugnata, dunque, presenta una motivazione illogica e non in linea con i principi di diritto elaborati da questa Corte, di guisa che essa deve essere annullata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Bologna, che provvederà al regolamento tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, cui rimette anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013
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