Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-02-2013) 18-02-2013, n. 7793 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di R.A. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP presso il Tribunale di Tivoli in data 17-10-2011 per il reato di detenzione a fine di spaccio e cessione di stupefacenti (cocaina e hashish in concorso con tal M.D.), il Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza in data 25-10-2012, confermava la detta misura intramuraria, ribadendo la sussistenza della gravità indiziaria, desunta dall’esito delle indagini di pg, dai verbali di arresto, perquisizione e sequestro della sostanza, nonchè dalle modalità della condotta dell’indagato con il coimputato, in sede di osservazione da parte della pg nel corso dei contatti con gli avventori della droga, da cui – secondo la consulenza tecnica in atti – erano ricavabili 168 dosi medie. Del pari veniva ribadita la sussistenza delle esigenze cautelari segnatamente riferita al concreto pericolo di recidivanza, stante le accertate e sistematiche modalità dei fatti da cui era dato evincere allarmanti caratteri di professionalità nella condotta dell’indagato in concorso con il correo, il che rendeva neutro il dato relativo all’incensuratezza del R. ed adeguata alla tutela del detto pericolo solo la misura intramuraria in atto.

Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del gravame, tramite il proprio difensore:

Violazione dell’art. 606, lett. e) in relazione all’art. 192 c.p.p. per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione tanto in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, quanto in merito alle esigenze cautelari, posto che una corretta valutazione delle risultanze investigative ed indiziarie acquisite doveva far escludere, anche in punto di logica, una consapevole, volontaria ed efficace compartecipazione del ricorrente alla condotta ascritta al coimputato, già noto per i suoi precedenti in materia di spaccio di stupefacenti, senza contare che il paventato pericolo di recidivanza si risolveva in asserzioni fondate su mere ipotesi, illazioni e congetture, smentite, peraltro dallo stato di incensuratezza dell’indagato. Di qui l’inaccettabile portata apodittica della decisione impugnata.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata in Euro MILLE/00 in favore della Cassa delle Ammende.

Va richiesta la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Ed invero, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, l’impugnato provvedimento si fa motivato carico di rappresentare, anche in punto di conseguenzialità logica, l’accertato contributo, di non trascurabile spessore, offerto dalla condotta dell’indagato a quella del correo M., grazie all’accurata osservazione svolta dalla pg, con riscontri oggettivi desumibili dalle risultanze delle perquisizioni e sequestri operati in sede di indagini preliminari e dall’esito della consulenza tossicologica sul valore ponderale dello stupefacente.

Le controdeduzioni difensive in punto di asserita violazione dell’art. 192 c.p.p. sono del tutto improprie, trovando applicazione detta norma in materia di misure cautelari solo con richiamo ai commi 3 e 4 e non già 1 e 2, come inequivocamente risulta dall’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, come introdotto dalla L. n. 63 del 2001, art. 2 sul giusto processo.

Del resto la corretta lettura dei criteri tipicizzanti la gravità indiziaria a supporto delle condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari personali ex art. 273 c.p.p., è ben diversa dalla portata dei criteri che valgono a supportare un corretto giudizio di valutazione della prova in sede di giudizio di merito sull’esistenza del fatto.

In tal senso la risposta motivatamente offerta dall’ordinanza impugnata assolve pienamente all’obbligo di rappresentazione corretta, anche in punto di logica, dell’accertata gravità indiziaria allo stato degli atti (cfr. foll. 2-3 provvedimento impugnato).

Del pari corretta e motivata è la risposta alle controdeduzioni in punto di esigenze cautelari (cfr.fol. 3-4), segnatamente riferite al concreto pericolo di recidivanza, in rapporto a circostanze e modalità del fatto e personalità dell’indagato, il cui accertato comportamento affatto isolato ed occasionale, è indice di una stabile proclività delinquenziale, ostativa a misura diversa da quella intramuraria in atto ad onta dell’invocata formale incensuratezza del ricorrente, come, del resto, motivatamente sottolineato dai giudici del Tribunale del riesame capitolino, non senza un puntuale richiamo al riscontro, anche logico, dell’inserimento dell’indagato nell’ambiente delinquenziale dello spaccio di droga, con "paludate" espressioni esteriori di serenante disponibilità di denaro, nonostante il suo accertato stato di disoccupazione, certamente incompatibile con il possesso di vettura di grossa cilindrata.

Di qui l’inconsistenza dell’asserita censura di un’accusa fondata solo su mere ipotesi, illazioni e gratuite congetture e la conseguente manifesta infondatezza dei motivi addotti in ricorso, con conseguente inammissibilità dello stesso.
P.Q.M.

DICHIARA inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro MILLE,00 in favore della Cassa delle Ammende.

MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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