Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-02-2013) 18-02-2013, n. 7914

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 28 giugno 2012 la Corte di appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile, per genericità dei motivi, l’appello proposto da P.G. avverso la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme, in composizione monocratica, resa l’8 ottobre 2009, con la quale P.G. era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi uno di arresto ed Euro 200,00 di ammenda, col beneficio della sospensione condizionale della pena, per aver portato fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, un coltello della complessiva lunghezza di 16 centimetri con lama lunga 7 centimetri; in (OMISSIS).

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso a questa Corte l’imputato tramite il difensore di fiducia, il quale deduce tre motivi.

2.1. Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 272 e ss.

cod. proc. pen. in relazione alla L. n. 110 del 1975, art. 4 e il difetto di motivazione con riguardo alla corretta valutazione degli elementi costitutivi del reato previsto dall’art. 4 cit.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge penale e processuale nonchè difetto di motivazione con riguardo all’art. 129 cod. proc. pen. e art. 160 cod. pen..

2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge e il difetto di motivazione e chiede la declaratoria di prescrizione del reato ai sensi della L. n. 251 del 2005 che ha modificato la disciplina dell’istituto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. Il primo motivo, oltre a contenere un erroneo richiamo normativo all’art. 272 cod. proc. pen. che si assume violato, è del tutto eccentrico rispetto al contenuto della sentenza impugnata, la quale, con motivazione puntuale e coerente, scevra da violazioni delle regole della logica e del diritto, ha rilevato la genericità dell’appello perchè privo, secondo la testuale argomentazione che si legge nella medesima sentenza, del "minimo apparato argomentativo omettendo completamente l’indicazione degli elementi di fatto e di diritto su cui si fondano le astratte doglianze in punto di asserita erronea valutazione della prova da parte del primo giudice, il quale di contro ha adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità del P., richiamando gli esiti della perquisizione personale effettuata nei confronti del medesimo dai CC di (OMISSIS) nell’ambito di un servizio perlustrativo e di controllo, alla stregua dei quali risulta accertato il contestato porto ingiustificato del coltello in sequestro".

Nel ricorso a questa Corte all’incongruenza dei motivi, tale da renderli del tutto avulsi e, perciò, irrimediabilmente generici rispetto al contenuto della decisione impugnata non specificamente censurato, si accompagna l’estrema confusione delle argomentazioni che, in alcuni passaggi, evocano l’affiliazione dell’Imputato ad una associazione mafiosa come oggetto di contestazione (v. pag. 5 del ricorso), in realtà del tutto estranea all’unico reato contravvenzionale ascritto al P. nell’attuale processo.

1.2. Palesemente generico e intrinsecamente contraddittorio è il secondo motivo di ricorso col quale il P., mentre denuncia, nel solo titolo della censura, la violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e art. 160 cod. pen., lamenta, invece, nel corpo illustrativo del motivo, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche che, al contrario, risultano concesse nella sentenza di primo grado.

1.3. Manifestamente infondato, infine, è il terzo motivo che lamenta la mancata rilevazione della compiutasi prescrizione della contravvenzione contestata, giacchè il termine massimo, considerate tutte le interruzioni, è di cinque anni ai sensi del combinato disposto dell’art. 157 c.p., comma 1, art. 160 c.p., comma 3, e art. 161 c.p., comma 2, ed esso certamente non era decorso al momento dell’emissione della sentenza del Tribunale di Lamezia Terme in data 8 ottobre 2009, essendo stato il reato commesso il (OMISSIS);

mentre la dichiarata inammissibilità dell’appello, con l’impugnata sentenza del 28 giugno 2012, ha precluso la rilevanza della prescrizione del reato compiutasi solo dopo la pronuncia della decisione di primo grado (conforme: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

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