Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-01-2013) 18-02-2013, n. 7933 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza 6/7/12 il Tribunale di Napoli in sede di gravame cautelare ex art. 310 c.p.p. rigettava l’appello avverso l’ordinanza 30/12/11 con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere respingeva l’istanza proposta nell’interesse di P.P.G. volta alla declaratoria di inefficacia della misura cautelare in atto nei suoi confronti per la decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. Era dedotta dall’interessato la problematica della cd.

"contestazione a catena", rappresentandosi come in una seconda occ. del (OMISSIS) (eseguita il (OMISSIS)) fosse contestata la medesima associazione di tipo camorristico (sia pure con condotta "perdurante") già contestata con una prima del (OMISSIS) (eseguita il (OMISSIS)), senza che nella seconda si facesse riferimento ad elementi successivi all’aprile (OMISSIS) (già oggetto di un’occ. del (OMISSIS) dichiarata inefficace dalla S.C. per vizi formali).

Il Tribunale replicava che il reato contestato con la seconda occ. era con condotta perdurante e pertanto successiva al (OMISSIS) e che ciò fosse (e non fosse escluso dallo stato di carcerazione del soggetto) era dimostrato dalla sentenza 12/6/12 del Tribunale di Santa Maria che condannava in primo grado il P. per il detto reato associativo, sia pure in continuazione con il primo.

Ricorreva per cassazione il P. con atto a sua firma, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: il Tribunale si era limitato ad affermazioni teoriche, argomentando che lo stato di detenzione non esclude la permanente adesione del detenuto ad un’associazione criminale, ma senza indicare in concreto da quali elementi desumesse tale perdurante adesione nel caso del ricorrente, cui in definitiva si imputa l’assenza di un segno di dissociazione.

Veniva pertanto ribadita l’illegittimità della seconda occ., basata su condotte storicamente antecedenti la prima. Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.
Motivi della decisione

Il ricorso, infondato, va respinto. L’assunto del ricorrente, secondo il quale il giudice cautelare si sarebbe limitato ad affermare apoditticamente la permanenza del reato associativo senza indicare in concreto da quali elementi lo desumesse, è contraddetto e superato in radice dalla intervenuta sentenza 12/6/12 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha condannato il P. per partecipazione ad associazione mafiosa successiva al 2008 (è il reato contestato con condotta perdurante con l’occ. del (OMISSIS)). Sulla valenza dell’accertamento in giudizio di fatti ancora contestati in sede cautelare la giurisprudenza è netta: "Una volta intervenuta condanna, anche non definitiva, la possibilità, nei confronti dell’imputato, di valutare in sede cautelare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza residua soltanto nei limiti della prospettazione di nuovi e diversi elementi probatori, restando esclusa la rivalutabilità del profilo meramente indiziario di un quadro di risultanze già apprezzato, nella sua più ampia e rigorosa estensione, propria delle prove, da parte del giudice che le ha acquisite nella sede, massimamente garantita, del dibattimento" (Cass., sez. 1, n. 8926 del 20/11/00, rv. 218222). Nel caso in esame ciò vale ai fini della pretesa assenza di condotte di reato ulteriori rispetto a quelle valutate nella prima delle due distinte e successive ordinanze di custodia.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.).

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *