Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-01-2013) 18-02-2013, n. 7934 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza 12/7/12 il Tribunale di Milano in sede di gravame cautelare ex art. 310 c.p.p. rigettava l’appello avverso l’ordinanza 1/6/12 con cui la Corte di Appello di Milano respingeva l’istanza proposta nell’interesse di B.G. (già G.G.), imputato dei reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73 volta alla declaratoria di inefficacia della misura cautelare in atto nei suoi confronti per decorrenza del termine massimo di fase di custodia cautelare.

Il B., latitante per questi reati giusta ordinanza 13/11/03 del Gip del Tribunale di Milano e condannato con sentenza 12/4/07 dello stesso Tribunale (irrevocabile il 19/9/07: anni 9 e mesi 8 di reclusione), veniva arrestato in Albania il 30/5/11 in seguito a sentenza 28/5/11 del locale Tribunale di Lushnje. Contro la sentenza italiana il B. presentava incidente di esecuzione per sentir dichiarare la nullità del titolo o in subordine essere rimesso nel termine per appellarlo. In quest’ultimo senso si pronunciava il Tribunale, giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 12/10/11, contestualmente ordinando l’esecuzione dell’ordinanza applicativa della custodia in carcere emessa dal Gip il 13/11/03.

Su queste premesse il 30/5/12 la difesa chiedeva alla Corte di Appello chiamata a decidere sul gravame che venisse dichiarata la perdita di efficacia della misura, essendo trascorso il termine di fase di un anno di cui all’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. c. La Corte (1/6/12) rigettava l’istanza, sul supposto che il termine in questione decorresse dalla ordinanza 12/10/11 che, nel rimettere in termini per l’appello il richiedente, aveva ordinato nei suoi confronti l’esecuzione della misura.

Lo stesso affermava il Tribunale in sede di appello, osservando come la detenzione del B. in Albania prima di quella data non poteva che essere imputata all’esecuzione della sentenza di condanna (fin allora) definitiva.

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: lo stesso giudice adito dava atto che con sentenza 28/5/11 il Tribunale di Lushnje, su richiesta dell’Autorità italiana, disponeva l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Milano il 13/11/03 nei confronti del B., che veniva catturato il (OMISSIS). Era pertanto da quella data che era in corso la sua custodia cautelare. Il 22/12/11 la Corte di Appello di Valona aveva sì confermato la sentenza 28/7/11 del Tribunale di Lushnje che aveva convalidato la detenzione del catturato per l’esecuzione della sentenza divenuta irrevocabile. Ma poichè i due titoli erano distinti, non poteva negarsi che alla data del 30/5/12 fosse decorso il termine massimo di custodia per la fase di appello non ancora definita con sentenza, vista la remissione in termini. Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato è va respinto. La Corte è consapevole della giurisprudenza, peraltro non univoca, circa la computabilità della custodia cautelare sofferta all’estero e le sue eventuali condizioni.

Il caso in esame ha tuttavia una singolare specificità, dove, al titolo originariamente definitivo dello Stato italiano notificato al B. nel carcere albanese il 30/5/11 (corrente la sua detenzione, che ne ha differito la consegna all’autorità italiana: come informa il ricorso, solo il 22/12/11 la Corte d’Appello di Valona confermava la sentenza 28/7/11 del Tribunale di Lushnje che convalidava la detenzione del B. per l’esecuzione della sentenza definitiva italiana dopo che il 28/5/11 lo stesso Tribunale ne aveva consentito l’arresto), solo il 12/10/11 è succeduta, contestualmente alla rimessione in termini per appellare disposta dal Tribunale, l’esecuzione del titolo cautelare a suo tempo emesso dal Gip il 13/11/03. Solo dal 12/10/11 potrà pertanto decorrere il termine di custodia cautelare di fase: in precedenza il titolo era diverso, definitivo, e il soggetto in autonomo stato di detenzione nel suo Paese. In caso analogo (anche se i più titoli, definitivi e cautelari, non erano in successione tra loro ma in cumulo) la giurisprudenza ha affermato che "la detenzione cautelare subita all’estero, come conseguenza di una domanda di estradizione, non è computabile, agli effetti dei termini di durata della custodia cautelare, fin tanto che la persona richiesta non sia stata posta a disposizione della giurisdizione italiana" (Cass., 4, n. 7705 del 19/12/06, dep. 23/2/07, rv 235905). L’ordinanza impugnata è pertanto corretta.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.).

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

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