Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-01-2013) 18-02-2013, n. 7935

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza 11/6/12 il Tribunale di Napoli rigettava l’istanza di riesame proposta da C.L. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti del predetto il 2/4/12 dal Gip dello stesso Tribunale per il reato di associazione pluriaggravata di tipo mafioso.

L’imputazione riguarda il noto "clan dei Casalesi", la cui perdurante attività criminale associata condotta sul territorio è qui contestata in provincia di (OMISSIS) fino all'(OMISSIS). L’accusa dai collaboratori di giustizia V.R. e P.R..

Quanto all’odierno indagato, egli è riconosciuto in fotografia da entrambi i collaboranti. P., cui viene ricordato il nome, lo dice affilato al clan e specificamente al gruppo capeggiato da S.F. di L., cugino di altro affiliato, C. S. (cugino anche suo), e gli attribuisce lo specifico compito di contattare gli imprenditori da estorcere, oltre ad occuparsi di truffe assicurative. V., cui pure viene ricordato il nome, lo dice genericamente a disposizione del gruppo, utilizzato per contattare persone che dovevano incontrare o per fare dei giri in paese a Casale o per avvisare della presenza delle forze dell’ordine (il riferimento temporale è agli anni dal (OMISSIS) all’arresto del propalante). Allo stesso modo si esprime il collaboratore L. S., che del P. ricorda la disponibilità ad effettuare una sorta di ronda per avvisare gli affiliati dell’arrivo delle forze dell’ordine.

A giudizio del Tribunale la parola dei collaboratori era ulteriormente riscontrata da una vicenda estorsiva oggetto di una o.c.c. del 12/9/11 emessa dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiaratosi incompetente. In tale vicenda (una tentata estorsione aggravata L. n. 203 del 1991, ex art. 7 perpetrata tra il 20 e il 31/8/11 in danno di Pa.Fi., gestore di un caseificio in (OMISSIS)) il C., recatosi insieme a Ca.Pa. al caseificio, aveva convocato il Pa. (a nome di un cugino del noto I.A., detto "(OMISSIS)") presso un bar di (OMISSIS). All’appuntamento si era presentato Ca.Ca. che, a nome della camorra, chiedeva al Palazzo un contributo "volontario" di 5.000 Euro per il mantenimento dei familiari dei detenuti. Quindi la gravità del quadro indiziario e l’esistenza delle esigenze cautelari.

Ricorreva per cassazione la difesa del C., deducendo vizio di motivazione sul compendio indiziario (fondato esclusivamente sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia di cui non era debitamente saggiata la attendibilità soggettiva ed in assenza di riscontri esterni che, in modo non generico, delineassero per il C. uno stabile vincolo associativo) e violazione di legge sulle esigenze cautelari (da ritenere inesistenti, i fatti addebitati essendo risalenti nel tempo a fronte di una personalità certamente non allarmante del prevenuto). Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.
Motivi della decisione

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile. E’ giurisprudenza pacifica di legittimità in tema di misure cautelari personali (S.U. Cass., sent. n. 11 del 22/3/00, rv. 215828, Audino), che allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Suprema Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento dei risultati probatori. Nel caso in esame ciò è avvenuto, il giudice di merito avendo rappresentato in modo adeguato, logico e corretto la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato. La convergente parola dei collaboratori di giustizia V. e P. (la cui attendibilità è stata espressamente vagliata dal tribunale sia con riferimento a quanto esposto nell’ordinanza cautelare sia con autonome considerazioni sulla valenza anche auto accusatola delle loro dichiarazioni, la qualità degli episodi riferiti, la precisione dei particolari, l’estensione temporale del periodo narrato, l’assenza di motivi calunniatori) indica il C. come soggetto organicamente inserito, sia pure con ruoli non di primo piano, nella potente cosca dei casalesi, capace di auto generazione, nonostante la carcerazione e la latitanza di molti esponenti, con la selezione di nuovi elementi in grado di adempiere alle direttive dei capi storici. Forte riscontro all’indicazione dei due collaboratori l’episodio (oggetto di altra ordinanza cautelare) che vede il C. affiancare Ca.Pa. nella richiesta estorsiva all’imprenditore Pa.. E dello stesso C., attribuendogli compiti gregari, parla anche altro collaboratore, L.S..

Quanto alle esigenze cautelari, peraltro presunte per il reato associativo in contestazione (art. 275 c.p.p., comma 3), il Tribunale ha correttamente ricordato la prolungata adesione del soggetto alle attività del pericoloso gruppo criminale, per fatti gravi e con la costante disponibilità a svolgere per esso le mansioni più eterogenee.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’adeguata sanzione pecuniaria (art. 616 c.p.p.).

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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